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I 1.425 ponti senza proprietà: come è andata a finire

Si ringrazia lo Staff di Corriere della Calabria per l’immagine pubblicata.

È stato convocato ieri mattina un tavolo tecnico fra Anas e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che dovrebbe fare il punto della situazione sulla vicenda «ponti anonimi», sollevata da un’inchiesta di Dataroom che ha scoperto come in Italia esistano centinaia di ponti dei quali non si sa nulla: di chi siano, chi li gestisca, chi ne faccia la manutenzione. L’incontro dovrebbe gettare le basi per risolvere due questioni fondamentali: il quadro normativo e quello finanziario.

Il vuoto legislativo

Esiste un vuoto legislativo da colmare, che al momento non consente ad Anas di intervenire su strutture delle quali è incerta la proprietà, nonostante sovrappassino le strade statali che gestisce (oltre 20 mila chilometri).

E ciò anche in presenza di eventuali situazioni di pericolo, creando così uno stallo che non risolve i problemi contingenti dei ponti «abbandonati» sui quali non viene fatta la manutenzione. Se Anas decidesse di intervenire motu proprio si esporrebbe infatti al rischio di apertura di essere indagata dalla Corte dei Conti per aver speso del denaro pubblico su un’opera non sua.

Il nodo finanziario

Al di là della formulazione normativa da individuare, che consenta di operare in caso di necessità, c’è poi da risolvere il nodo finanziario. Chi paga gli interventi? Servono soldi e tanti. Si tratta dunque di individuare delle poste di bilancio dalle quali attingere queste risorse. Denari che dovranno coprire anche le aumentate spese di monitoraggio della rete.

Il programma di monitoraggio

Contemporaneamente all’avvio del tavolo tecnico, è iniziato infatti in gran fretta un programma di monitoraggio dei ponti italiani «senza padrone» che dovrebbe chiudersi a fine marzo. Ricordiamo che il tutto nasce da una lettera scritta dall’ex amministratore delegato di Anas, Gianni Vittorio Armani, proprio prima di andarsene dalla società pubblica di gestione di strade e autostrade (oggi 30 mila chilometri, 27 mila nel 2017).

La missiva era datata 19 dicembre e indirizzata al Ministero delle Infrastrutture, come una sorta di preoccupato testamento della viabilità italiana gestita da Anas, che ha in carico pressoché tutte le strade statali.

Armani segnalava preoccupato come da un censimento disposto dopo il tragico crollo di Annone Brianza del 28 ottobre 2016, un morto e tre feriti, di 2.994 cavalcavia che sovrappassano la rete Anas, ce ne fossero 1.425 non identificati e quindi in uno stato di possibile abbandono.

Chi interviene sugli identificati

Dal giorno in cui l’ex ad di Anas ha spedito la lettera i 1.425 si sono ridotti a 954 (qui la lista completa) perché nel frattempo si sono fatti vivi gli enti proprietari di 471 ponti.

In gennaio, inoltre, squadre di tecnici dell’Anas si sono messe al lavoro per verificare le condizioni strutturali dei 954 anonimi. Un lavoro complesso, che richiede tempo e risorse. Nel caso in cui venissero trovate delle situazioni a rischio, il traffico verrà bloccato, in attesa di eseguire degli interventi. Ma i nodi da risolvere sono diversi.

Anche fra i ponti identificati, non è scontato che l’ente proprietario sia in grado di far fronte alle spese di manutenzione straordinaria. Esistono situazioni di dissesto finanziario, di mancanza di risorse tecniche e professionali che nel tempo si sono perse. Cosa succederà per questi sovrappassi con padrone senza soldi?

Il bando da 660 milioni

Qualche denaro potrebbe arrivare dai fondi legati al nuovo bando da 660 milioni pubblicato da Anas sulla Gazzetta Ufficiale Europea per il risanamento strutturale di ponti, viadotti e gallerie di proprietà della società pubblica e già programmato.

Si tratta di opere d’arte che nulla hanno a che fare con i 954 in questione. Non si esclude tuttavia che una somma possa essere destinata ai cavalcavia «anonimi». Dipenderà molto dai risultati del monitoraggio e dalle scelte del tavolo tecnico fra Ministero e Anas.

Anas: «Stiamo provvedendo»

Succede poi che Anas decida di intervenire, almeno dal punto di vista dell’informazione. Lo fa dopo l’intervista rilasciata a Dataroom da Armani mercoledì 6 febbraio 2019.

Alla domanda «prima del crollo di Annone nessuno si era posto in Anas il problema su chi dovesse provvedere alla manutenzione dei ponti che passano sopra le vostre strade? Nemmeno l’attuale ad Simonini, che ricopriva appunto l’incarico di responsabile ponti viadotti gallerie?». La risposta di Armani fu: «Evidentemente no».

«Anas è impegnata, insieme al ministero, nel mettere in sicurezza i viadotti senza documenti di proprietà», ha voluto precisare l’ufficio stampa. E ricorda che il censimento volto alla loro individuazione non rientra nella funzione aziendale «Ponti, Viadotti e Gallerie» competente solo sulle opere in diretta gestione ad Anas, per le quali ha in essere «un articolato piano di monitoraggio e manutenzione programmata».

Abbiamo dunque capito bene: la struttura «ponti viadotti gallerie» si è sempre occupata delle strutture che per certo erano le sue, non si è mai chiesta se veniva fatta o meno la manutenzione dei ponti che scavalcano le strade che ha in gestione. Il problema se lo è posto solo il giorno in cui c’è scappato il morto.