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Strade, ponti e viadotti: nelle province 1.712 progetti pronti in attesa di fondi

Si ringrazia lo staff di Cremaoggi per la foto pubblicata

Pubblichiamo un articolo di Gianni Trovati apparso ieri su Edilizia e Territorio che evidenzia le difficoltà delle Province ad avviare i cantieri per realizzare le infrastrutture.

La Provincia di Brescia ha 114 progetti pronti a trasformarsi in cantieri. Quella di Piacenza ne ha 64, quella di Ravenna 33, ma anche nella piccola Provincia di Lecco ci sono 12 progetti pronti, a Monza sono 4 e a Lodi 3.

È il totale, però, a dare le dimensioni del problema: solo per strade, ponti, viadotti e gallerie le bistrattate Province hanno 1.712 progetti già conclusi e pronti a partire se sostenuti da un finanziamento adeguato.

E proprio qui arriva l’aspetto più grave: spesso i fondi ci sono, sono scritti nei vari programmi ordinari o straordinari finanziati a livello nazionale, ma i decreti attuativi con l’assegnazione delle risorse non trovano la strada della Gazzetta Ufficiale.

In altri casi, invece, i soldi sono stati falcidiati dai tagli che soprattutto fra 2014 e 2016 hanno colpito le Province nell’attesa di una loro abolizione poi naufragata.

I numeri dei cantieri mancati ente per ente sono figli del monitoraggio condotto dall’Upi in tutta l’Italia a Statuto ordinario, e saranno discussi oggi e domani a Ravenna (Provincia guidata dal neopresidente Upi Michele de Pascale) nel seminario nazionale sui programmi di investimento 2019-20 degli enti di area vasta.

Lazio, Emilia Romagna e Lombardia, rispettivamente con 202, 189 e 187 progetti pronti, guidano una classifica regionale che vede al terzo posto il Lazio (180). Ma in rapporto alle dimensioni del territorio va segnalato i dati di Marche (169), Abruzzo (139) e Liguria (101).

E in ogni caso dal Veneto (78 progetti pronti) alla Calabria (105) fino a Molise (57), Umbria (26) e Basilicata (19 a testa) non c’è territorio italiano che non dica di avere interventi infrastrutturali che hanno chiuso la fase delle carte. E che non riescono ad avviare quella dell’asfalto per problemi finanziari.

Con questa pioggia di cifre gli amministratori locali contestano l’analisi sul blocco degli investimenti che individua nell’«incapacità progettuale» delle PA territoriali le cause dello stallo in cui sono finiti i lavori infrastrutturali negli ultimi anni.

O meglio, il problema c’è, perché il lungo stop alle assunzioni ha svuotato gli uffici tecnici delle province, che pure hanno in gestione 132mila chilometri di strade con più di 30mila ponti, viadotti e gallerie, e 7.455 edifici scolastici.

Ma non è l’unico. E, almeno secondo gli enti territoriali, non si risolve con la «centrale di progettazione» pensata dalla manovra.

Tanto più che la centrale non c’è ancora. I tempi del decreto di Palazzo Chigi chiamato a istituirla (entro febbraio secondo la legge di bilancio) si sono allungati anche per un tira e molla sulle competenze tra MEF e Infrastrutture; e una volta avviata, avrà bisogno di tempo per costruire l’organico e soprattutto firmare le convenzioni con tutti gli enti che ne vorranno utilizzare i servizi.

Che fare? Qualche piccolo segnale di cambiamento di rotta c’è. Ma per dargli gambe va rafforzato. Fra 2008 e 2017 la spesa effettiva per investimenti nelle Province è caduta del 68%, dando agli enti di area vasta la maglia nera in un crollo che ha riguardato tutta la PA.

Tra il 2018 e i primi mesi del 2019 si è cominciato a vedere un mini-rimbalzo grazie alle risorse assegnate direttamente a Province e Città metropolitane. Ma nei calcoli degli amministratori locali il fabbisogno su strade, ponti, viadotti e gallerie quota a 2,5 miliardi di euro.

Il decreto per individuare gli interventi da finanziare con il Programma nazionale porta la data del 3 gennaio 2018. Ma quello che assegna i finanziamenti non è ancora stato pubblicato. Con il risultato che il 2018 è finito.

Ma i soldi per gli interventi da realizzare nell’anno non sono arrivati a chi dovrebbe spenderli.

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