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Terre e rocce da scavo: approvato definitivamente il DPR di semplificazione

Il Consiglio dei Ministri ha approvato definitivamente una seconda volta in data 19/05/2017 (dopo averlo approvato “definitivamente” già il 14/07/2016) il testo del decreto che, in attuazione dell’art. 8 del D.L. 133/2014 (cosiddetto “sblocca Italia”, convertito in legge dalla L. 164/2014), reca le nuove disposizioni di riordino e di semplificazione in tema di “terre e rocce da scavo”.

Nel testo consultabile in allegato al presente articolo sono evidenziate le modifiche apportate rispetto al testo del luglio 2016, che sono relative essenzialmente ad una maggiore chiarezza delle disposizioni transitorie e ad un necessario adattamento della disciplina conseguente all’entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici di cui al D. Leg.vo 18/04/2016, n. 50. Dette modifiche sono dettagliate in un apposito paragrafo in calce all’articolo.
La proposta di regolamentazione, della quale questo articolo esamina le principali novità, attende ora la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

CRITERI DELLA DELEGA CONTENUTA NEL D.L. 133/2014 – Come accennato, al fine di agevolare la realizzazione degli interventi che comportano la gestione di terre e rocce da scavo, l’art. 8 del D.L. 133/2014 ha fatto rinvio ad un decreto concernente l’adozione di nuove disposizioni di riordino e di semplificazione della materia in base ai seguenti principi e criteri direttivi ivi indicati.
In particolare:

coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;
previsione di specifici criteri e limiti qualitativi e quantitativi per il deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo;
indicazione esplicita delle norme abrogate;
proporzionalità della disciplina all’entità degli interventi da realizzare;
divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli previsti dall’ordinamento europeo ed, in particolare, dalla Direttiva 2008/98/UE;
razionalizzazione e semplificazione del riutilizzo nello stesso sito di terre e rocce da scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni, finalizzati alla costruzione o alla manutenzione di reti e infrastrutture, con esclusione di quelle provenienti da siti contaminati;
garanzia di livelli di tutela ambientale e sanitaria almeno pari a quelli attualmente vigenti e comunque coerenti con la normativa europea.

ELEMENTI DI SEMPLIFICAZIONE – Per realizzare l’obiettivo della semplificazione stabilito dalla norma di delega, lo schema di regolamento in esame, rispetto alla normativa vigente, prevede in estrema sintesi quanto segue.
Deposito intermedio – Viene introdotta una disciplina più chiara e dettagliata del deposito intermedio delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti. In particolare, in aggiunta a requisiti analoghi a quelli già previsti dal D.M. 161/2012, è stabilito che il sito in cui può avvenire il deposito intermedio deve rientrare nella medesima classe di destinazione d’uso urbanistica del sito di produzione, onde evitare che il deposito intermedio possa essere impropriamente veicolo per un trasferimento di agenti contaminanti. Come già accade, il deposito intermedio non può avere durata superiore alla durata del Piano di utilizzo e, decorso tale periodo, viene meno la qualifica quale sottoprodotto, con conseguente obbligo di piena applicazione delle disposizioni sui rifiuti di cui al D. Leg.vo 152/2006.

Comunicazione preventiva trasporto – Si prevede l’eliminazione dell’obbligo di comunicazione preventiva all’Autorità competente di ogni trasporto avente ad oggetto terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti generate nei cantieri di grandi dimensioni (obbligo attualmente previsto nella prima parte dell’Allegato VI al D.M. 161/2012).

