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Gli ingegneri ricercati? Lavorano con i Big data per i cantieri

(come riportato da Fabio Savelli su Il Corriere della Sera)

Potremmo chiamarla l’ingegneria del Big Data.

Potremmo aggiungere che senza la metodologia Bim, che ormai sta diventando un riferimento internazionale, diventa improduttivo pensare, progettare, realizzare grandi opere infrastrutturali che cambiano la nostra vita, il nostro modo di muoverci, il nostro modo di lavorare nell’economia dei flussi.

Pochi, se non gli addetti al lavoro, sanno di cosa si tratta. Pochi, anche tra gli ingegneri che escono dalle università, raramente ferrati sull’uso di questa piattaforma ampiamente utilizzata dai grandi general contractor, dalle società dei servizi infrastrutturali, dagli studi di architettura, dai gestori autostradali, dall’ingegneria ferroviaria, civile ed idraulica.

A conti fatti è una rivoluzione basata su un principio

Per le nostre facoltà è ancora marginale. Per capire quanto può costare un’opera, realizzarla immaginando anche possibili varianti in corso, è necessario studiare l’esistente: mappare i dati di migliaia di opere già realizzate, incrociarli con i capitolati di gara, comprendere (e prevedere) come evolverà il ciclo di vita di un edificio, di un ponte, di una scuola, di una tratta ferroviaria.

Per farlo bisogna formare ingegneri (e architetti) dei dati. Bim (acronimo che sta per Building Information Modeling) viene spiegata e insegnata in poche illuminate eccellenze, tra cui i Politecnici di Milano e Torino e le facoltà di ingegneria di Roma e Napoli. Ancora poco per la verità.

Peccato perché le due grandi stazioni appaltanti pubbliche del Paese, Anas e Rete Ferroviaria Italiana (entrambe sotto la capogruppo Ferrovie dello Stato), lavorano costantemente con questa metodologia. Solo nella società di ingegneria del gruppo, Italferr — che lavora anche per moltissimi progetti all’estero con committenti terzi — oltre 300 esperti usano ogni giorno questa piattaforma di software ed applicativi. Serve per un maggior controllo e ottimizzazione del progetto, della qualità dei dati e del rischio di errore.

Potremmo individuare in Ferrovie, che nel suo perimetro sta per assorbire la partecipazione in Alitalia e detiene Grandi Stazioni Rail, il bacino di assorbimento di una buona fetta dei laureati in ingegneria nel nostro Paese. Meccanici, elettronici, civili, gestionali, ambientali, idraulici con competenze geotecniche ed edili. Tutti devono avere una buona conoscenza della metodologia anche se poi la formazione interna permette di accrescere le capacità e la sofisticatezza di utilizzo. Ferrovie ha una politica accentrata di recruiting.

Gli ingegneri pesano ormai per il 70% dei profili ricercati.

Ma devono essere ingegneri multidisciplinare, spiega Alberto Taliercio, preside della scuola di Ingegneria Civile del Politecnico di Milano: «Il profilo richiesto non è più solo quello del classico progettista, bensì quello di un tecnico dotato di competenze trasversali, capace di operare in un contesto multidisciplinare in cui possa sfruttare il proprio bagaglio culturale supportando processi decisionali complessi».

Ecco perché le aziende che si occupano di grandi opere richiedono oggi anche ingegneri informatici, meccanici, energetici, i quali però non riconoscono ancora il settore fra i più desiderati. Sono pochi i laureati in settori diversi da quello delle costruzioni che scelgono di lavorare in questo ambito (poco più dell’1% dei neolaureati). Con il risultato che i general contractor fanno fatica a fare recruiting.

Lo scarso appeal

È una lettura condivisa da Gian Luca Grondona, direttore risorse umane di Salini Impregilo, impresa attorno al quale si sta costruendo il polo delle costruzioni italiano, grazie all’ingresso nel capitale dell’azionista Cassa Depositi. «Negli ultimi anni il nostro settore è stato un po’ chiuso su stesso, per questo non è stato molto attrattivo — spiega —. Adesso sta cambiando in fretta investendo sull’innovazione. E ora all’ingegnere classico vanno via via affiancandosi profili di risk management, compliance e di controllo di gestione».

