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Autostrade: Con le nuove tariffe Art pedaggi più bassi, efficienza e meno utili

Il rischio è però scatenare il contenzioso per «modifica di contratti in essere». Ecco cosa cambia con la delibera pubblicata dall’Autorità Trasporti.

Abbassare gradualmente le tariffe autostradali grazie al riconoscimento ai concessionari di tassi di rendimento più bassi di quelli attuali (meno utili, per capirci) e al tempo stesso obiettivi di efficienza gestionale (riduzione dei costi) molto più ambiziosi di quelli attuali. Inoltre penali per i ritardi negli investimenti e restituzione in tariffa agli utenti degli extra-ricavi realizzati per maggior traffico (superiore alle previsioni).

Sono queste le innovazioni principali messe in campo dall’Autorità di regolazione dei trasporti (Art) con la bozza di «Sistema tariffario di pedaggio relativo alle concessioni» autostradali, messo in consultazione nei giorni scorsi: le proposte di modifica dovranno pervenire entro il 29 marzo, mentre la conclusione del procedimento, con l’approvazione definitiva del nuovo sistema, è previsto entro il 28 giugno prossimo.

Il provvedimento dà attuazione all’ articolo 16, comma 1, lett. a) del decreto Genova (decreto legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130), che ha esteso le competenze dell’Art nella determinazione degli schemi tariffari dalle sole nuove concessioni autostradali anche a quelle vigenti.

L’Art spiega in particolare che le nuove regole si applicheranno alle società con rapporti concessori in corso il cui periodo regolatorio quinquennale risulti scaduto: a) in epoca successiva all’entrata in vigore del d.l. 109/2018 come convertito dalla l. 130/2018;

  1. b) in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.L. 109/2018 come convertito dalla l. 130/2018, senza che entro tale ultima data si sia perfezionato l’iter di aggiornamento del piano economico-finanziario. In pratica saranno coinvolte quasi tutte le società, a partire da Autostrade per l’Italia, per un totale di 4.567 km di rete su 5.886 totali.

Le nuove regole Art sono poi in corso di applicazione, con separati provvedimenti, per le tre concessioni scadute e in assegnazione, la A22 del Brennero, la A4 Mestre-Trieste e la ex Ativa (Torino-Ivrea-Valle d’Aosta), pari ad altri 680 km. Dunque si sale a 5.248 km coinvolti, pari all’89% del totale. Restano con le vecchie regole poche società: Autovia Padana (A21 Piacenza – Cremona – Brescia), Consorzio Autostrade Siciliane, Sam (Autostrade meridionali) e le società per i trafori Monte Bianco e San Bernardo.

Le nuove regole dell’Art, su indicazione dell’articolo 16 della legge Genova, hanno l’obiettivo di uniformare i sistemi tariffari rispetto alla babele di oggi (stratificata con leggi e delibere Cipe), applicando a tutti il metodo del price cap, e cioè una dinamica di variazione delle tariffe basata sull’inflazione programmata, ridotta da un parametro X basato su obiettivi di efficienza annuale fissati dall’Art ogni cinque anni (periodo regolatorio), e incrementato da un fattore K relativo agli investimenti programmati ed effettivamente realizzati.

L’Art sottolinea il fatto che la componente tariffaria legata agli investimenti comporterà aumenti dei pedaggi solo per gli investimenti effettivamente realizzati, ma questa non è una novità, era già nella “riforma Di Pietro” del 2007 poi entrata nelle convenzioni uniche approvate dal 2007 in poi.

L’obiettivo generale della riforma, in linea con gli obiettivi politici del Ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, è ridurre remunerazioni del capitale investito ritenute eccessive, introdurre parametri di efficienza (riduzione costi) più stringenti, e infine costringere le società a pagare penali per i ritardi negli investimenti e a restituire i ricavi generati da traffico oltre le previsioni. Come dire (per citare Salvini): “la pacchia è finita”.

Il nodo giuridico – lo temono anche tecnici del governo – è come sempre quello della modifica unilaterale, da parte dello Stato, di contratti in essere, quali le convenzioni autostradali sono, a valle della concessione. È un po’ quello che ha detto il ministro Giovanni Tria il 25 febbraio parlando di Tav: «nessuno verrà mai a investire in Italia se il Paese mostra che un governo che cambia non sta ai patti, cambia i contratti, cambia le leggi e le fa retroattive».

