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La manutenzione stradale vale 3 miliardi all’anno: si cercano tecnici

Photo credit: RavennaToday

(come riportato da Cristina Ceresa su Edilizia e Territorio)

Nel 2018 prodotte in Italia 30 milioni di tonnellate di conglomerato (+12%)

Sono sempre più resilienti al traffico e alle intemperie. Sono in grado di drenare, resistere alle temperature estreme, assorbire il rumore e anche l’inquinamento. Se ne fanno colorati e soprattutto di materia prima seconda, ovvero che nascono dagli scarti come quello brevettato da Iterchimica, composto da plastica speciale proveniente da raccolta riciclata.

Sono gli asfalti 4.0 che escono dai centri di ricerca, anche italiani, per finire sulla strada. Che poi è lì che devono stare: non solo per tappare le buche di oggi, ma anche per preparare la rete stradale italiana per le auto del futuro «quelle che saranno in grado di leggere lo stato del mantello stradale – spiega Michele Turrini, presidente della Siteb, Associazione che riunisce gli addetti ai lavori della pavimentazione – per regolare la guida e renderla sicura».

Il reticolato stradale italiano, che in tutto misura 600mila chilometri, deve quindi prepararsi al futuro. Di questi Anas ne gestisce circa 30mila chilometri – di cui 5.900 chilometri di autostrade. Secondo la Siteb sono proprio i km di competenza Anas quelli dove si è tornati a fare maggiore manutenzione, mentre mancano all’appello le strade comunali e provinciali.

Ma ciò basta perché nei primi sei mesi di questo 2019 si possa parlare di una crescita del 20% della produzione di asfalto (conglomerato bituminoso) che è il principale indicatore dello stato di manutenzione delle strade. «Già il 2018 aveva fatto registrare un buon trend con una crescita del 12% pari a 30 milioni di tonnellate di conglomerato.

Il che equivale a 3 miliardi di euro di fatturato – afferma Turrini – anche se siamo ancora ben lontani dai valori del pre-crisi, quando, nel 2006, sulle nostre strade venivano impiegate 44 milioni di tonnellate che garantivano reti efficienti e in sicurezza».

Intanto, le aziende tornano a investire e ad assumere per far fronte alle richieste di manutenzione delle strade. Tanto che dai 35mila addetti ai lavori del 2017 si è arrivati a circa 40mila (dati rilasciati da Siteb).

E questo porta con sé un capitolo importante: quello della formazione. Turrini ci tiene a sottolinearlo: «Anche la formazione dell’ente asfaltante è fondamentale. Molti dei capitolati sono redatti in maniera insufficiente: le tecnologie ci sono e ora devono essere inserite adeguatamente dai tecnici che li redigono». Il che significa anche crescita professionale.

Vale la pena tenere d’occhio il comparto, quindi. Lo consiglia anche Federica Giannattasio, amministratore delegato di Iterchimica, che ieri a Milano ha avviato la sperimentazione con l’asfalto al grafene: «L’asfalto è sempre stato considerato un po’ il fanalino di coda dell’infrastruttura, salvo poi renderci conto che se non funziona i problemi di sicurezza e circolazione diventano rilevanti.

Questa potrebbe essere un’opportunità per i nuovi ingegneri e chimici perché si appassionino a un tema antico, ma con una nuova luce e le nostre università, che già propongono specializzazioni in questo senso, li invitino ad approfondire l’argomento per realizzare strade sempre più efficienti e sostenibili».