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Terre e rocce da scavo: cosa sono e quando sono riutilizzabili come sottoprodotti

Le terre e rocce da scavo perdono la propria qualifica di “rifiuto” secondo la disciplina dell’articolo 185 del Codice dell’Ambiente, se vengono riutilizzate nello stesso cantiere in cui sono state prodotte.

Il D.P.R- 120/2017 definisce «terre e rocce da scavo» il terreno scavato attraverso attività per realizzare un’opera: scavi di sbancamento, fondazioni, trincee; perforazione, trivellazione, palificazione, consolidamento; opere infrastrutturali quali gallerie, strade ponti e rimozione con livellamento di opere in terra.

Le terre e rocce da scavo sono sottoprodotti quando sono state generate durante la realizzazione di un’opera, di cui costituiscono parte integrante e il cui obiettivo primario non è la produzione di tale materiale. L’utilizzo di questo materiale deve essere conforme alle disposizioni dichiarate del piano di utilizzo o della dichiarazione al fine di eseguire rinterri, riempimenti, modellazioni dei profili del terreno, rilevati, miglioramenti fondiari o viari, recuperi ambientali oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali sia nel cantiere in cui le terre sono state generate che in opere diverse in sostituzione di materiali vergini estratti dalle cave.

Le terre e rocce da scavo sono sottoprodotti anche quando sono idonee ad essere utilizzate direttamente, ossia senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale. Nel nuovo regolamento Dpr 120/2017, le principali novità sono nella gestione delle terre e rocce da scavo con le auto-dichiarazioni e non più per mezzo di autorizzazioni preventive. Le procedure sono diventate più semplici: la gestione delle terre e rocce da scavo non necessita più  di un parere-autorizzazione da parte dell’amministrazione ma segue le dichiarazioni di parte. Procedure semplificate si differenziano a seconda della dimensione del cantiere contrariamente a quanto previsto sino ad oggi.

Grandi cantieri, quindi di grandi dimensioni, con volumi di scavo superiori a 6.000 metri cubi sottoposti a Valutazione di impatto ambientale, il proponente trasmette il piano di utilizzo all’ARPA novanta giorni prima dell’inizio dei lavori. Entro trenta giorni dalla presentazione del piano di utilizzo, possono essere richieste integrazioni alla documentazione ricevuta. Dopo il termine la documentazione si intende completata.

Per i cantieri di piccole dimensioni per i requisiti di ammissibilità per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo il produttore deve attestare l’opera, con una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, attraverso la trasmissione 15 giorni prima dell’inizio dei lavori di scavo al comune del luogo di produzione e all’ARPA indicando le quantità di terre e rocce da scavo previste come sottoprodotti, oltre all’eventuale sito di deposito, al sito di destinazione, gli estremi delle autorizzazioni per la realizzazione delle opere e i tempi previsti per l’utilizzo, entro un anno dalla data di produzione delle terre e rocce da scavo.