Per ora l’Aiscat e le società concessionarie tacciono, anche perché probabilmente non possono impugnare un atto in consultazione, ma è facile prevedere una fase di intenso contenzioso quando la delibera diventerà definitiva.

Per una completa rassegna dei contenuti del nuovo sistema vi rinviamo alla relazione dell’Art. Qui di seguito le principali novità.

Tariffa base
Per le tre nuove concessioni (A22, A4 Mestre-Trieste, Ativa) l’Art ha fissato tariffe base molto più basse delle attuali (-40% nel caso della A22), ma per le concessioni in essere le tariffe di partenza sono quelle attuali, ma con qualche correzione al ribasso. Il sistema Art dell’anno base e dell’anno ponte, infatti, applica gli obiettivi di recupero di efficienza ai due anni precedenti, dunque in pratica si parte già in media con il -4/5% (basandoci sui parametri x delle tre nuove concessioni).

Obiettivi efficienza (evoluzione tariffe)
Nell’evoluzione anno per anno il nuovo sistema dovrebbe portare ad aumenti molto più contenuti di quelli attuali, o anche a riduzioni se non ci sono investimenti e il parametro X è molto alto. Per ogni periodo regolatorio l’Art fisserà infatti obiettivi di efficienza che ogni anno andranno a ridurre la tariffa di un parametro X (dopo l’aumento per l’inflazione programmata): dunque se la società non aumenterà l’efficienza andrà a ridurre i suoi margini. Guardando i tre casi delle nuove concessioni, dove l’Art ha già scoperto le carte, gli obiettivi di efficienza sono molto alti: i costi operativi dovranno ridursi del 3,6% all’anno per la A22, del 2,1% per la A4 Mestre-Trieste, dell’1,45% per la Ativa.

Nel caso di Autobrennero gli stessi tecnici del governo hanno elaborato una proposta che modera gli obiettivi dell’Art sul fronte tariffe, ritenendo il Pef a quel punto non bancabile.
In ogni caso l’efficienza nella gestione autostradale rischia di essere sostanzialmente raggiungibile solo con riduzione dei costi, di personale o di manutenzione. Non sarà facile capire quanti sono davvero i margini di inefficienza su cui lavorare o quanto invece parametri X troppo rigidi finiscano per indurre le società ad abbassare la qualità del servizio.

Meccanismo revenue sharing (no agli extra-profitti)
In sostanza l’Autorità punta a introdurre un meccanismo che mette un tetto ai ricavi delle società: se il traffico supera le previsioni del quinquennio di oltre il 2% una parte crescente di questo extra-profitto (al crescere della percentuale di sforamento) dovrà essere restituita agli utenti con riduzioni tariffarie nel periodo successivo. Anche questo punto, dal punto di vista dei privati, è chiaramente pesante, soprattutto su contratti in essere. In ogni caso si tratta di fatto di un sistema che disincentiva le società a puntare sull’aumento del fatturato da pedaggi.

Penali per ritardo negli investimenti
All’interno del parametro di aumento tariffario commisurato agli investimenti effettuati è previsto un nuovo sistema di penalità legato all’eventuale ritardo realizzativo imputabile al concessionario.
Anche questo punto sarà probabilmente fonte di contenziosi frequenti, tenendo presente quanto spesso in passato sui ritardi negli investimenti autostradali si è assistito a un rimpallo di responsabilità tra le società, da una parte, e gli enti pubblici dall’altra (conferenze di servizi, Via, procedure autorizzatorie Mit).

Sul resto non ci soffermiamo (si vedano i documenti). Aumento tariffe per investimenti basati solo sul “già realizzato”, premi/penali legati alla qualità della gestione, spinta a inserire nei programmi solo investimenti necessari e dai costi “ragionevoli”, stretta sui costi di gestione ammissibili. Tutti più o meno concetti già vigenti o comunque legati all’attuazione effettiva in termini di controllo del Mit, a concessione firmata.