”Gli ultimi dati disponibili mostrano che il recupero dell’attività industriale di inizio anno influenza in modo rilevante il quadro macroeconomico del primo trimestre, per il quale è verosimile un miglioramento dei livelli complessivi dell’attività economica rispetto a quelli di fine 2018, con effetti positivi anche sulla performance economica media annua 2019”.
Lo afferma il Presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, nell’audizione in corso nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato, impegnate nell’esame del Def.
”La stima della crescita del Pil contenuta nel quadro programmatico per il 2019 (+0,2%) appare verosimile”, afferma ancora Blangiardo.
L’incremento dei prezzi, legato all’aumento dell’Iva nel 2020, invece, ”porterebbe a un effetto depressivo sui consumi che, nel quadro delineato, potrebbe essere nell’ordine di 0,2 punti percentuali”.
”Rispetto alla necessità di rilanciare gli investimenti – continua il Presidente Istat – i provvedimenti simulati, riferiti al ripristino dei super-ammortamenti e alle modifiche della mini-Ires, sono attesi generare una riduzione del prelievo fiscale per le imprese pari a 2,2 punti percentuali”.
Sull’andamento del PIL ”non possiamo essere eccessivamente ottimisti però non possiamo neanche essere decisamente pessimisti, cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno”, ha detto poi Blangiardo a margine dell’audizione.
”La sensazione che qualcosa si muova può anche esserci”, ha quindi aggiunto il Presidente. “Dobbiamo essere pazienti e vedere gli ultimi dati che arriveranno, se confermano quello che è il segnale che ci è sembrato di vedere”.
BANKITALIA – ”Nel nostro Paese, le informazioni più recenti danno qualche segnale favorevole sulla crescita nel primo trimestre, che potrebbe essere tornata positiva”.
Lo afferma il Capo Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia, Eugenio Gaiotti, nell’audizione in corso. Spiega ancora Gaiotti: ”Lo scenario macroeconomico presentato nel Def tiene conti in modo realistico della congiuntura ed è complessivamente condivisibile”.
”L’azione di riequilibrio sui conti pubblici – afferma il capo dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia – è inscindibile da una politica economica volta a creare le condizioni per una crescita duratura”.
La spesa per interessi dei titoli di Stato, rileva ancora la Banca d’Italia, potrebbe aumentare di 11 miliardi nel triennio 2019-2021. Nel 2018, ricorda palazzo Koch, ”il costo medio all’emissione dei titoli pubblici è passato da valori attorno allo 0,5% nel primo trimestre dell’anno all’1,5% nell’ultimo trimestre. Rispetto alla scorsa primavera, qualora i tassi di interesse restassero sui valori attesi dai mercati, gli oneri della spesa per interessi sarebbero più elevati di circa 1,5 miliardi quest’anno, 3,5 miliardi il prossimo e quasi 6 miliardi nel 2021”, per un totale di quasi 11 miliardi.
”È condivisibile l’intenzione di non ricorrere ad ulteriore indebitamento per approvare una riforma” che prevede l’introduzione della flat tax, spiega ancora.
L’Irpef contribuisce in misura ”significativa” al finanziamento della spesa pubblica (con un gettito pari a quasi il 10 per cento del Pil). ”Riduzioni del carico fiscale sul lavoro, se non compensate da razionalizzazioni della spesa o delle cosiddette ‘spese fiscali’, condurrebbero ad aumenti del disavanzo non compatibili con la riduzione del peso del debito pubblico”.