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Perché il Mose non funziona? La storia di un progetto che non parte ancora

(come riportato sul Corriere della Sera)

Dalla legge speciale del 1984 alla posa dell’ultima paratoia. Il concessionario unico, i ricorsi, la posa della prima pietra, le tangenti e la gestione commissariale

Mose non ancora pronto

Il costo aperto del Mose è di 5 miliardi e 493 milioni. È composto da 78 paratoie suddivise in quattro schiere che si dovranno alzare con una previsione di marea superiore ai 110 centimetri.

Le paratie sono già tutte installate e sono in corso i test di sollevamento e la conclusione dei lavori agli impianti. Secondo il cronoprogramma, però, l’opera dovrebbe essere definitivamente consegnata dopo tutti i collaudi il 31 dicembre 2021.

Solo dopo quella data il Mose potrà essere utilizzato per difendere Venezia. Si erano in passato ipotizzate già delle chiusure precedenti in occasioni di eventi eccezionali come quello del 12 novembre 2019, che però al momento non hanno avuto seguito. Il Mose è programmato per difendere Venezia da un’alta marea fino a tre metri.

Ma con il previsto innalzamento del mare il vero problema sarà la quantità di chiusura e soprattutto i tempi di chiusura delle dighe e quindi di interruzione dello scambio di acqua tra mare e laguna.

L’opera nasce ufficialmente il 29 novembre 1984, con la seconda Legge Speciale per Venezia che sancisce che l’opera che dovrà proteggere Venezia dalle alte acque eccezionali la realizzerà un concessionario unico, il pool di imprese riunite nel Consorzio Venezia Nuova.

Con un’acqua alta a 187 sarebbe entrato in funzione

Con l’acqua alta che ha travolto Venezia il 12 novembre del 2019, salita fino a 187 centimetri (7 centimetri in meno rispetto ai 194 raggiunti con l’alluvione del ‘66) il Mose si sarebbe messo in funzione salvando così Venezia dai danni subiti.

Il primo sì al Mose

A novembre del 1988 il Consorzio presentò un piano per la laguna che comprende anche il “Progetto preliminare di massima delle opere alle bocche e il Mose (modello sperimentatale elettromeccanico) e il 20 marzo il Comitatone 1992 (il presidente del Consiglio era Giulio Andreotti) lo approvò all’unanimità.

Il primo prototipo in scala reale di una paratoia fu varato il 3 novembre 1988 alla bocca di porto di Treporti, si trattava di un cassone metallico subacqueo di 20 metri per 17,5 montato su uno scafo di 30 metri per 25 e sormontato da quattro colonne e una gru: rimase in sede fino al 1992 e a settembre di quell’anno il Consorzio presentò il primo progetto di massima. Il primo «sì» al Mose arrivò due anni dopo dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici: per difendere Venezia dalla maree distruttive sarebbero state realizzate quattro barriere alle bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia con 78 dighe mobili indipendenti alloggiate su cassoni di cemento posati sul fondale e sollevate elettricamente.

Su pressioni del Comune di Venezia il Comitatone il 4 luglio del 1995 dispose che fosse effettuata la Valutazione di Impatto Ambientale. La Commissione Via del ministero dell’Ambiente però espresse un giudizio negativo che fu recepito da un decreto del mistero dell’Ambiente. Il 14 luglio del 2000 però il Tar del Veneto annullò il decreto: il Mose non aveva più ostacoli.

2003, la posa dei sassi

Nel 2003 arrivò dal Comitatone il via libera definitivo e il 14 maggio in una cerimonia al collegio Morosini a Sant’Elena, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi inaugurò i lavori della posa dei «sassi». Ma il sindaco di Venezia Massimo Cacciari non si diede per vinto e si mise alla caccia di progetti alternativi e meno impattanti. Il consiglio Comunale ne esaminò dieci e li inviò al governo Prodi. Nel 2006 il ministro dei Lavori Pubblici Antonio di Pietro riferì che l’esame comparato aveva un solo vincitore indiscusso: il Mose.

2013, si alza la prima paratoia

Da allora i lavori sono andati avanti senza posa: tonnellate di sassi, la realizzazione dei cassoni, del tunnel sotterraneo, della nave jack-up realizzata apposta per sollevare e alloggiare le paratoie, l’isola artificiale in messo alla bocca di porto del Lido, il villaggio del cantiere.

Il Consorzio Venezia Nuova sotto la presidenza di Giovanni Mazzacurati è un treno in corsa. Il 12 ottobre 2013 si alza la prima paratoia alla bocca di porto di Lido-Treporti: ad applaudire il ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi, il governatore del Veneto Luca Zaia la presidente della Provincia e il sindaco di Venezia, Francesca Zaccariotto e Giorgio Orsoni.

Baita e gli altri arresti eccellenti

La brusca frenata arriva il 28 febbraio 2013 con l’arresto per frode fiscale di Piergiorgio Baita, amministratore delegato della Mantovani, impresa del Consorzio.

È la prima tessera del domino; Baita parla con gli inquirenti che il 12 luglio dispongono gli arresti domiciliari per Mazzacurati con l’accusa di turbativa d’asta. Agli inquirenti, il «dominus» del Cvn racconta di tutte le mazzette distribuite per oliare il meccanismo dei finanziamenti e il 4 giugno del 2014 Venezia si sveglia con un cataclisma politico-istituzionale: arrestato il sindaco Giorgio Orsoni (poi assolto), l’ex governatore Giancarlo Galan, Renato Chisso, Lia Sartori, ex magistrati alle Acque, generali della finanza, i vertici di tutte le aziende del Consorzio, sotto accusa il ministro Altero Matteoli.

Il commissariamento del Cvn

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi pensa ad una soluzione modello Expo e così il 6 novembre 2014 il presidente dell’Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone propone il commissariamento del Cvn.

Vengono nominati Giuseppe Fiengo, Francesco Ossola e Luigi Magistro, poi dimessosi. L’epoca commissariale dura tutt’oggi. I lavori sono quasi ultimati e le prove di esercizio saranno ultimate nel 2021.