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Assemblea Ania, industria assicurativa contribuisce al 50% del Pil

Nel 2017 gli investimenti degli assicuratori italiani hanno raggiunto 850 miliardi di euro, una cifra che corrisponde al “50% del PIL e quasi due terzi di essi sono a fronte delle polizze vita tradizionali, polizze che hanno reso, in media, il 3%.

La raccolta premi complessiva delle imprese italiane ha sfiorato i 131 miliardi di euro: 100 miliardi si riferiscono al settore vita, 16 miliardi al settore auto e altrettanti agli altri rami danni.

A questi premi si devono aggiungere quelli raccolti dalle imprese europee che operano in Italia, pari a 17 miliardi nel vita e oltre 4 miliardi nel danni. Il settore ha realizzato utili netti per 6 miliardi di euro, di cui solo circa 400 milioni nel settore auto,  e dà occupazione , in via diretta e indiretta, a circa 300 mila persone “.

Questi i dati presentati all’assemblea dell’associazione di categoria, l’Ania, che si è svolta questa mattina a Roma. Un bilancio molto positivo per un settore che si prepara ad affrontare sfide globali, tra digitale e innovazioni, nel duplice ruolo di elemento essenziale nella coesione del paese, attraverso i servizi prestati a famiglie imprese, e di strumento significativo di investimenti a lungo termine e di stabilità finanziaria.

L’associazione di categoria fa inoltre presente che larga parte dell’investimento assicurativo, oltre  300 miliardi , ha sostenuto il debito pubblico finanziando investimenti in titoli sovrani anche e soprattutto negli anni più difficili.

Le compagnie assicurative detengono nei loro bilanci oltre il 15% dei Btp.  Questo vuol dire che il forte rischio di un sensibile allargamento dello spread è destinato a riflettersi inevitabilmente sui rendimenti corrisposti ai nostri 20 milioni di clienti.

Sul fronte dei prezzi dell’RC auto, questi “sono scesi nell’anno del 2,5% e del 27% in 5 anni”, grazie anche al contenimento dei sinistri e delle frodi. La differenza rispetto alla media dei principali paesi europei  si è così ridotta, nello stesso periodo, da 213 a 78 euro, di cui 40 euro dovuti al differenziale di imposta. Anche il divario territorio tra le aree con prezzi più alti e quelle con prezzi più bassi è diminuito di quasi il 40%.

In quest’ambito –  si precisa infine – c’è la necessità di semplificare il quadro delle regole, chiarendo limiti e criteri con cui le compagnie possono utilizzare le informazioni sulla clientela in loro possesso. Si tratta di trovare un giusto equilibrio tra la riservatezza del cliente e l’uso delle informazioni utili a rendere un servizio a suo vantaggio.