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Tav, a che punto siamo?

Si ringrazia lo staff di Corriere della Sera per la foto pubblicata

Si vedano articoli correlati al seguente link: https://www.stradeeautostrade.it/?s=tav

Partirà oggi la procedura dei bandi della TAV, quando, a Parigi, il Cda di Telt (la società italo-francese incaricata di realizzare la Torino-Lione) autorizzerà la sua direzione a pubblicare gli ‘avis de marchés’ (gli inviti alle imprese a presentare le candidature per partecipare alle gare di appalto) per tre lotti del tunnel di base in territorio francese, così da rispettare il termine del 31 marzo per la presentazione alla Commissione europea del finanziamento per il 2019.

Mentre i due vicepremier allontanano lo spettro della crisi di governo, oggi Telt non farà partire alcun capitolato di gara, possibile solo con l’avallo del governo italiano e del governo francese, limitandosi per il momento “a svolgere mere attività preliminari, senza alcun impegno” per l’Italia. Un intervento necessario per non perdere 300 milioni di finanziamenti europei. Ma cosa succede ora? E quando partiranno i bandi?

Qualche giorno fa, dopo una settimana ad alta tensione nel governo, il premier Giuseppe Conte ha scritto una lettera ai vertici di Telt chiedendo di “astenersi, con effetti immediati, da qualsiasi ulteriore attività che possa produrre ulteriori vincoli giuridici ed economici per lo Stato italiano con riguardo ai bandi di gara”. Il premier ha ribadito inoltre che il governo si è impegnato a “ridiscutere integralmente” il progetto e che ha intenzione di parlare con la Francia e l’Unione europea.

“Ovviamente – ha specificato Conte – non vogliamo che nel frattempo si perdano i finanziamenti europei già stanziati”. In sostanza, con la missiva, Conte ha sottolineato quanto prevede la clausola di dissolvenza, ossia la possibilità – prevista nel codice degli appalti francese – di non dare seguito alla procedura dei primi bandi entro sei mesi.

La procedura dei bandi prevede una fase – della durata di sei mesi – durante la quale Telt raccoglie le manifestazioni di interesse (i cosiddetti ‘avis des marchés’) da parte delle aziende che intendono partecipare alle gare d’appalto per la costruzione dell’alta velocità. Solo in un secondo momento, a settembre, le società prescelte per l’opera potranno presentare l’offerta.

Per sei mesi non verranno affidati i lavori e – sulla base della clausola di dissolvenza – il governo (sia quello italiano sia quello francese) potrà ritirarsi prima di far partire i cantieri. Basterà motivarlo.

La clausola di dissolvenza – prevista dal codice degli appalti francesi – consiste nella possibilità di fare marcia indietro sul progetto, ossia di non dare seguito alla procedura dei bandi. Questa deve essere invocata prima dell’invio dei capitolati, i documenti che Telt invia alle imprese ammesse a partecipare alla gara. Quando scadranno i sei mesi, quindi, Telt chiederà ai due governi, quello italiano e quello francese, se intendono andare avanti con i lavori.

Il progetto della TAV, finanziato per il 25% dalla Francia, per il 35% dall’Italia e per il 40% dall’Unione Europea, è disciplinato da un trattato internazionale tra Francia e Italia ratificato dal Parlamento italiano nel 2017. Se il governo decidesse di fare marcia indietro, per non realizzare la Tav bisognerebbe modificare il trattato con un voto del Parlamento.

Ma anche nel caso in cui Camera e Senato votassero a favore dello stop, non sarà possibile un’uscita unilaterale: per bloccare la Tav anche la Francia dovrebbe fare lo stesso. Difficile, però che Parigi rinunci all’opera. A questo punto la questione verrebbe risolta da un arbitrato internazionale, secondo quanto prevede la Convenzione di Vienna del 1969.

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