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Tesla per la guida autonoma con un nuovo chip, Musk: «In strada il prossimo anno»

Il chip sarà installato su tutte le nuove vetture e permetterà di raggiungere un livello maggiore di autonomia. Da Waymo a Apple, le soluzioni dei big per evitare incidenti

Solo passeggeri a bordo. Quando sarà possibile staccare davvero le mani dal volante e lasciarsi «guidare» è una domanda che ci si pone da tempo. Secondo Tesla manca pochissimo. «In un anno da oggi avremo più di un milione di auto interamente autonome», ha assicurato Elon Musk spiegando la sua idea di futuro su quattro ruote. Una scommessa che punta a conquistare un mercato promettente. Secondo Intel, genererà 800 miliardi di dollari all’anno entro il 2030.

La chiamano Full Self-Driving ed è una tecnologia che si appoggia a un processore dove due cervelli indipendenti dialogano e decidono come muovere la vettura. Una combo di 6 miliardi di transistor in grado di processare 2,5 miliardi di pixel al secondo. Il primo chip sviluppato da Tesla — lo sta studiando da tre anni — ma anche il «migliore» al mondo pensato per l’auto a guida autonoma, secondo Musk.

L’autista robotico si affiderà agli stessi «sensi» già montati sulle vetture in circolazione: 8 telecamere, 12 sensori a ultrasuoni, un radar frontale. E, aggiunge Musk, anche il computer per «manovrarle» si trova già nascosto sotto la carrozzeria. Lo ripete due volte: «Tutte le nuove auto in produzione hanno già l’hardware necessario per la guida autonoma. Bisognerà solo aggiornare il software». E il costo è di 5.000 dollari.

I dubbi non mancano e gli analisti sono già preoccupati che la descrizione di un sistema di «totale autonomia» possa creare un falso senso di sicurezza, creando situazioni potenzialmente pericolose che però questi computer potrebbero non essere ancora in grado di gestire. E provocando quindi incidenti: l’ormai superato Autopilot — il sistema di assistenza alla guida già attivo sulle Tesla — ne ha già provocati diversi, di cui uno (il primo) mortale, nel 2016.

Il traguardo della guida autonoma, comunque, non è ancora stato tagliato. Il punto nevralgico sono i dati. Affinché la tecnologia che permette a una vettura di muoversi da sola all’interno di un nucleo urbano possa essere affidabile, è necessario che questa conosca al centimetro le condizioni dell’ambiente. Tesla sfrutta le centinaia di migliaia di vetture su strada per arricchire i database: Musk ha dichiarato che la sua società è in grado di digerire l’analisi di tre milioni di miglia ogni giorno.

L’unica altra società che può competere al momento è Google, con la sua partecipata Waymo. Non vende vetture, ma ha applicato la sua tecnologia su centinaia di minivan e ha iniziato da pochi mesi a «dare passaggi» con il servizio Waymo One.

Qui però si sfruttano più che altro miglia «simulate». Musk non crede in questa ricostruzione del mondo «virtuale», così come ha fatto scelte diverse sulle tecnologie. Waymo si basa sui sensori Lidar — simili ai radar, inviano milioni di segnali laser al secondo e misurano le distanze da ogni oggetto attorno — mentre Tesla le ha sempre rifiutate. «Stampelle» di cui ci si deve liberare, le chiama Musk. Hanno il vantaggio di creare immagini ad alta risoluzione e di funzionare al buio, ma sono molto costosi, inaffidabili in caso di forti perturbazioni e impongono modifiche strutturali alle vetture.

Tesla si affida dunque alle telecamere mentre gli altri rivali ci scommettono. Uber, ad esempio, che ha però fermato i suoi test dopo un incidente mortale lo scorso anno. General Motors, che ha invece in programma di lanciare la sua guida autonoma l’anno prossimo.

Ed Apple: tra i pochi dettagli del suo misterioso progetto, c’è lo studio di Lidar di nuova generazione. Meno cari, dovrebbero permettere di catturare immagini tridimensionali anche a centinaia di metri di distanza. Al lavoro sono in tanti ma ieri Tesla ha preso coraggio e alzato l’asticella. La definizione di produttore di auto elettriche non le basta. Ora si presenta come la società che inaugura l’era dei robot alla guida.