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Escludere Autostrade dalla ricostruzione del ponte è anche un problema politico

Non ci sono solo questioni di carattere legale, con i Benetton pronti a una dura battaglia. Emergono frizioni anche nella maggioranza. E per l’affido diretto a Fincantieri serve il via libera di Bruxelles

Autostrade non metterà “nemmeno un sassolino” per la ricostruzione del Ponte Morandi di Genova ma dovrà pagare interamente i lavori. Il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, lo ripete tutti i giorni e lo ha ribadito ad Agorà su Rai3. La sua posizione non sembra più però quella di tutto il governo.

La linea intransigente non piace alla Lega, ed è solo una delle divergenze che hanno rischiato che al Cdm saltasse il decreto con gli interventi più urgenti in soccorso della città, sfregiata un mese fa da una tragedia costata la vita a 43 persone.

Gli uomini del Carroccio non hanno gradito la mancata consultazione degli enti locali, che sia in Regione che al Municipio sono espressione di quell’alleanza di centrodestra che a livello locale rimane solida e, in tutto il Paese, sarebbe maggioritaria.

Il monito di Toti

Ancora venerdì il primo cittadino della Superba, Marco Bucci, lamentava di non aver potuto consultare il testo. E l’impasse era stata superata grazie alla mediazione del solito Giancarlo Giorgetti che, durante la discussione del decreto, era riuscito a raggiungere al telefono Giovanni Toti. Il governatore ligure non è un politico qualunque, è l’uomo di Forza Italia più vicino a Salvini, quello che si candida a federatore di un futuro, eventuale partito unico di centrodestra del quale Genova è il cantiere.

E, proprio perché il problema non è solo di metodo ma soprattutto di merito, era stato Toti, ancora giovedì, a invitare a “non fare campagna elettorale sul ponte di Genova”, chiedendo che “venga ricostruito nel più breve tempo possibile e nel modo migliore con il bellissimo progetto donato dall’architetto Piano”. Traduzione: non si può pensare di tenere fuori Autostrade, prima di tutto perché la revoca della concessione farebbe perdere tempo preziosissimo.

“Se qualcuno ha soluzioni più veloci le ascolto volentieri”, aveva dichiarato martedì scorso Toti in un’intervista a Repubblica, “finora ho sentito più no che sì. Ho sentito cose abbastanza vaghe, spesso dissociate dalla realtà dei fatti e del diritto. Una gazzarra inconcludente”, afferma Toti. Per il governatore ligure il governo “vuole legittimamente rivedere le concessioni e il rapporto con la società Autostrade.

Bene. Però Autostrade è una spa quotata in Borsa e partecipata da molte migliaia di italiani. Se qualcuno ha sbagliato non devono pagare i dipendenti o i piccoli azionisti, ma i vertici, le persone fisiche”. Va sottolineato che il nome circolato come commissario straordinario per la ricostruzione, nelle settimane passate, è stato proprio quello di Toti. Il governo ha scelto di rimandare la decisione di 15 giorni, con un decreto ad hoc. Parte dell’irritazione del governatore arriva forse da qui.

I conti da pagare

Toti è anche contrario ad anticipare i soldi per il nuovo ponte e poi a rivalersi su Autostrade: “Che vantaggio ne avremmo? Per quale ragione i contribuenti italiani devono anticipare i soldi che potrebbe invece pagare Autostrade? E con quali rischi di ricorsi, che bloccherebbero anche il cantiere del ponte?

È come se dopo aver subito un incidente stradale, invece di chiedere il risarcimento del danno decidessi di pagarmelo io e di attendere il risultato di una causa legale per avere indietro i soldi. Non capisco la logica”. E, in caso di revoca, la prima a presentare il conto sarebbe Autostrade.

Secondo quanto prevede il contratto, (consultabile sul sito del Mit) si parla di almeno 20 miliardi di euro, che dovrebbero essere versati da Anas, società pubblica alla quale, una volta accertato il “grave inadempimento”, verrebbero affidate le concessioni in quello che è lo scenario favorito dal governo.

