Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

L’Italia a prova di hacker: riuscito il primo test di comunicazione quantistica

In una nota di Arturo Di Corinto su La Repubblica – Tecnologia si legge che i ricercatori del Cnr, Inrim e dell’Università Tecnica danese hanno testato una rete in fibra ottica per la comunicazione al sicuro dai cyberattacchi

L’Italia avrà una rete nazionale di comunicazione quantistica, capace di garantire la privacy degli utenti e la sicurezza dei dati. Questa rete sarà a prova di cyberattacchi, dicono i ricercatori. Gli scienziati dell’Istituto nazionale di ottica del Cnr e del Lens di Firenze, dell’Inrim di Torino e dell’Università Tecnica della Danimarca, hanno infatti testato con successo un sistema sicuro di comunicazione quantistica utilizzando come canale di trasmissione una fibra ottica installata nell’area metropolitana di Firenze.

Le informazioni hanno viaggiato lungo una porzione di 40 chilometri della dorsale in fibra ottica realizzata dall’Inrim, che si estende per 1.800 chilometri da Torino a Matera.

Il test sul campo è un primo passo per la futura realizzazione dell’Italian quantum backbone (Iqb), ovvero la rete italiana di comunicazione quantistica. E la dorsale (backbone) dell’esperimento sarà utilizzabile per la distribuzione quantistica delle chiavi necessarie a proteggere le comunicazioni riservate. I risultati dell’esperimento sono stati pubblicati sulla rivista internazionale EPJ Quantum Technology.

Ma di che si tratta e perché è importante? Anche se non ci pensiamo mai, abbiamo già tutti in tasca algoritmi e dispositivi crittografici che ci permettono di pagare online in maniera sicura, accedere a banche e siti web o aprire le porte di casa con un radiocomando e tuttavia, siccome la protezione crittografica basata sui chiavi tradizionali sarà messa in crisi dall’avvento dei computer quantistici, si sta lavorando a sviluppare metodi di comunicazione e metodi di crittografia a prova di questi computer. L’esperimento odierno annunciato dal Cnr risolve il primo problema.

La crittografia e le chiavi segrete

Le tecniche crittografiche si dividono tra simmetriche ed asimmetriche. Le prime necessitano di una chiave di cifratura precedentemente condivisa tra gli utenti che si sono accordati per scambiarsele, le altre invece dell’utilizzo di una coppia di chiavi per ciascun utente, una privata e una che viene resa pubblica e che è alla base di tutte le transazioni quotidiane senza la necessità di disporre di un canale di comunicazione privato per veicolare le chiavi segrete.

La distribuzione quantistica di chiavi che invece sarà permessa dal nuovo backbone del Cnr permetterà di scambiarsi tali chiavi segrete in maniera sicura su un canale privato a prova di intercettazione. In questo caso, la distribuzione quantistica è usata solo per produrre e distribuire la chiave, non per trasmettere qualsivoglia messaggio. La chiave così scambiata può essere usata con qualsiasi algoritmo di cifratura e decifratura, che trasmetterà poi il messaggio su un canale di comunicazione standard come internet.

Perché è un sistema più sicuro

Come spiega Marco Baldi dell’Università Politecnica delle Marche: “Questa tecnica di distribuzione permette di trasmettere una chiave segreta da un utente ad un altro raggiungendo la condizione di segretezza perfetta dal punto di vista matematico, e pertanto rendendo inutili eventuali tentativi di intercettazione. E questo perché le caratteristiche quantistiche dei fenomeni fisici utilizzati permettono di scoprire se qualcuno ha provato a intercettare le chiavi”.

I fisici sono in grado di capire se un messaggio è stato ascoltato oppure no, perché le particelle quantistiche che compongono il messaggio non possono essere misurate senza distruggere le informazioni che contengono. Quindi, quando i fotoni che portano il messaggio vengono trasmessi, se arrivano nello stesso stato in cui sono stati inviati, significa che un hacker (il ‘man in the middle’, l’attaccante nel mezzo) non ha estratto le informazioni che contengono. Ma se arrivano in uno stato diverso vuol dire che le informazioni sono state intercettate e il messaggio non è più sicuro. A questo punto o si ferma la comunicazione o si ripete la procedura finché non si è sicuri.

Dice Alessandro Zavatta dell’Ino Cnr che ha contribuito all’esperimento: “Il punto è che la sicurezza di questo tipo di comunicazione non è garantita da un robusto algoritmo crittografico come nel sistema a chiave pubblica, ma dalle leggi della meccanica quantistica a livello fisico, leggi che governano la trasmissione di segnali deboli dentro le fibre ottiche”.

In Cina esiste già un backbone da Pechino a Shangai su 1200 chilometri per la Comunicazione Diretta Sicura Quantistica (CDSQ) e adesso ci siamo riusciti anche qui, seppure su un breve tratto. “Per questo – continua Zavatta – l’Italia deve accelerare e investire nella ricerca in questo campo a partire dalla sinergia nell’ambito della ricerca di eccellenza”. La Nato ha già finanziato un progetto simile tra Sicilia e Malta, nel quale gli italiani sono protagonisti. Tuttavia, sostiene il professore di cybersecurity a Unimore, Alessandro Zavatta: “Si tratta di un tassello importante, ma non è la soluzione definitiva. È tutto il sistema che va messo in sicurezza. Scelta, conservazione e uso delle chiavi diventano ancora più importanti dopo. L’elemento umano deve esser sempre consapevole di cosa maneggia”.