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Il futuro dell’auto è idrogeno

In una nota di Le Strade dell’Informazione si legge che uno studio sostiene di poter ottenere idrogeno dall’acqua usando come catalizzatori metalli a basso costo come ferro e nichel

Il futuro del mercato automobilistico potrebbe trovare nell’idrogeno la svolta che stava cercando e ridurre le emissioni inquinanti con l’idrogeno attraverso veicoli che allo scarico emanano vapore acqueo. Con costi entro il 2025 pari ad una vettura tradizionale. Si potrà fare il pieno in pochi minuti (a differenza delle auto elettriche, che si ricaricano con maggiore lentezza) come le vetture che camminano a benzina o con il diesel.

Un team di scienziati della New South Wales University, della Griffith University e della Swinburne University of Technology ha messo a punto uno studio, pubblicato su “Nature Communications”, che sostiene di poter ottenere idrogeno dall’acqua usando come catalizzatori metalli a basso costo come ferro e nichel, che accelerano la reazione chimica richiedendo meno energia.

La tecnologia così farà un passo avanti grazie alla riduzione dei costi. È d’accordo su questo punto anche l’International Energy Agency (Iea) in un rapporto sul tema intitolato “Il futuro dell’idrogeno” consegnato al G20 di Tokyo a giugno 2019.

Come funziona? L’ossigeno necessario viene inviato alle celle a combustibile del serbatoio; l’idrogeno viene accumulato in forma gassosa, che con l’ossigeno reagisce chimicamente dentro le celle generando elettricità e acqua. La corrente a sua volta generata alimenta il motore elettrico della vettura, che invia la potenza necessaria alle ruote e garantisce la trazione dell’auto. L’acqua prodotta viene emessa dal tubo di scarico.

L’idea dell’uso dell’idrogeno fu presa in considerazione già durante la crisi petrolifera degli anni ’70, ma poi accantonata e ripresa 20 anni dopo dal Giappone, che per primo investì sulla ricerca tanto che cinque anni fa si è fatto promotore della “Hydrogen society” investendo 1,5 miliardi di dollari per le prossime Olimpiadi di Tokyo 2020.

Oltre al Giappone, sempre a Oriente anche la Corea del Sud e la Cina si sono impegnate nell’ambito tanto che è stimato un calo dei costi di produzione di circa il 30% per la produzione di energia rinnovabile entro il 2030.