Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Dossier Anas al Dipe: più vicini alla gara 31 interventi per 3,2 miliardi

Riportiamo una analisi di Massimo Frontera di Edilizia e Territorio sugli interventi del Dipe per verificare la possibilità di accelerare la messa in gara di opere pubbliche ora bloccate.

Il Dipartimento della presidenza del Consiglio ha definito una lista di interventi da accelerare, previsti dal contratto di programma

Opere pubbliche nel settore idrico (anche insieme a operatori privati), opere contro il dissesto idrogeologico, lavori stradali. È molto corposo il dossier di interventi da sbloccare o da accelerare, sui cui sta lavorando il Dipe, la struttura della presidenza del Consiglio che è contigua alla cabina di regia Strategia Italia, la quale è a sua volta un mini-consiglio dei ministri (con regioni, province e comuni) nato per accorciare il più possibile i tempi della messa a terra degli investimenti che producono Pil e sviluppo.

Per quanto riguarda gli appalti stradali – tutti di pertinenza di Anas – il perimetro di valore del dossier su cui stanno lavorando i tecnici del Dipe è di 5,9 miliardi di euro, con all’interno un “nocciolo” di 3,2 miliardi di euro ripartiti in 31 progetti stradali inclusi nel contratto di programma.

Progetti sui quali il Dipe preme per concludere le “verifiche di congruità” da parte delle amministrazioni che hanno richiesto l’inserimento di modifiche ai progetti.

A fare un quadro di questo lavoro è il capo del Dipe, Mario Antonio Scino, intervenuto, lo scorso venerdì 7 giugno, nella tavola rotonda seguita alla presentazione della ricerca realizzata da Deloitte-Luiss Business School sulla “Remunerazione delle opere infrastrutturali a partenariato pubblico privato”.

«Abbiamo accelerato queste verifiche di ottemperanza da parte di ministero dell’Ambiente e dei Beni Culturali, senza eludere le necessarie garanzie», ha spiegato Scino. Non sono state fornite indicazioni di dettaglio, ma tra gli interventi dell’Anas più attesi c’è il mega-lotto della Ionica che da solo vale 1,3 miliardi. Più fluida ancora la situazione sul altri investimenti, interessati dall’aggiornamento del contratto di programma con l’Anas.

Il lavoro da fare, in questo caso, va nel senso di rimodulare gli interventi spostando risorse dai progetti in fase ancora molto embrionale alle manutenzioni del patrimonio stradale esistente. Interventi peraltro necessari dopo che l’Anas si è visto restituire 7mila chilometri di rete dalle Regioni nell’ultima tranche di “contro-federalismo stradale”.

Un altro dossier è quello idrico, con interventi che valgono complessivamente tre miliardi di euro. «Abbiamo già completato due piani stralcio da 250 milioni l’uno», ha ricordato Scino. Il lavoro, in questo caso prosegue, identificando i piani in fase più avanzata, rimuovendo «le criticità, burocratiche, amministrative e normative». «In questo modo – ribadisce il capo del Dipe – abbiamo già liberato 500 milioni di interventi cantierabili, sui tre miliardi. Contiamo di andare ogni sei mesi a liberare 250 milioni».

Dissesto idrogeologico, martedì l’ok al Ddl del governo
Risorse significative anche sugli interventi contro il dissesto idrogeologioco. In parallelo al lavoro del Dipe – impegnato su 20 interventi da sbloccare e attuare con decreti da portare nella cabina di Strategia Italia – si affianca un lavoro normativo. Domani, martedì 11 giugno, è convocato il consiglio dei ministri con all’ordine del giorno un disegno di legge organico sul disseto idrogeologico.

Ppp, in attesa dell’ok al contratto tipo per i comuni
In tema di Public-private partnership il capo del Dipe, Mario Antonio Scino, ha ricordato – oltre al lavoro fatto sul Ppp (guida con le 100 domande e l’analisi contenuta nella relazione sull’attività 2017-2018) – che è stato predisposto un contratto standard pensato per essere utilizzato dagli enti locali. Oltre un terzo del mercato del Ppp, ha riferito Scino, ha come protagonisti i Comuni. Il contratto attende l’ok del ministero dell’Economia.

Uno dei prossimi passi, anticipa Scino, sarà quello di creare le condizioni per aggregare la domanda di Ppp espressa dai comuni, con lo scopo di migliorare complessivamente la sostenibilità dei piani economico-finanziari. Questo lavoro sarà fatto insieme all’Anci, oltre che all’Istat e alla Ragioneria.

Cantieri incagliati? La prima causa è il fallimento delle imprese
«La prima causa dei cantieri bloccati è il fallimento delle imprese affidatarie». Non ha dubbi Gino Scaccia, capo di gabinetto del ministero delle Infrastrutture, che chiudendo la mattinata di lavori alla Luiss dedicata alle Infrastrutture, ha anticipato alcuni elementi del lavoro di analisi e di «ricognizione attenta» che il ministero ha avviato con la Ragioneria e il ministero dell’Economia per andare alla radice dell’incapacità della spesa assegnata alle opere pubbliche.

Sono almeno cinque i motivi che fanno arenare i cantieri o ne ritardano l’apertura. Il primo è il venire meno delle risorse, a causa del troppo tempo passato dallo stanziamento e dall’assegnazione. «Su questo il Tesoro – ha detto Scaccia – ha individuato alcune opere che possono essere rifinanziate perché non hanno alcun tipo di problema se non quello dell’esaurimento della cassa».

Un’altra consistente categoria di opere è bloccata per problemi legate al contenzioso, e ai relativi tempi di soluzione della controversia. La terza categoria di opere è bloccata per il fallimento dell’impresa aggiudicatrice. Categoria che, in attesa di approfondimenti ancora in corso, sembra al momento essere quella prevalente. I blocchi amministrativi rappresentano la causa comune a un’altra quota di opere ferme.

La ricognizione del Mit ha consentito di verificare che, anche dove poteva applicarsi il silenzio assenso, alcune amministrazioni si bloccavano in attesa del provvedimento definitivo. E questo nonostante «la giurisprudenza del Consiglio di Stato è unanime nell’affermare che il silenzio è già un provvedimento e non c’è bisogno di aspettare l’emissione di un provvedimento formale».