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Cimolai, parte la copertura dell’Ilva: «Cantiere più difficile di Chernobyl»

«Sarà un’operazione più complessa della protezione della centrale di Chernobyl». Probabilmente non sarà la copertura più grande del mondo, come qualcuno pure ipotizza, ma la struttura che difenderà Taranto dalle polveri che si alzano dai Parchi minerali dell’Ilva — enormi distese di minerali di ferro e carboni che servono a produrre l’acciaio — è un’opera imponente. «Le costruzioni — spiega Luigi Cimolai, presidente dell’omonimo gruppo — copriranno il Parco minerale e il Parco fossile.

E l’operazione sarà più complessa di quanto non lo sia stato il nostro intervento a Chernobyl, perché a Taranto, durante le operazioni, l’Ilva non potrà fermarsi». Il gruppo Cimolai, friulano, 500 milioni di fatturato e 3 mila dipendenti, ha da poco iniziato i lavori a Taranto: la copertura eviterà che nei giorni di forte vento (Wind days) le polveri raggiungano il quartiere più vicino, Tamburi, circostanza che nei mesi scorsi ha costretto l’amministrazione comunale a chiudere le scuole. L’opera è attesa da almeno 7 anni: era già prevista dall’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata all’Ilva il 4 agosto 2011.

Lo scorso 1° febbraio è partita la copertura del Parco minerale, dal 1° giugno partirà quella del Parco fossile: saranno completati in 24 mesi, nel 2020, in anticipo rispetto all’iniziale ipotesi 2023 del piano industriale di Am Investco (la cordata capeggiata da ArcelorMittal che si è aggiudicata l’Ilva).

L’investimento complessivo è di 300 milioni di euro, a carico di Am Investco; ma la somma sarà anticipata dall’amministrazione straordinaria di Ilva, attingendo ai fondi dei Riva sequestrati dalla Procura di Milano, e poi rimborsata da Am Investco entro 90 giorni dalla definitiva acquisizione dell’Ilva. Il gruppo Cimolai, oltre che la copertura a protezione della centrale nucleare di Chernobyl, ha realizzato anche le paratoie per il raddoppio del Canale di Panama e due stadi dei prossimi mondiali in Russia (a Volgograd e Nižnij Novgorod). E nel 2024 completerà la costruzione del più grande telescopio del mondo, alto 80 metri, in Cile.

Ma l’opera di Taranto, per Cimolai, adesso ha la priorità su tutte. «Utilizzeremo una media di 200 operai sul cantiere pugliese — spiega il presidente — e 250 negli stabilimenti friulani». Ogni struttura, una volta completata, avrà una lunghezza di 700 metri e una larghezza di 254 metri. L’altezza esterna sarà di 77 metri, equivalente a un grattacielo di 25 piani, per un’estensione complessiva dei due Parchi pari a quella di 56 campi di calcio.

«Per avere un’idea, l’impatto visivo sarà per estensione simile a quello della stazione dell’Alta velocità di Reggio Emilia, con un’altezza doppia». Per la copertura servirà molto acciaio, 60 mila tonnellate. Prodotto a Taranto, ma lavorato in Friuli Venezia Giulia. Si poteva evitare un doppio viaggio di mille chilometri?

«Nelle vicinanze di Taranto non c’erano aziende con una capacità produttiva da 150 mila tonnellate all’anno, necessarie per un’opera del genere. Né era possibile mettere in piedi qualcosa di temporaneo: sarebbe costato 50 milioni, il trasporto ne costa 4». Trasporto che potrebbe essere effettuato anche in maniera non tradizionale: su nave o su treno, rispetto alla consueta gomma.

«Se sarà conveniente — conclude Cimolai — lo faremo: in un nostro stabilimento abbiamo la banchina e siamo anche raccordati con la ferrovia». Con questi presupposti, sarebbe paradossale se le 60 mila tonnellate di acciaio necessarie per le coperture facessero 2 mila chilometri su e giù per le strade della Penisola per raggiungere il secondo porto d’Italia.