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VisLab, la storia della prima azienda italiana per le auto a guida autonoma

Nata negli anni ‘90 da un laboratorio di ricerca dell’Università di Parma, ha ricevuto l’autorizzazione a sperimentare la sua tecnologia in due città italiane. Ma già i suoi sistemi percorrono le strade della California e del Nevada

Saranno i primi a portare ufficialmente l’auto a guida autonoma sulle strade italiane ma la loro storia nasce oltre un ventennio fa.

Si chiama VisLab l’Azienda che nel nostro Paese si prepara a diventare pioniera delle sperimentazioni della tecnologia che permette alle vetture di muoversi nel traffico senza bisogno dell’intervento umano.

Pioniera perché, al momento, l’unica ad aver chiesto e ottenuto il via libera alla circolazione dal Ministero dei Trasporti: «Ci siamo solo noi, abbiamo la targa numero 1 — racconta Alberto Broggi, Professore di Ingegneria informatica dell’Università di Parma nonché fondatore e General Manager di VisLab — il procedimento per richiedere l’autorizzazione è piuttosto complicato, ci sono molti documenti da presentare. Ma è giusto: il Ministero era molto preoccupato e bisogna dimostrare di avere le competenze necessarie».

Le vetture con a bordo la tecnologie di VisLab hanno dunque ora il permesso ufficiale di circolare in alcune zone di due città italiane: «La prima è Parma, che per noi è comoda visto che è nelle vicinanze del campus.

Poi Torino, perché stiamo mettendo in piedi un progetto col Comune. Qui abbiamo chiesto alcune zone centrali», spiega Broggi.

Le sperimentazioni di VisLab non iniziano certamente ora. Le loro auto circolano già da anni, quando ancora nessuna legge le riguardava: «Era una zona grigia. Ma abbiamo sempre cercato di fare tutto ciò che negli altri Paesi era richiesto. Avevamo la targa di prova, l’assicurazione».

E poi la sicurezza. Come anche richiede l’autorizzazione rilasciata dal Ministero dei Trasporti, su ogni vettura di VisLab siede un tecnico specializzato in grado di intervenire, se necessario, «semplicemente toccando il volante o schiacciando un pedale».

L’azienda utilizza diversi modelli per i suoi test, da Audi a Hyundai: «Ora siamo passati alle ibride, perché più comode: hanno una batteria molto potente che ci permette di utilizzare senza problemi il portatile a bordo».

Solo telecamere, niente laser Lidar- La volontà di creare un veicolo a guida autonoma nasce all’interno del campus dell’Università di Parma negli anni ‘90: «Ci abbiamo visto lungo, sia come applicazione della tecnologia, ma anche sulla tecnologia stessa», aggiunge Broggi.

Proprio come Tesla — tra le società più avanzate sull’auto a guida autonoma — VisLab ha deciso di utilizzare soltanto sensori e telecamere, senza ricorrere ai laser Lidar, sfruttati invece dalla maggior parte dei partecipanti alla sfida internazionale di dare alle vetture il potere di circolare da sole. «Li abbiamo provati in passato, ma poi li abbiamo scartati.

Il Lidar funziona perfettamente, ma ha degli svantaggi. Innanzitutto il costo, anche se è vero che nel tempo potrà diminuire. Poi la collocazione sul veicolo: deve stare molto in alto e se lo si mette più in basso ne servono tanti.

E i costi, di nuovo, aumentano. Mentre la telecamera è più economica, piccola, si può mettere ovunque e permette di ottenere immagini ad altissima risoluzione. Con le nostre possiamo riconoscere oggetti a più di 250 metri di distanza».

Un intero ecosistema per la guida autonoma- Perché a VisLab si costruisce la tecnologia necessaria per far muovere le auto in autonomia dalla A alla Z. «Abbiamo controllo su tutta la filiera, dall’acquisizione dell’immagine con le telecamere all’elaborazione fino alla guida». E infatti l’Azienda sta già sperimentando il suo chip creato specificatamente per la guida autonoma, montato su tutti i nuovi prototipi.

Proprio come Tesla, che ha presentato il suo processore a fine aprile, ma secondo Broggi quello creato a VisLab va addirittura oltre: «Noi abbiamo una funzionalità in più, la funzionalità stereo. Significa che all’interno è presente un sistema che prende due immagini e le elabora contemporaneamente.

Così da permettere la misurazione tridimensionale delle distanze. È importante perché si riesce a ottenere, appunto, una misura. E non solo una stima delle distanze». Poi il fatto di avere due telecamere frontali ha un secondo vantaggio: in caso di guasto su una, c’è sempre un backup.

VisLab ha condotto la sua prima sperimentazione su strada nel 1998: «L’avevamo chiamato “La Millemiglia in automatico”, abbiamo girato l’Italia per sei giorni, un totale di circa duemila chilometri. Allora la percentuale di guida automatica era del 94 per cento, ma la tecnologia era molto diversa.

Poteva andare da sola, restare sulla corsia, evitare le altre auto. Utilizzavamo telecamere prese dai videocitofoni e c’era un Pc a bordo». Un test che Broggi ricorda come «tremendamente formativo» e che ha permesso al gruppo di ricercatori di fare passi avanti in un settore ancora quasi del tutto inesplorato.

Fino al grande progetto del 2010, quando la loro auto a guida autonoma ha superato i confini continentali, partendo da Parma e arrivando fino a Shanghai: «Non avevamo mappe, abbiamo passato zone molto difficili. Molte volte siamo tornati al manuale ma è stato uno dei test più importanti che abbiamo fatto.

Quando siamo poi tornati abbiamo rielaborato e migliorato tantissimo il nostro sistema. Avevamo percepito l’importanza dei Big Data». Nel 2013 VisLab compie un ulteriore passo, immettendosi nel traffico urbano: «Siamo partiti dal campus di Parma e siamo arrivati in centro città, tutto in automatico.

Il tragitto prevedeva semafori, zone pedonali, tunnel. L’ultimo tratto è stato percorso dalla vettura senza nessuno a bordo». Inevitabile la voglia di «diventare grandi» e quindi la ricerca di partner: «Un piccolo spin-off dell’Università non poteva competere con Google», scherza Broggi, che motiva così l’acquisizione, nel 2015, da parte di Ambarella, Società americana che oggi sfrutta la tecnologia di VisLab nelle sue sperimentazioni in California e Nevada. E, a brevissimo, anche in Italia.