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Cantieri fermi, sblocco o definanziamento: ai raggi X 8mila progetti

Photo credit: Il Sole 24 Ore

(come riportato da Giorgio Santilli su Edilizia e Territorio)

Il sottosegretario a Palazzo Chigi Turco lavora a un primo monitoraggio: prossima settimana dossier sul tavolo del premier, poi un Cdm. «Di 2.600 lo Stato non ha notizie»

Ottomila progetti infrastrutturali passati ai raggi X «e di 2.600 di questi il governo non ha nessuna notizia sullo stato di attuazione». Mario Turco, senatore M5S e professore di Economia aziendale all’Università del Salento, ora sottosegretario alla presidenza del Consiglio con la delega alla programmazione economica e alle infrastrutture per volere diretto del premier Giuseppe Conte, tocca con mano l’arretratezza italiana in materia di infrastrutture: risorse ferme, progetti bloccati, burocrazia infinita, progetti incerti, mancanza di informazioni in molti casi.

Ha avviato, su mandato del premier e in coordinamento con il sottosegretario Riccardo Fraccaro, un lavoro straordinario e preventivo di monitoraggio che punta proprio a superare questo disastro informativo prima ancora che operativo.

«La prima fase del mio lavoro – dice Turco – sarà completata la prossima settimana e il fascicolo sarà sul tavolo del presidente del Consiglio che considera una priorità assoluta dell’azione di governo sbloccare gli investimenti fermi e far partire i nuovi».

Palazzo Chigi ha ripreso in mano il coordinamento sul tema degli investimenti e delle infrastrutture, avvalendosi anche della cabina di regia politica (coordinata da Fraccaro) e la struttura di missione di esperti Investitalia (coordinata da Turco) volute nel precedente governo dallo stesso Conte. «Oggi abbiamo questi due strumenti nuovi per smuovere situazioni ferme ma anche altri strumenti messi a diposizione dal decreto legge sblocca cantieri – dice Turco – per monitorare, spingere, riavviare le opere.

Lo sblocca cantieri ci dà per esempio la possibilità di inviare dei tecnici di Invitalia in aiuto degli enti locali per rimuovere ostacoli che frenano o fermano le opere. Sarà possibile anche uno scambio di esperienze e risorse fra regioni più virtuose e meno virtuose. In questo modo noi sosteniamo lo sforzo degli enti in difficoltà con i singoli progetti e diamo loro due, tre, quattro mesi per trovare una soluzione e ripartire. Dopo di che, qualora questo non dovesse avvenire, dovremo decidere».

Ecco svelato il secondo obiettivo del governo dopo aver monitorato e capito qual è la fotografia sul campo: sbloccare o definanziare. È il bivio o, se si preferisce, l’ultimatum davanti al quale si troveranno centinaia e forse migliaia di progetti.

«C’è una politica di riprogrammazione – dice Turco – che il presidente Conte sta valutando. Io penso sia assurdo che risorse ferme da anni impediscano di fare nuova programmazione sulle priorità che abbiamo scelto. In ogni caso, sia quando dovremo sostenere lo sforzo degli enti locali a rimuovere gli ostacoli sia in caso di definanziamento e destinazione delle risorse ad altri progetti, daremo priorità assoluta ai progetti verdi che danno una spinta all’economia sostenibile».

E qui c’è il terzo obiettivo del lavoro di Turco: tutti i progetti saranno classificati e divisi in «verdi» e «non verdi». Priorità sempre ai primi. «È la cifra di questo governo», conferma Turco.

Finito il monitoraggio – che si tradurrà anche in una classifica di enti più o meno capaci – la parola passerà a Conte che dovrebbe dedicare un intero Consiglio dei ministri al tema: per spiegare a tutti i ministri che sul rilancio degli investimenti pubblici e infrastrutturali il governo vuole correre. Il premier dovrebbe anche annunciare un confronto costante, almeno una volta al mese, per fare il punto sui progetti dei singoli ministri e su cosa ciascuno ha fatto nel mese trascorso.

Una sorta di competizione sotto lo stretto controllo del premier e dei suoi collaboratori a Palazzo Chigi.

La prima fase di programmazione riguarderà il piano Sud. «Ora è la priorità – dice Turco – perché non possiamo perdere i finanziamenti 2014-2020 e perché siamo convinti che se non parte il Sud non decolla neanche il Nord: con le difficoltà crescenti nello scenario internazionale, abbiamo bisogno di rafforzare la domanda interna e l’unica via per farlo in modo significativo è rimettere in moto il Sud».