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Lotta all’inquinamento, c’è chi “gioca sporco”

La salvaguardia dell’ambiente diverrà sempre più dominante nelle scelte che i governi saranno chiamati ad assumere. La tutela del pianeta è divenuto un obiettivo che è presente in ogni dichiarazione di tutti i rappresentanti del mondo politico e delle istituzioni. Spesso però sulla difesa della natura si gioca sporco, tanto da utilizzare un nobile scopo come quello d’impedire l’inquinamento per pure battaglie economiche.

Più che a una cultura ecologica ci troviamo di fronte a calcoli sui ricavi e sui guadagni, alla competitività. e alle montagne di euro che ne derivano. Il verde che domina, in altre parole,  non è tanto quelle dei prati e delle foreste, ma quello delle banconote da 100 euro.

Un esempio evidente di “gioco sporco”  lo si coglie nella “vulgata”, molto presente nell’immaginario collettivo,  nella quale si da per scontato che il trasporto su gomma sia il maggior responsabile dell’inquinamento atmosferico.

Anzi, per la precisione, quell’autotrasporto che non intende evolversi dal tutto strada ad altre modalità più pulite, che testardamente vorrebbe viaggiare solo su asfalto rinunciando volutamente a far percorrere ai Tir lunghi tratti non via terra ma via acqua, sulle navi… Tesi diffusissima, ma che è smentita dai fatti, visto che  la richiesta di finanziamenti per sostenere i trasporti combinati è partita proprio dal mondo del trasporto su gomma.

Senza contare i costruttori di veicoli pesanti che negli ultimi anni hanno fatto la loro parte, investendo  notevolmente per ridurre le emissioni inquinanti se non addirittura immettere sul mercato autoveicoli a motorizzazione ibrida.

Ma mentre il settore dell’autotrasporto e le case costruttrici “giocavano pulito”,  l’Unione europea cosa faceva in proposito? Come sosteneva questi investimenti? Quali iniziative forti assumeva per favorire il ricambio degli automezzi? Nessuna domanda ha avuto risposte  adeguate, nessun problema è stato affrontato con soluzioni che possano meritare una sufficienza.

Ma di questo si parla assai poco. Le uniche soluzioni sulle quali si punta sono fondate sulla logica del divieto e si continua  a parlare di trasporto su ferro senza che nessuno si domandi neppure come si genera la forza motrice che muove i treni. Forse perché non piace la risposta, ovvero che si produce con centrali alimentate a gasolio?

O, ancora: perché si ipotizzano autovetture a batterie ma si tace sui costi e sulle modalità di come si smaltiranno? Insomma, i nostri Soloni sembrano concentrarsi solo sui trasporti stradali e su quanto è comodo o scomodo dire. Badando nel frattempo – e questo significa giocare ancora più sporco – a battere cassa più pesantemente contro chi fa di più per non inquinare.  Da un rapporto dell’Ocse (che non è l’Organizzazione camionisti senza etica…) sulla tassazione dell’utilizzo dell’energia emerge che il “carico fiscale” per i trasporti su strada è molto più gravoso che  per le altre attività , come provano i numeri: mentre nei trasporti su strada il 97 per cento delle emissioni di CO2 sono tassate e nella metà dei casi la tassazione è addirittura superiore alla stima del danno ambientale generato sul clima, nei settori diversi dal trasporto stradale, invece, responsabili complessivamente del 95 per cento delle emissioni di CO2 da consumi energetici, l’81 per cento delle emissioni non sono affatto tassate e nel 97 per cento dei casi la tassazione è al di sotto della stima del danno ambientale generato.

Addirittura in 42 Paesi la tassazione del carbone, che risulta responsabile di circa la metà delle emissioni di Co2, non esiste e solo in 5 di questi è tassato con aliquote di 5 euro per tonnellata. In Italia, solitamente in coda alle classifiche per l’occupazione, per il PIL prodotto e per l’indice logistico, si registra un livello di tassazione sull’uso dell’energia, attraverso il sistema delle accise, tra i più elevati (come per le tasse del resto) con la tassazione energetica che ammonta mediamente a circa 230 euro per tonnellata di Co2 prodotta nei trasporti stradali, a fronte di soli 16 euro per quella prodotta negli altri settori.

Non occorre essere Pico della Mirandola per calcolare che il trasporto su strada paga circa 15 volte di più.  Insomma si tassa per fare cassa e non per orientare i consumi verso una reale tutela ambientale. Esiste al Senato un altro studio che suona come una conferma dei dati Ocse. Questi dovrebbero essere elementi sui quali definire le prossime iniziative del Governo.

Il timore, tuttavia, è che la speranza sia vana.