Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Senza la spinta di export e industria la corsa diventa più difficile

Meglio del previsto. La stima preliminare dell’Istat (+0,3% nel primo trimestre 2018) mitiga la sensazione diffusa tra gli analisi di un netto rallentamento dell’economia reale.

La frenata che risulta evidente nelle prime stime riferite all’Eurozona (un +0,4% che però ha alle spalle un +0,7% del precedente trimestre) da noi fortunatamente non è marcata, anzi nel periodo gennaio-marzo il PIL ha viaggiato alla stessa velocità del secondo semestre del 2017.

Il guaio è che ad aver rallentato sono stati l’industria e l’export, due driver che — come sottolinea l’Istat — sono stati solo temporaneamente surrogati da un maggiore valore aggiunto generato dai servizi, ma anche due «motori» senza i quali il sistema Italia obiettivamente non va molto lontano.

Da queste considerazioni partono le previsioni per l’intero 2018: come sappiamo il DEF preparato dal governo Gentiloni scommette su un incremento pari al +1,5% mentre l’opinione degli analisti è decisamente più cauta. Le valutazioni di Intesa Sanpaolo si fermano a +1,3% e quelle di REF Ricerche attorno a +1,2%.

Ma torniamo al punto precedente: o siamo in grado di far riprendere la corsa dell’industria e delle esportazioni oppure è assai difficile che la sola crescita dei consumi possa far correre il PIL nell’anno in corso.

E’ vero che il turismo sta andando a gonfie vele e anche i recenti dati del ponte di fine aprile lo attestano a sufficienza ma il suo contributo finale alla ricchezza nazionale non è così pronunciato. Probabilmente sarebbero necessarie politiche industriali mirate sia a irrobustire/riqualificare l’offerta di servizi turistici sia a far ripartire l’edilizia ma niente di tutto ciò può maturare in una condizione di stallo politico come l’attuale.

Va da sé che il dato dell’Istat ci dice che sia l’incertezza politica interna sia le nubi legate alle decisioni sui dazi dell’amministrazione americana ancora non hanno generati riflessi (negativi) sui nostri numeri. Diverse novità invece sono arrivate sempre ieri dalle rilevazioni Istat sull’occupazione riferite al mese di marzo 2018.

A conferma di un mercato del lavoro che procede a zig zag e non trova un suo stabile orientamento i dati di ieri — pur nel quadro di un aumento dell’occupazione — segnalano tendenze opposte a quelle dei mesi precedenti. L’occupazione femminile aveva trainato il gruppo e a marzo è clamorosamente scesa, il lavoro autonomo che veniva da lunghi mesi di contrazione è stato invece a sorpresa il «vincitore di tappa».

Dei 62 mila posti di lavoro in più infatti ben 56 mila sono stati coperti da lavoratori indipendenti per lo più raggruppabili in due fasce d’età (25-34 anni e over 50). Sembra inoltre essersi fermata la tendenza all’incremento dei contratti a termine che era stato il vero fil rouge dell’intero 2017.

Non è facile, infine, sulle base dei dati finora emersi dare un giudizio certo sull’efficacia degli incentivi reimmessi dall’ultima legge di Stabilità.