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Fresato d’asfalto, l’allarme delle imprese stradali: «adempimenti insostenibili»

Riportiamo la notizia, pubblicata oggi su Edilizia e Territorio a firma di Massimo Frontera, sulle indicazioni fornite recentemente dal ministero dell’Ambiente sul riutilizzo del cosiddetto fresato d’asfalto che non chiariscono i dubbi sollevati dalle imprese ma anzi confondono e complicano ancora di più la procedura legata ciclo di vita del materiale ricavato dalla “scarificazione” dell’asfalto durante gli interventi di manutenzione stradale.

È quanto denunciano le imprese specializzate nei lavori stradali aderenti all’Ance e riunite nel Siteb commentando la nota del 5 ottobre scorso ricevuta dal ministero dell’Ambiente e firmata dal direttore generale del settore Rifiuti e Inquinamento.

La nota è stata inviata allo stesso Siteb in risposta ad alcune domande circa l’applicazione del recente decreto 28 marzo 2018, n. 69 sul “fresato d’asfalto” (Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di conglomerato bituminoso ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).

Le imprese dell’Ance esordiscono affermando che «la nota del ministero, che peraltro non fornisce una risposta alle richieste formulate dall’Ance all’indomani dell’entrata in vigore del decreto, non chiarisce tutti i dubbi e le criticità del decreto, anzi rischia di crearne di nuovi e quindi di limitare l’ambito applicativo della nuova disciplina».

Inoltre, afferma l’Ance, «manca qualsiasi indicazione in merito alle procedure di “adeguamento” delle autorizzazioni in essere alla data di entrata in vigore del Dm 69/2018 e per le quali il “periodo transitorio” terminerà il prossimo 30 ottobre e non sono definite le modalità con le quali poter avviare una “nuova” attività di produzione di fresato d’asfalto come Eow (end of waste, ndr), con il rischio che a livello locale si diffondano prassi molto differenti o, in assenza di indicazioni, il “blocco” da parte delle pubbliche autorità».

I dubbi/1. Il «cantiere di provenienza»
Tra i rilievi mossi dall’associazione dei costruttori alla nota ministeriale c’è anche la definizione del “cantiere di provenienza”, che non si capisce se debba essere «il cantiere dove è stato prodotto il rifiuto» oppure «il luogo dove il rifiuto ha cessato di essere tale». «Sul punto – dice l’Ance – il ministero si limita a precisare che “per cantiere di provenienza si intende il cantiere di provenienza del fresato”».

Pertanto in ogni dichiarazione di conformità andrà indicato il cantiere/cantieri nel/nei quale/quali il fresato è stato prodotto, con tutte le innegabili complicazioni sul piano pratico». Tale interpretazione, replica l’associazione, «solleva numerosi dubbi e rischia di compromettere l’applicazione della nuova procedura per la gestione dell’end of waste».

I dubbi/2. La definizione di «fresato»
Anzitutto appare «poco corretto il riferimento al termine “fresato”», termine che non trova riscontri nel Dm 69/2018 «e del quale quindi manca una vera e propria definizione». Ma soprattutto, sottolinea l’associazione, «se, come sembra, per fresato si deve intendere il “rifiuto” , si creano nuove problematiche operative, in quanto la dichiarazione di conformità deve essere redatta dal produttore del “granulato di conglomerato bituminoso” – ossia il fresato che ha cessato di essere rifiuto – e quindi da un soggetto che può non essere il produttore del rifiuto».

«Ne deriva che a voler seguire le indicazioni del ministero, ciascuna dichiarazione di conformità dovrebbe essere corredata dai dati di tutti i cantieri dai quali è stato conferito il fresato rifiuto e che hanno contribuito a creare il lotto di Eow!

Si tratta di un adempimento sostenibile solo nel caso di grandi committenze e grandi opere, mentre rischia di essere di difficile, se non impossibile, applicazione in tutti i casi nei quali il lotto deriva da un insieme di conferimenti derivanti da piccoli e medi interventi, che rappresentano peraltro la gran parte dell’attività del settore».