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Genova tre mesi dopo: quei 77 cambi al decreto e il nodo delle negoziazioni

Il commissario Bucci: da Natale comincia la demolizione, il nuovo ponte entro il 2020. Ma la strada è irta di difficoltà: dalla scelta di chi affidare i lavori alle demolizioni.

Gli uffici all’ottavo piano del Matitone sono vuoti. È come se ancora non ci fossero, perché in effetti ancora non esiste un vero e proprio Commissario straordinario, quindi non c’è ancora la sua squadra, e tantomeno un progetto vero e proprio per la ricostruzione del ponte Morandi, la sua demolizione e quella delle case che hanno la sventura di trovarsi sotto ai due monconi. Sui quali oggi, a tre mesi dal disastro, lavorano due squadre di Vigili del fuoco, una per parte, dopo giorni di allerta meteo che hanno bloccato anche la semplice manutenzione di quel che resta del viadotto crollato lo scorso 14 agosto.

Marco Bucci si definisce il campione mondiale del bicchiere mezzo pieno. È da qui che bisogna partire. Dall’abnegazione del sindaco di Genova, futuro titolare anche della carica più scomoda d’Italia. Il compito di ridare alla sua città una infrastruttura vitale gli è stato assegnato sulla base di un decreto d’urgenza pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 28 settembre, quindi in vigore dal giorno successivo, che in attesa di diventare legge dello Stato con la conversione al Senato, al momento in cui scriviamo ha subito 77 variazioni, cambi di cifre, riscritture di articoli interi, ribaltamenti continui con i no che diventano sì e viceversa. Ancora oggi, in questo vortice non ci sono le parole più importanti. Chi costruirà il nuovo ponte, come e in quanto tempo lo farà, più varie ed eventuali.

Nei 40 giorni trascorsi dalla sua nomina, annunciata lo scorso 4 ottobre, il Commissario Bucci ha lavorato in clandestinità. «Sottotraccia» precisa lui, obbligato a prestare attenzione alle sfumature. La squadra dei ventidue collaboratori che gli ha concesso il più mercuriale dei decreti è fatta. Sarà formata da tecnici di Comune e Regione, con figure esterne, inizialmente escluse dal decreto, provenienti dall’Avvocatura dello Stato. Ci sarà anche un responsabile dell’Anticorruzione. In questi giorni Bucci ha lavorato molto con Raffaele Cantone, e si appresta a varare con lui un protocollo di collaborazione che si ispira al documento varato per Expo 2015. I due sub-commissari avranno un ufficio in municipio accanto a quello del sindaco. Al resto della struttura è stato riservato un piano intero del palazzo soprannominato Matitone dai genovesi per la sua forma particolare, che già ospita direzione urbanistica e Protezione civile.

Non ci sarà nessun bando per la ricostruzione del ponte Morandi. Dopo lo studio delle norme europee, la scelta è caduta sulla negoziazione diretta. Ad alcune aziende, non più di cinque, verrà chiesto un progetto con informazioni vincolanti sul costo e sui tempi. Poi verrà presa una decisione. La speranza di tenere tutto insieme è appesa alla bontà delle proposte. Se i lavori del nuovo viadotto dovessero rallentare l’abbattimento delle case, allora ci saranno due diverse negoziazioni, con precedenza alla demolizione degli edifici. Ci sarà anche un’altra gara, che affiderà a una azienda esterna la direzione e il controllo dello stato dei lavori, alle dipendenze dirette del sindaco-commissario.

Il bicchiere mezzo vuoto consiste nei verbi dei due paragrafi precedenti, tutti coniugati al futuro. In un Commissario costretto a lavorare come se già lo fosse, quando invece non può azzardarsi a fare nessun atto ufficiale a causa di un testo di legge pasticciato all’inverosimile con correzioni che devono essere ancora approvate. La vicenda del ponte Morandi è l’unica nella storia recente dove il disvelamento di quel che è stato a opera della magistratura procede più spedito di quel che sarà, o dovrebbe essere, insomma della parte a carico del governo e delle sue propaggini. Non è un segreto che la Procura di Genova stia aspettando i pieni poteri e l’ufficialità del Commissariato per autorizzare il dissequestro del ponte. L’emendamento della maggioranza che non escludeva Autostrade per l’Italia almeno dalla demolizione del ponte non è ancora passato e sembra una apertura minima al coinvolgimento dell’attuale concessionario nelle varie fasi. Bucci è sempre stato favorevole al coinvolgimento di Aspi, perché avrebbe reso possibile una ricostruzione interna, senza gare d’appalto normali o semplificate. Era l’unico modo per fare in fretta. «Non ho margine di manovra. Il Commissario fa quel che gli viene detto. Sia chiaro che io eseguirò degli ordini, e mi dovrò allineare alla versione definitiva del decreto. Se il governo avrà un ripensamento, sarò ben lieto di adeguarmi».

L’ottimismo della volontà ha partorito un cronoprogramma, demolizione del ponte a partire da Natale, ricostruzione entro il 2020. È stato creato un varco nella zona rossa, per non far morire le imprese che ci lavorano. A fine mese riaprirà con alcune barriere di protezione la strada che costeggia le macerie, e l’isolamento dei quartieri di ponente potrebbe diventare meno definitivo. Ma nella nebbia di una legge che non offre alcuna soluzione per sciogliere il nodo principale, un ritorno alla normalità appare ancora ben lontano. «Io non ho paura di pagare per colpe altrui. Ho accettato un incarico, e le sue responsabilità. Mi sento tranquillo. Dietro di me ci sono 600mila genovesi che hanno un disperato bisogno del ponte. Chi vuole mettere bastoni tra le ruote sappia che lotteranno con me per rimuoverli». Marco Bucci è consapevole di avere un bersaglio sulla schiena, e forse un destino da capro espiatorio. Non lo merita lui, non lo merita Genova.