Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

De Micheli, un ministro delle infrastrutture tra gaffes e decisioni discutibili

Photo credit: Asf

(come riportato da Andrea Sparaciari su Business Insider Italia)

L’impresa non era semplice. Ma alla neo ministra delle Infrastrutture e Trasporti, la 46ene Paola de Micheli (Pd), sono bastati tre mesi scarsi per far rimpiangere il più che discusso predecessore, Danilo Toninelli.

Tra gaffes (la ventilata cooptazione dell’ex ad di FS, Mauro Moretti – condannato in appello a 7 anni per la strage di Viareggio –  a consigliere ministeriale, nomina poi negata quando la notizia è trapelata e i parenti delle vittime hanno minacciato la rivoluzione); atteggiamenti “morbidi” verso i concessionari autostradali (l’ultima umiliazione tre giorni fa, quando il neo ad di Aspi, Roberto Tommasi, le ha risposto “neanche ci sogniamo di abbassare i pedaggi”); siluramenti di professionisti già indicati per guidare nuove agenzie di controllo; scudi protettivi concessi ai controllori dei concessionari di autostrade e ferrovie; il pasticcio dei seggiolini; in molti hanno iniziato a rimpiangere l’ex ministro assicuratore del primo governo Conte. Soprattutto la sua voglia di rompere l’enpasse burocratico-amministrativa che ha portato l’Italia ad avere infrastrutture traballanti.

L’ultima scivolata – nonché esempio chiaro di quanto de Micheli abbia abbracciato un approccio morbido a questioni ruvide – è la sua “rivisitazione” dell’art 13 del Decreto Genova (scritto dopo la tragedia del Ponte Morandi), il quale prevedeva la creazione in tempi rapidi di una banca dati nazionale delle opere pubbliche. Incredibilmente, infatti, l’Italia a oggi è priva di un database centrale che contenga tutte le informazioni sulle opere pubbliche.

Per ovviare a tale macroscopica mancanza, il testo originale del decreto Genova prevedeva che “entro e non oltre il 30 aprile 2019” sarebbe dovuto entrare in funzione l’Ainop, l’Archivio informatico nazionale delle opere pubbliche. Nella banca dati, ogni ente, amministrazione centrale e periferica dello Stato, regione, autonomia locale (Province Autonome, Province, Città metropolitane, ecc.), tutti i comuni e concessionari (come FS, Aspi e Anas) avrebbero dovuto riversare i documenti riguardanti:

  1. Ponti, viadotti e cavalcavia stradali;
  2. Ponti, viadotti e cavalcavia ferroviari;
  3. Strade;
  4. Ferrovie nazionali e regionali – metropolitane;
  5. Aeroporti;
  6. Dighe e acquedotti;
  7. Gallerie ferroviarie e gallerie stradali;
  8. Porti e infrastrutture portuali;
  9. Edilizia pubblica.

Non l’impresa titanica che ci si potrebbe aspettare, visto che questi dati enti amministrativi e concessionari dovrebbero già averli “in casa”. Il problema che è che molti concessionari li hanno solo parzialmente (e quelli che posseggono sono datati, quando non veritieri), mentre le Regioni e, soprattutto le Provincie, non li hanno proprio. E sono privi anche dei fondi e dei mezzi per ricrearli.

Naturalmente in un Paese dove ponti e viadotti crollano come castelli di sabbia (lo dice la cronaca) e dove la rete ferroviaria ha un allarmante gap manutentivo e strutturale (come attestato dalla stessa Agenzia per la sicurezza ferroviaria, Ansf), quei dati sono oro. E, soprattutto, sarebbe necessaria la loro disponibilità immediata, fosse solo per quanto stanno scoprendo i pm riguardo ai concessionari autostradali e alle loro mancate ispezioni/manutenzioni.

Del resto, lo dice il testo stesso della legge: “Il “fascicolo dell’opera”, nella sua globalità, fornisce gli elementi per individuare le opere da porre in sicurezza con interventi ad hoc, classificandole anche in base alle priorità d’urgenza”.

Secondo molti la Ministra avrebbe dovuto, da una parte, obbligare i concessionari a mettere a disposizione le informazioni, considerandoli responsabili e sanzionandoli per le eventuali mancanze/falsità, dall’altra concedere una proroga alle amministrazioni, dotandole delle risorse necessarie per sanare il gap.

De Micheli ha deciso di non fare nessuna delle due cose. In compenso ha messo mano alla formulazione di quel decreto entrato in vigore il 21 novembre scorso, aggiungendo il nuovo art.3, il quale recita: “Al fine di coordinare il processo e le modalità di alimentazione dell’Ainop e garantire il rispetto delle tempistiche (…), è istituito presso il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti un Tavolo tecnico permanente. I cui Membri sono nominati entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto con provvedimento del Ministero”. Cioè ha preso tempo.

