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Cantieri, la mappa delle grandi opere bloccate (e i 77 commissari mancanti)

(come riportato da Fabio Savelli su Il Corriere della Sera)

Chiamiamolo serenamente «Blocca cantieri». Di cantieri sbloccati — formula di marketing politico sotto forma di decreto del precedente governo — siamo a quota zero. Con due eccezioni: la Napoli-Bari che, non a caso, annovera l’amministratore delegato di Rfi, Maurizio Gentile, come commissario.

E il terzo Valico di Genova, che ha previsto il rientro di Marco Rettighieri nel ruolo di regista dell’alta velocità ferroviaria tra la città ligure e Milano. Per il resto è nebbia fitta e certo il passaggio di consegne tra i due governi — con il relativo avvicendamento al timone del dicastero delle Infrastrutture tra Danilo Toninelli e Paola De Micheli — non ha giovato ad accelerare l’iter.

Potremmo chiamarlo il gioco dell’oca delle grandi opere. L’annuncio del decreto «Sblocca cantieri» è di febbraio scorso. A conti fatti, spiega l’Ance (l’associazione dei costruttori), arriveremo almeno a febbraio 2020 per vedere qualche scavo qua e là. Ora siamo al punto zero. Cioè a una lista di 77 «opere prioritarie» che Toninelli aveva spedito all’ex ministro del Tesoro, Giovanni Tria, poco prima che cadesse il governo.

Valore dei cantieri: 38 miliardi. Per un buon 60% con due stazioni appaltanti che dovranno redigere i bandi di gara e scegliere i committenti: Anas e Rete ferroviaria italiana, entrambe sotto la capogruppo Ferrovie dello Stato.

Questa lista ora è sul tavolo della De Micheli (Pd) che potrebbe aggiornarla. Fonti vicine al Mit dicono che sta lavorando per «accelerare l’iter ascoltando i territori e le altre forze di maggioranza». Ma il tempo stringe. Perché entro il 15 dicembre il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dovrà stendere il decreto definitivo con le opere da riavviare. Nel mentre ci sono però diversi passaggi tecnici.

1) La De Micheli, una volta ascoltati i territori, invierà la lista al nuovo ministro del Tesoro, Roberto Gualtieri, che potrebbe non condividerla introducendo ulteriori correzioni; 2) Il testo, una volta condiviso, poi dovrà finire sul tavolo di Conte che stilerà una bozza di decreto da dibattere alla Camera e al Senato nelle commissioni parlamentari competenti. Il documento poi tornerà a Conte per il decreto finale. Finito qui? Magari.

Da quel testo — su cui giuriamo ci saranno confronti serrati sulle opere da “accendere” come l’alta velocità ferroviaria Brescia-Verona-Padova per non aprire un pesante scontro con il Nord a trazione leghista che la invoca a gran voce — la De Micheli proseguirà scegliendo i commissari. Cioè 77 commissari, selezionati di concerto col Tesoro, tra alti dirigenti di Ferrovie, Anas ed accademici esperti di infrastrutture.

Chi li nominerà? Sempre Conte. Senza contare un velato conflitto di interesse, segnalato da Ance. I commissari li avallerà il Tesoro, azionista di controllo di Cassa depositi. Socio futuro di Salini Impregilo, il general contractor che potrebbe spuntarla in tutte le gare. Ance si augura siano trasparenti, non come il bando di gara per il nuovo ponte Morandi, in cui si è andato in deroga al codice degli appalti e alla normativa comunitaria per dare a Genova un viadotto nel più breve tempo possibile.

Quel che è interessante notare è un altro aspetto. Cioè la differenza tra gli investimenti annunciati dall’Anas nel contratto di programma 2016-2018 e quelli effettivamente realizzati. Nel 2018 ad esempio è stato realizzato soltanto il 33% delle opere promesse. Nel 2017 il 44%. Un divario nell’arco di tre anni di quasi 5 miliardi tra gli annunci e la realtà. I motivi sono molteplici. Le risorse destinate ad Anas e Rfi sono stabilite dalle leggi di Bilancio, ma spesso la ripartizione è complessa. E poi serve il via libera di Corte dei conti e Cipe. Passano anni. Senza uno scavo.