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Traffico congestionato, disagio assicurato

Restare imbottigliati nel traffico indispone, fa perdere tempo, aumenta il tasso di inquinamento atmosferico e rende, complessivamente, meno competitivo il Paese

“Ahó, anvedi, che traffico! Annamo bene…”.  Può cambiare l’inflessione dialettale, ma il risultato di questa sintetica riflessione, in qualunque regione ci si trovi, è sempre quello. Perché, spesso e volentieri, specialmente in ambito urbano, si circola a singhiozzo. A velocità da lumaca: sette chilometri l’ora, è la media registrata nelle nostre città. Una situazione esasperante, dal punto di vista personale e stradale.

Restare imbottigliati fa perdere tempo, rallenta le attività. Indispone, a prescindere. Si tratta di un aspetto della nostra quotidianità, questo, che è stato oggetto della ricerca sul «Futuro della mobilità urbana» presentata, ultimamente, a Cernobbio. Per quanto riguarda il Belpaese, si è evidenziato che, mentre nel resto d’Europa si punta sul trasporto pubblico locale per liberare le grandi arterie di comunicazione, in Italia continua a prevalere la logica individualistica.

E’ la risultante di un’italica mentalità che si traduce in una ricaduta negativa sulla complessiva qualità della vita, un maggiore inquinamento, una minore competitività e costi sociali ed economici che schizzano verso l’alto. Quanto, in vil moneta? Dal 2 al 3% del Pil (tra i 30 e i 50 miliardi di euro), è stato quantificato.

C’è poi l’aspetto, sempre meritevole di attenzione, legato all’incidentalità. Secondo il più recente rapporto della Commissione Ue sulla sicurezza stradale, tra il 2015 e il 2016 si è registrata una significativa riduzione della mortalità: -5%. In Italia, i 173.892 incidenti stradali del 2015, oltre a causare la morte di 3.419 persone (dati Aci-Istat) hanno comportato, al “sistema-Paese”, un esborso di 17,5 miliardi di euro.