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Digital transformation, “Smart Cities” dal volto umano e borderline

Un mercato, potenziale, di parecchi miliardi di euro. Così tanti da non poterli nemmeno quantificare. Si tratta di cifre imponenti. Da capogiro. Perché le “Smart Cities”, come abbiamo già avuto modo di evidenziare da queste colonne, sono in grado di mettere in circolo capitali importanti. Che, a loro volta, ne smuovono, con l’indotto, molti altri.

L’urbanizzazione ormai, volente o nolente, è costretta a prendere atto delle “meraviglie” introdotte di una tecnologia che sforna chicche informatiche a getto continuo. Ci semplificano la vita e connettono al “Villaggio globale”. Ci si deve adeguare, o si è “on line” oppure “off line”. Due stati che comportano, poi, delle oggettive conseguenze. Vantaggi o svantaggi.

La transizione verso le “Net City” non conosce sosta perché, in prospettiva, consentono economie di scala ottimizzando l’erogazione dei servizi alla città. Ne deriva un miglioramento, generalizzato, della qualità della vita dei residenti. Per i decisori politici una vera manna, perché può tradursi in ulteriore consenso politico.

La digitalizzazione è l’abilitatore essenziale per affrontare questi mega trend. L’”Intelligenza artificiale”, d’altronde, non trova un punto finale d’arrivo in quanto il suo continuo divenire porta innovazioni a non finire. Le case domotiche, ad esempio, sono già una realtà. Neppure tanto dispendiosa, se vogliamo. Quando entrerà a regime il sistema, rendere supertecnologico un appartamento non richiederà uno smisurato salasso per i bilanci familiari.

C’è tutt’ora aperto, è vero, un confronto sul pericolo di un effetto “Grande Fratello”. La privacy e la tutela dei dati personali, da quelli comuni a quelli sensibili, sono due degli aspetti più a rischio. Chi controllerà e gestirà i big data che un sistema smart è in grado di raccogliere in quantità megagalattica? Altro aspetto di natura sociale: le “Smart communities” che si andranno a realizzare saranno “open” o “closed”?  Qualche attento osservatore di questa avvincente fase di transizione urbanistico-tecnologica tratteggia “Smart Cities” double face: da un lato quella “buona”, dall’altro quella “oscura”.

La prima ridondante di opportunità e gadget informatici; l’altra borderline, compressa nel suo quotidiano arrancare. L’innovazione non è a portata di mano delle sole megalopoli, è possibile pure in ecosistemi comunali di modeste dimensioni.

Tra i tanti temi fortemente innovativi e di grande impatto nella vita quotidiana delle persone, comunque, sempre in ambito “Smart Cities”, “Smart mobility” e “Smart road” occuperanno una posizione predominante. L’esigenza di gestire i flussi di traffico nel centro della città, è sentita in tutti i Paesi. La risoluzione delle problematiche legate alla mobilità passa attraverso una pianificazione sistematica.

Il domani di società sempre più globalizzate e interconnesse determinerà cospicui investimenti in infrastrutture digitali avanzate. Farsi trovare impreparati non farà altro che aumentare quel digital divide che renderà fortemente competitivi alcuni Paesi e relegherà ai margini quelli che non avranno saputo, per miopia o incompetenza delle proprie classi dirigenti, dotarsi degli strumenti per stare, con dignità, su un mercato planetario che sarà (è) fisico e, innanzitutto, scandito da yottabyte. “Open cities”, quindi, per “Smart people”.