Il canone da pagare per l’uso delle infrastrutture tedesche da parte di veicoli immatricolati in altri Stati Ue costituisce una violazione dei principi della libera circolazione delle merci e della libera prestazione dei servizi
Il bollo tedesco per l’uso delle strade federali da parte di autoveicoli privati è contrario al diritto dell’Unione. Con tale Sentenza la Corte di giustizia europea stabilisce che il canone da pagare per l’uso delle infrastrutture della Germania costituisce una discriminazione basata sulla cittadinanza e una violazione dei principi della libera circolazione delle merci e della libera prestazione dei servizi, poiché il suo onere economico grava solo sui soli proprietari e conducenti di veicoli immatricolati in altri Stati membri.
Dal 2015 la Stato tedesco ha proposto l’introduzione di un bollo da pagare per l’uso delle sue strade federali, comprese le autostrade, il cosiddetto “canone per l’uso delle infrastrutture”.
Questo permetterebbe di passare parzialmente da un sistema di finanziamento mediante imposta a un sistema di finanziamento basato sui principi di “utente pagante” e del “chi inquina, paga”. Gli introiti sarebbero stati interamente destinati al finanziamento delle infrastrutture stradali e il suo importo sarebbe calcolato in base alla cilindrata, al tipo di motore e alla classe di emissioni del veicolo.
Tale canone, imposto sui i veicoli immatricolati all’estero, avrebbe dovuto essere pagato solo in caso di uso delle autostrade tramite dei bolli giornalieri o mensili (10 giorni da 2,50 a 25 euro, 2 mesi da 7 a 50 euro o un anno 130 euro al massimo), sia ai proprietari di veicoli immatricolati in territorio tedesco, sotto forma di bollo annuo per un importo massimo pari a 130 euro.
Tuttavia la Germania aveva parallelamente previsto che i proprietari di veicoli con targa tedesca siano esenti dal pagare la tassa per l’uso delle infrastrutture, per un importo pari a quello versato. Quindi l’effetto del pagamento per l’uso delle infrastrutture, combinato con l’esenzione dalla tassa sugli autoveicoli immatricolati in Germania, ha generato la reazione dell’Austria, ritenendo che tutto ciò sia contrario al diritto dell’Unione con particolare attenzione al divieto di discriminazioni basate sulla cittadinanza.
In effetti, dopo aver richiesto un parere alla Commissione, la quale non si è pronunciata entro i termini, l’Austria, sostenuta dai Paesi Bassi, si è opposta a tale pedaggio stradale proponendo dinanzi alla Corte di giustizia un ricorso per inadempimento nei confronti della Germania, anch’essa sostenuta da un altro Stato membro, la Danimarca.
La Corte di giustizia si è espressa a favore dello Stato austriaco stabilendo che il canone per l’uso delle infrastrutture, insieme all’esenzione dal pagamento della tassa sugli autoveicoli di cui sono beneficiari i proprietari di automobili immatricolate in Germania, costituisce un principio di discriminazione indiretta basata sulla cittadinanza e una violazione dei principi della libera circolazione delle merci e della libera prestazione dei servizi.
Nonostante sia certamente lecito modificare il sistema di finanziamento delle infrastrutture stradali da parte degli Stati Membri, una modifica del genere deve rispettare però il diritto dell’Unione, oltre al fatto che tutti gli utenti debbano contribuire in modo equo e proporzionato a tale finanziamento, così da evitare discriminazioni.
Questo però non avviene nel caso tedesco poiché, per quanto riguarda il divieto di discriminazioni basate sulla cittadinanza, la Corte constata che l’esenzione dalla tassa sugli autoveicoli a beneficio dei proprietari di veicoli immatricolati in Germania produce proprio l’effetto di compensare interamente il canone per l’uso delle infrastrutture, in modo che il vincolo economico da pagare gravi solamente sui proprietari e conducenti di veicoli immatricolati in altri Stati membri.
Ciò che grava ancor di più sulla Germania è il fatto di non aver dimostrato per quali motivi la discriminazione potrebbe essere giustificata da considerazioni ambientali o di altra natura. Per cui la Corte Ue rileva come tali tasse possono ostacolare l’accesso al mercato tedesco dei prodotti provenienti da altri Stati membri dell’Unione, bloccando così la libera circolazione delle merci, oltre alla libera prestazione dei servizi, visto che le controversie sostenute dalla Germania possono ostacolare l’accesso al mercato tedesco dei fornitori e dei destinatari di servizi provenienti da un altro Paese europeo.
Ciò significa che il pedaggio da pagare per l’uso delle infrastrutture, a causa dell’esenzione dalla tassa sugli autoveicoli, può aumentare sia il costo di servizi forniti in Germania dagli altri fornitori comunitari, sia il costo che costituisce il semplice fatto di recarsi nello Stato tedesco.
È molto raro che uno Stato membro proponga un ricorso per inadempimento nei confronti di un altro Stato membro, ed il presente è il settimo in un totale di otto ricorsi nella storia della Corte. Ora spetta alla Germania conformarsi alla sentenza della Corte di Giustizia europea senza indugio per non incorrere in sanzioni pecuniarie.