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Self driving car, algoritmi al volante

Self driving car tra novità e qualche incidente di percorso. E non solo metaforico perché, ultimamente, una di queste vetture, in Arizona, per cause in corso di accertamento, è stata protagonista di un sinistro che ha comportato il decesso di una donna, investita mentre attraversava la strada spingendo una bicicletta. Né il pilota umano né i sensori dell’auto, a quanto pare, si sono accorti della sua presenza sulla carreggiata. Le indagini in corso cercheranno di stabilire cosa non ha funzionato e come si sia potuto verificare il tragico evento.

Intanto, una ricerca della società di sondaggi Ipsos, svolta nei mesi scorsi, che ha interessato un campione di 21.549 persone di età compresa tra i 18 e i 24 anni, ha evidenziato che meno di un americano su quattro, e un canadese su cinque, sono a favore delle automobili robotizzate. Spuntano fuori perplessità rispetto al fatto, ad esempio, di non essere adeguatamente preparati per “condurre” una macchina così innovativa. Tutto questo mentre l’industria automobilistica investe cifre ingenti nel progetto driverless car.

Non dimentichiamo che attorno al nuovo modo di fruizione della strada si muovono studi, ricerche e finanziamenti legati a “Smart road”, “Smart mobility”, “Smart city”, l’interconnessione tra i veicoli stessi e l’infrastruttura. In fondo, banalizzando, l’auto diventa una sorta di device che, oltre alla primaria e scontata funzione di trasportare persone e di raggiungere dei luoghi, raccoglie, elabora e trasmette l’imponente mole di dati raccolti nel suo tragitto. La guida autonoma pare essere, a prescindere da tutto e comunque, a un punto di non ritorno. E’, quindi, lecito aspettarsi, negli anni a venire, come ampiamente preventivato, flotte di macchine a guida autonoma sulla rete viaria mondiale.

Da segnalare, inoltre, che, nel mese di febbraio, il California Department of Motor Vehicles ha approvato la nuova normativa legata ai test che consente ai veicoli di livello 4 e 5 di circolare sulle strade pubbliche dello stato. Si tratta, per intenderci, di mezzi che a bordo non dispongono né di volante né di pedali per accelerare o frenare. Tolto di mezzo il conducente dovremmo avere, finalmente, una mobilità più sicura. Un’equazione che comporterebbe meno incidenti, meno morti, meno feriti, meno invalidi, meno spese per il servizio sanitario, inteso nel suo complesso, e quant’altro.

Ci sono, però, da affrontare e chiarire tutti quegli aspetti legati alla responsabilità, penali e civili, legate al risarcimento del danno, in caso di sinistro. Come pure sono da tratteggiare, a fronte di tale eventi, quali siano le (cor)responsabilità di chi fornisce hardware e software di bordo. La manutenzione e gli updates dei programmi, ad esempio, a chi spettano?

Dovremo, probabilmente, in un prossimo futuro, prima di metterci in viaggio, controllare se le gomme sono in ordine, se manca l’acqua e l’olio e se i software sono aggiornati. In questo contesto diventa urgente avere un quadro normativo che fissi dei paletti rispetto alle responsabilità derivanti dall’utilizzo delle smart car. Vanno, d’altronde, compresi quali algoritmi decisionali determinano le scelte che, autonomamente, assume la macchina. Non dimentichiamo, in positivo o negativo che dir si voglia, che l’uomo al volante spesso, in situazioni di pericolo, fa scelte dettate dall’istinto (che possono rivelarsi azzeccate). La macchina, invece, è impostata per effettuare, in un nanosecondo, scelte razionali.