Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Cina, pronto il ponte dei record da Macao a Hong Kong: 55 km sul mare

Dopo otto anni di lavori e 20 miliardi di dollari di spesa la Cina ha concluso un’altra impresa spettacolare: un ponte di 55 chilometri, compresi 6 chilometri di tunnel sottomarino e tre isole artificiali per gli snodi, che collega Hong Kong a Zhuhai nella Cina continentale e Macao.

È pronto per l’apertura al traffico che avverrà nei prossimi mesi. Ridurrà da oltre 3 ore a circa 30 minuti i tempi di collegamento tra le tre città della Grande Area della Baia, e le altre di una regione con una popolazione complessiva di 60 milioni di abitanti. È studiato per durare 120 anni e resistere a terremoti di 8 gradi Richter.

È il ponte dei record: il più lungo del mondo sul mare. Sono state utilizzate 420.000 tonnellate d’acciaio e 1,08 milioni di metri cubi di cemento, 14 mila operai e una flotta di 100 navi per i lavori.

Sono stati usati anche accorgimenti per preservare i delfini bianchi della baia e non ostacolare la navigazione dei mercantili (il tunnel sul fondale serve anche a questo). Ma il ponte è molto più di una meraviglia dell’ingegneria: il fronte democratico che vuole difendere l’eccezionalità di Hong Kong teme che porti all’omologazione della City con le altre grandi città della Cina continentale.

La struttura è vista come l’ultimo passo di Xi Jinping per integrare non solo economicamente ma politicamente il territorio ad amministrazione speciale con il potere centrale. Da Pechino rispondono che il ponte che collega le due ex colonie (Hong Kong britannica, Macao portoghese) con Zhuhai è una struttura strategica per migliorare le riforme di tutta la Cina e far correre la crescita economica e sociale.

Ed è anche questo. Hong Kong, per esempio, con i suoi 7,2 milioni di abitanti, soffre di problemi di spazio che hanno reso drammatico il problema della casa: molti giovani potrebbero andare a vivere nella Cina continentale, a Zhuhai e dintorni, e continuare a lavorare nell’isola, facendo i pendolari, viaggiando sul nuovo ponte.

Anche su questo punto l’opposizione hongkonghese ai piani di Pechino contesta: mandare i giovani a vivere in Cina significherà tagliare le loro radici con il territorio ad amministrazione speciale (semi-democratica), svuotando il movimento che nel 2014 portò centinaia di migliaia di persone in strada a chiedere elezioni libere.

Il ponte è una sorta di raccordo a forma di Y tra città con confini (per andare a Hong Kong e Macao a un cinese serve un passaporto), sistemi legali diversi, anche codici stradali differenti: a Hong Kong le automobili circolano all’inglese, a sinistra.

Ma questi problemi sono niente di fronte al grande progetto di Xi Jinping che vuole costituire una regione meridionale intorno alla Grande Baia, capace di eguagliare e superare gli agglomerati di New York, San Francisco, Tokyo.

Sommati, Hong Kong con la sua forza di piazza finanziaria, Macao, capitale mondiale del gioco d’azzardo, Zhuhai, Shenzhen con la sua alta tecnologia, Guangzhou fabbrica manifatturiera del mondo, hanno un Pil da 1,5 trilioni di dollari che secondo uno studio della banca HSBC riportato sul Financial Times potrebbe quasi raddoppiare fino a 2,8 trilioni entro il 2025 grazie all’integrazione.