Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Smart City e inseguimenti digitali

Smart e Bad City. Perché, alla fine, diventa difficile capirci qualcosa. Che le città siano “intelligenti”, d’altronde, è tutto da dimostrare. Certo, rispetto al passato, complessivamente e per alcuni aspetti, gli agglomerati urbani sono migliorati. Ma pure su questo bisogna intendersi.

Qualche riflessione, rispetto cotanta (presunta) sapienza, si pone, visto, ad esempio, il livello di congestionamento delle cities, il tasso di inquinamento atmosferico, il sistema di trasporto pubblico che arranca e non riesce a fare fronte alla domanda, la moltitudine di persone sempre più sole nonostante il surplus di strumenti per comunicare. Questa sorta di tag che gli affibbiamo resta un’etichetta, dunque, alquanto misteriosa.

Forse, ipotizziamo, le anime più gentili pensano che l’essere Smart si traduca nella sfilza di telecamere che spuntano ovunque. Rassicuranti o minacciose, secondo i soggettivi punti di vista. Occhi elettronici ci seguono senza che, a volte, se ne abbia contezza. Possiamo essere protagonisti, a quanto pare, ahinoi, di inseguimenti digitalizzati. A volte, nemmeno ce ne rendiamo conto. Siamo monitorati da quando usciamo di casa. Anzi, complice lo smartphone, e non solo, pure quando siamo all’interno.

L’impiego massiccio della fibra ottica porterà a un ulteriore e tumultuoso sviluppo tecnologico. Con in mano l’onnipresente smartphone, non abbiamo bisogno di lasciare la nostra home, magari domotica, per andare a fare la spesa o quant’altro.

Scarichiamo l’app a questo dedicata e qualche rider, in moto o bici, ci recapiterà quello di cui necessitiamo. Non è da escludere che, prima o poi, a farlo sarà un drone o un robot friendly, quanto più umanizzato nella sua esteriorità. Siamo al centro di uno sconvolgimento digitale che rimette in discussione aspetti relazionali ed economici.

Ci affranchiamo dal lavoro, lo deleghiamo a macchine che non rivendicano diritti. Nel frattempo, gli urbanisti progettano Smart City che dovrebbero essere il non plus ultra dell’efficienza e della funzionalità. Architettonicamente saranno, probabilmente, tutte identiche. Replicabili all’infinito. Vista una le hai viste tutte, insomma.

Ci si aspettava, con la crescita esponenziale della Rete, che la gestione della città sarebbe stata semplificata, ottimizzata e maggiormente inclusiva oltre che partecipata. Qualche spirito libero e critico, invece, rileva che nella realtà virtuale, in fondo in fondo, si riproducono le distorsioni del reale.

E non è detto che alle Smart City, prima o poi, si affianchino delle Bad City nelle quali dirottare la loro parte più ingestibile e inquietante. Veri e propri, azzardiamo, ghetti digitali. Speriamo che non sia così.