Di tale Tavolo fanno parte tutti i direttori dei vari dipartimenti del ministero. Gli stessi che fino a oggi hanno avuto il compito di vigilare sui concessionari autostradali e ferroviari con risultati che sono evidenti a tutti. Insomma, Ainop non si farà certo in tempi brevi. E, forse, neanche lunghi.

Ma la ministra ha inteso fare anche un enorme favore ai vertici della nuova dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa): con un emendamento nato all’interno del Mit, ma presentato dal Movimento 5 stelle, al decreto legge di Riforma dei ministeri, ha infatti sollevato da ogni responsabilità i controllori dell’Agenzia. Da organismo deputato a “garantire la sicurezza”, Ansfisa si è trasformata in organismo deputato ad assicurare “la vigilanza sulle condizioni di sicurezza”.

Una piccola differenza lessicale ma dall’enorme peso giudiziario: a norma di legge (ma bisognerà vedere come la prenderà la magistratura) il controllore non sarà più – come era stato previsto dalla norma “toninelliana” – responsabile se il suo controllato non fa manutenzione a un ponte e questo crolla. Così come non sarà più chiamato a rispondere se un treno deraglia, perché un giunto rotto della linea ferroviaria non è stato sostituito nei tempi previsti e dei passeggeri perdono la vita. Un esempio tutt’altro che ipotetico, visto che la Procura di Milano ha chiesto il processo per l’ex presidente di Ansf (la vecchia Ansfisa) e del suo vice, per la strage di Pioltello.

In compenso, con quello stesso decreto di riordino si è prolungato il “periodo transitorio” nel quale Ansfisa non potrà essere operativa. Il che significa che i controlli ricadono ancora in capo alle singole direzioni ministeriali.  Tuttavia, gli ispettori del ministero non hanno la possibilità di fare ispezioni sull’operato dei concessionari, perché queste non sono espressamente previste dalle convenzioni. Un cane che si morde la coda. L’effetto finale è che oggi nessuno controlla nessuno.

E sempre in tema di Ansfisa, De Micheli ha “silurato” il presidente dell’Agenzia che era stato designato da Toninelli. È quell’ingegner Alfredo Principio Mortellaro che da oltre un anno aveva avviato una serie di attività per dare piena operatività all’Agenzia, secondo quanto emerge da convegni e tavole rotonde.  Un lavoro svolto – oltretutto – a titolo gratuito.

L’ex uomo del Sisde era quello che aveva investigato sul cedimento del ponte Morandi, presiedendo la Commissione ministeriale d’inchiesta, le cui conclusioni mai smentite da Aspi-Atlantia stanno trovando ogni giorno nuove conferme dall’autorità giudiziaria.

Il ministro piacentino lo messo da parte anzi tempo (l’incarico sarebbe comunque scaduto a gennaio), nominando al suo posto l’ingegnere Fabio Croccolo, già Dirigente Generale della Direzione Generale per le investigazioni ferroviarie e marittime. Un ottimo tecnico del settore ferroviario, ma che acquisterà i pieni poteri non prima di due/tre mesi, considerando l’iter previsto dalla legge per la nomina. Nel frattempo Ansfisa è senza una guida.

Mortellaro infatti ha dato le dimissioni a inizio settimana scorsa: “Me ne vado perché tutte le mie istanze sono cadute nel vuoto”, aveva dichiarato al Corriere della Sera, “ho avuto un colloquio con la ministra il 4 ottobre, le ho scritto una lettera il 4 novembre. Cercavo un incontro successivo per rendere concreto l’avvio dell’Agenzia e non ho avuto alcuna risposta, nemmeno a Savona dove entrambi ci siamo recati per valutare l’ennesimo crollo (quello del viadotto Madonna del monte, sulla A6, caduto domenica 24 novembre, ndr)”.

Manca la testa, ma manca anche il corpo dell’Agenzia, visto che ancora non sono stati assunti i 61 tecnici specializzati che il decreto Genova prevedeva di cooptare con chiamata diretta entro aprile 2019. E, qualora non venissero assunti prima dell’entrata in vigore del Regolamento dell’Agenzia – che attende solo la definitiva firma del ministro dopo l’approvazione del Consiglio di Stato –, si dovrà procedere alla loro individuazione attraverso un concorso pubblico. Con i tempi biblici che il concorso pubblico prevede. E, mentre tutto ciò accade nel palazzo del Mit, le infrastrutture restano senza controlli.