Ad Autostrade per l’Italia spetterebbe infatti un risarcimento pari ad un “importo corrispondente al valore attuale netto dei ricavi della gestione, prevedibile dalla data del provvedimento di recesso, revoca o risoluzione del rapporto, sino a scadenza della concessione, al netto dei relativi oneri, investimenti e imposte nel medesimo periodo”.

Insomma, per lo Stato si tratterebbe così di una spesa doppia: i costi della ricostruzione da anticipare e il risarcimento da versare ad Autostrade. Negli ambienti di governo è però sempre trapelato ottimismo sulle “ampie possibilità” di non pagare alcun tipo di indennizzo. E in ogni caso esistono clausole rispetto al danno che potrebbero essere impugnate.

I Benetton promettono uno “scontro frontale”

La società che ha in concessione l’infrastruttura si è offerta di avviare subito il cantiere, un “intervento diretto” che le spetterebbe da contratto. Per metterla fuori a scopo punitivo, come vuole il M5s, ci vorrebbero mesi, affinché la procedura di revoca venga portata a termine, ciò senza considerare gli inevitabili ricorsi di Atlantia.

La società dei Benetton, che controlla Autostrade, è infatti sul piede di guerra. “Sarà scontro frontale, senza sconti”, hanno riferito a La Stampa fonti di Atlantia decisa a far valere “i diritti e dei doveri contemplati nel contratto di concessione” una cui lesione, è lasciato intendere, farebbe scattare un immediato ricorso.

Cosa prevede la legge?

In linea di massima, leggiamo sul Sole 24 Ore, “una concessione è revocabile, se ci sono gravi motivi. E la posizione di Autostrade per l’Italia si è fatta difficile con il crollo di Genova, che peraltro è l’ultimo di una serie di episodi perlomeno controversi: il crollo di un cavalcavia dell’A14 l’8 marzo 2017 e di alcune pensiline di caselli e portali segnaletici intorno al 2010, il sequestro per alcuni mesi nel 2014 di un altro cavalcavia a rischio, denunce pendenti presso varie Procure e, non ultima, la sentenza sulla contraffazione del brevetto del controllo della velocità Tutor e il processo di Avellino per la morte di 40 persone su un bus precipitato dal viadotto Acqualonga della A16 il 28 luglio 2013. In quest’ultimo caso, sono coinvolti direttamente i vertici aziendali e la sentenza di primo grado è attesa per il prossimo dicembre”.

“Sulla carta validi motivi, ma che bisogna dettagliare e per le quali serve il materiale in possesso della sua SVCA (Struttura di vigilanza sulle concessioni autostradali) che non ha mai brillato per efficacia”, prosegue il quotidiano economico, “inoltre, è prevedibile che un eventuale provvedimento di revoca della concessione verrà impugnato da Autostrade, aprendo un contenzioso che non potrà non essere lungo e combattuto data l’importanza della posta in palio”.

L’affido a Fincantieri non è l’unico nodo per la Ue

C’è poi l’altro grande nodo da sciogliere, quello dell’affido diretto a Fincantieri dei lavori di ricostruzione. L’importo del contratto sarebbe così elevato da rendere necessaria una gara europea. Bruxelles, in base alla direttiva sugli appalti del 2014, può però concedere deroghe in caso di “situazioni eccezionali”. Cosa che il crollo del Ponte Morandi è di sicuro. Dalla Commissione Ue, dove si sono già svolti diversi tavoli tecnici, non è ancora arrivata una risposta.

Del resto sono tre i commissari competenti: Margrethe Vestager (Concorrenza) Violeta Bulc (Trasporti) ed Elzbieta Bienkowska (Mercato interno). Toninelli assicura di essere in “costante contatto” con le istituzioni comunitarie e di aver ricevuto “segnali positivi”.

L’affido diretto non è però l’unica questione sul tavolo. Fincantieri è una società a partecipazione pubblica e Vestager dovrà stabilire se un suo ruolo nella ricostruzione si configurerebbe come aiuto di Stato. Va infine sicuramente esplorata la possibilità di ottenere da Bruxelles i fondi per i lavori.