Gabriele Buia, presidente dell’Ance, l’associazione dei costruttori di Confindustria, segnala un forte disallineamento tra domanda e offerta di lavoro: «Occorre maggiore alternanza università-lavoro, non basta uno stage di tre mesi per dire che si conoscono le dinamiche di costruzione».

Anche Buia insiste sull’importanza da parte degli enti di formazione di investire «sulla metodologia Bim, perché in pochi anni sarà obbligatoria in tutti i cantieri e non solo in quelli oltre 100 milioni. Alla quale aggiungere corsi super-specialistici sulla sicurezza del lavoro».

Il mismatch

Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro sembra essersi acuita nell’ultimo anno. Molti tecnici erano in odore di pensione, avevano esperienza trentennale su progetti infrastrutturali complessi, hanno raggiunto l’età previdenziale complice la riforma Quota 100 del precedente governo.

Così si sta verificando un fenomeno che da carsico sta diventando evidente. La prima conseguenza è che molti super-ingegneri continuano a lavorare per i grandi general contractor italiani ed esteri (da noi è molto attiva la francese Vinci, solo per fare un nome) con contratti di consulenza/collaborazione.

La trasmissione delle competenze tra senior e junior avviene in poche realtà collaudate, che hanno una mappatura puntuale dei profili e hanno ben in mente la loro anagrafica. Ma c’è una pletora di subfornitori, piccole e medie imprese, appese alla vitalità di imprenditori a fine carriera che non hanno pianificato efficaci meccanismi di ricambio generazionale con il rischio di portare fuori strada le loro aziende.

I talenti all’estero

La seconda conseguenza investe il sistema-Italia. I giovani talenti — complice la crisi dei cantieri e le analisi costi-benefici del precedente governo che hanno frenato gran parte degli appalti infrastrutturali per circa un anno — ormai lavorano in pianta stabile all’estero con stipendi più gratificanti e al seguito delle commesse estere strappate dai nostri contractor, come Salini-Impregilo, Astaldi, Pizzarotti, Cmc, le società del gruppo Gavio e della galassia Atlantia (leggi Spea Engineering).

E ora fanno fatica a ripensarsi nel nostro Paese nel caso lo Sblocca-Cantieri dovesse finalmente riavviare alcune maxi-opere già finanziate (in proposito manca ancora la nomina di decine di commissari dopo la mappatura degli interventi elaborata dal ministero delle Infrastrutture). Così il turn-over negli organici è ancora più feroce e succede che si venga spediti improvvisamente da un cantiere all’altro per colmare le carenze.

Ecco perché prendono maggiore forza le società di servizi infrastrutturali, che hanno competenze progettuali estremamente sofisticate e hanno una struttura molto flessibile in grado di rispondere velocemente alle esigenze dei grandi committenti.

Le società di servizi

Un caso scuola è One Works, specializzata nella gestione e manutenzione delle infrastrutture di trasporto, con una particolare curvatura sugli aeroporti. Racconta Paola Caccia Dominioni, responsabile delle risorse umane, che «si sta andando verso una convergenza tra architettura ed ingegneria.

I giovani laureati spesso hanno un preparazione simile. Abbinando le competenze dello strutturista a quelle estetiche tipiche del made in Italy si possono trovare elementi di reciprocità funzionali allo sviluppo dei progetti». One Works , a ben vedere, è una boutique di servizi, ricercata molto anche all’estero (ha avuto e ha diversi incarichi/progetti in Medio Oriente, Thailandia, India) anche per la riconoscibilità delle competenze tricolori molto apprezzate in ogni parte del mondo. Anche lei rileva le nostre carenze sul lato software. «Gli ingegneri civili spesso hanno una scarsa propensione all’informatizzazione», ammette.

I geometri

Non è da scartare invece il diploma di Geometra, che in passato godeva di maggiore riconoscibilità sociale ma che è ancora foriero di competenze tecniche utili a tutti i soggetti della filiera delle costruzioni. In diverse aziende queste figure professionali godono di percorsi di valorizzazione interna, assumendo ruoli di responsabilità via via rilevante.