Si veda articolo correlato qui: https://www.stradeeautostrade.it/notizie/2019/probabile-memorandum-dintesa-tra-italia-e-cina-sulla-futura-via-della-seta/
Confindustria apre ad accordi non a senso unico. Boccia: “E’ un’opportunità se puntiamo su un’industria forte che va a vendere in Cina”. Confcooperative: “Una grande opportunità”. Univendita: “Servono nuovi canali per sostenere l’export delle Pmi”. Confcommercio e Conftrasporto invitano il governo alla prudenza.
E’ frastagliata la posizione delle imprese italiane rispetto all’adesione dell’Italia alla Nuova via della Seta, l’accordo che il premier Giuseppe Conte firmerà con molta probabilità la prossima settimana, in occasione della visita del presidente cinese Xi Jinping.
All’apertura convinta di Confindustria, Confcooperative e di Unimpresa, purché si rispettino una serie di condizioni, da quelle di reciprocità a quella di evitare lo strappo con l’Europa e gli Stati Uniti, si contrappone in parte un più deciso invito alla prudenza di Confcommercio e Conftrasporto.
La Via della Seta, dichiara il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, “è un’opportunità se puntiamo su un industria forte che va anche a vendere in Cina e non trasformiamo l’Europa in un continente di consumatori che comprano solo prodotti cinesi.
Servono degli accorgimenti, per esempio il porto di Trieste è un asset strategico del paese e non può essere parte di una società dove ci sono dentro altri Paesi”. L’accordo, inoltre, spiega Boccia, va collocato all’interno di un quadro europeo, “non serve fare uno strappo”.
Molto convinto della necessità dell’accordo Maurizio Gardini presidente Confcooperative, che però chiede maggiori tutele sull’import: “Le nostre imprese sono condannate a esportare. Il mercato cinese rappresenta per i suoi numeri una grande opportunità. Il mondo ha fame di eccellenze Made in Italy.
Suggeriamo però attenzione nella scrittura degli accordi soprattutto per la parte relativa all’import. Siamo certi infatti della qualità che esportiamo, ma non sempre di quella che importiamo”.
Più decisa la spinta a proseguire sulla strada dell’accordo con la Cina da parte del presidente di Unimpresa, Giovanni Ferrara: “Pur nel rispetto dei rapporti stabili con i nostri partner storici, l’Italia deve proseguire nel dialogo su scala globale, e quindi anche con la Cina, perché sono indispensabili nuovi canali finalizzati a sostenere l’export delle micro, piccole e medie imprese.
La Cina è una nuova opportunità per il Made in Italy che non va buttata al vento e soprattutto non deve finire al centro dell’ennesimo scontro politico”, considerato anche “il crescente e vivo interesse” della Cina nei confronti delle “nostre produzioni, dai prodotti tessili all’alimentare e a tutto l’artigianato”.
Più prudenti Confcommercio e Conftrasporto, soprattutto per quel che riguarda l’accesso delle imprese cinesi nei porti italiani: “La prima cosa su cui dovrebbe lavorare l’Italia – propongono i presidenti Carlo Sangalli e Fabrizio Palenzona in una lettera inviata ieri sera al premier Giuseppe Conte e al ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Danilo Toninelli – è un accordo doganale con la Cina per il controllo delle merci in partenza, anche attraverso l’uso della tecnologia Rfid.
Siamo già molto preoccupati per le intese sottoscritte da importanti imprese italiane con industrie cinesi che rischiano di farci perdere know how e competitività. Se poi dovessimo aggiungere la perdita della piena sovranità nazionale sulle infrastrutture strategiche portuali e ferroviarie, rischieremmo di pregiudicare quell’economia del mare che è fondamentale per il nostro Paese”.
Al di là delle associazioni imprenditoriali, tuttavia, ci sono in campo le singole imprese. Non ci sono solo il 5G e i porti, settori chiave al centro delle discussioni degli ultimi giorni sull’opportunità della firma dell’intesa con la Cina: in campo possibili intese nel settore dell’energia (in prima fila Terna da parte italiana, e la State Grid Corporation cinese), in quello dell’aerospazio e sicurezza (possibili più accordi tra Leonardo e diverse aziende cinesi), e in numerosi altri settori, compreso il cinema. In un’intervista al quotidiano di Palermo Il Giornale di Sicilia il sottosegretario allo Sviluppo Economico Michele Geraci, che sta seguendo il dossier per conto del governo, ha anticipato il progetto di “una produzione italo-cinese cinematografica, che giri in Sicilia”, progetto legato alla seconda tappa del viaggio di Xi in Italia, appunto a Palermo.
In prima fila nell’interesse verso la Cina anche l’industria della moda: la Fondazione Italia-Cina ha appena annunciato il lancio della Xi’an International Fashion Town, un complesso di circa tre chilometri quadrati che sta sorgendo ai margini dell’antica ex capitale cinese.
Ospiterà numerose espressioni della diversità culturale contemporanea, dall’entertainment al food, passando per la moda, visti dalle prospettive di diversi Paesi, con particolare attenzione all’Italia.