Procedura di qualificazione come sottoprodotti – Viene introdotta una procedura più spedita per attestare che le terre e rocce da scavo generate nei cantieri di grandi dimensioni soddisfano i requisiti stabiliti dalle norme europee e nazionali per essere qualificate come sottoprodotti. Tale procedura, che opera con meccanismi analoghi a quelli della Segnalazione certificata di inizio attività, in coerenza alle previsioni della Direttiva 2008/98/UE, non subordina più la gestione e l’utilizzo delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti alla preventiva approvazione del Piano di utilizzo da parte dell’autorità competente, ma prevede che il proponente, decorsi 90 giorni dalla presentazione del piano di utilizzo all’Autorità competente, possa avviare la gestione delle terre e rocce da scavo nel rispetto del Piano di utilizzo.

Modifiche al Piano di utilizzo – Viene introdotta una procedura più spedita per apportare “modifiche sostanziali” al Piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotto generate nei cantieri di grandi dimensioni. Tale procedura riprende quella menzionata al punto precedente, e si sostanzia nella trasmissione all’Autorità competente del Piano modificato, corredato di idonea documentazione a supporto delle modifiche introdotte. L’autorità competente verifica d’ufficio la completezza e la correttezza amministrativa della documentazione presentata e, entro 30 giorni dalla presentazione del piano di utilizzo aggiornato, può chiedere in un’unica soluzione integrazioni della documentazione. Decorso tale termine la documentazione si intende comunque completa. Decorsi 60 giorni dalla trasmissione del piano di utilizzo aggiornato, senza che sia intervenuta richiesta di integrazione documentale da parte dell’autorità competente, è possibile procedere in conformità al piano di utilizzo aggiornato. La speditezza deriva dall’aver eliminato, rispetto alle previsioni contenute nel D.M. 161/2012, la necessaria preventiva approvazione del Piano di utilizzo modificato.

Tale previsione semplifica quella vigente, anche sotto il profilo degli effetti, in quanto, nel caso di una modifica riguardante il quantitativo che non sia regolarmente comunicata, consente di qualificare sottoprodotti almeno il quantitativo delle terre e rocce gestite in conformità al Piano; la norma prevede infatti che solo per le quantità eccedenti scatterà l’obbligo di gestirle come rifiuti.
Proroga del Piano di utilizzo – Si prevede la possibilità di prorogare di due anni la durata del Piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo generate nei cantieri di grandi dimensioni, tramite una comunicazione al Comune e all’ARPA/APPA competente (tale possibilità non è prevista nel D.M. 161/2012, che prevede solo la possibilità di apportare modifiche sostanziali).
Attività di analisi delle ARPA/APPA – Sono previsti tempi certi, pari a 60 giorni, per lo svolgimento delle attività di analisi affidate alle ARPA/APPA per la verifica della sussistenza dei requisiti dichiarati nel Piano di utilizzo delle le terre e rocce da scavo generate nei cantieri di grandi dimensioni (attualmente, il D.M. 161/2012 non stabilisce il termine entro il quale debbano essere ultimati tali accertamenti tecnici).

Modifica o proroga del Piano di utilizzo nei piccoli cantieri – Si prevede la possibilità di apportare modifiche sostanziali o di prorogare il Piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo – generate in cantieri di piccole dimensioni o in cantieri di grandi dimensioni relativi ad opere non sottoposte a VIA o AIA – con una procedura estremamente semplice, che si sostanzia in una comunicazione (tale possibilità non risulta attualmente prevista dal D.M. 161/2012).

Deposito temporaneo terre e rocce qualificate rifiuti – Viene introdotta una disciplina specifica per il deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate rifiuti, che tiene conto delle peculiarità proprie di questa tipologia di rifiuto prevedendo pertanto quantità massime ammesse al deposito superiori a quelle ordinariamente previste nel D. Leg.vo 152/2006, che invece risulta applicabile indistintamente a tutte le tipologie di rifiuti.

Siti oggetto di bonifica – Sono introdotte nuove condizioni in presenza delle quali è consentito l’utilizzo, all’interno di un sito oggetto di bonifica, delle terre e rocce ivi scavate, estendendo il regime semplificato già previsto dall’art. 34 del D.L. 133/2014. Altresì sono previste procedure uniche per gli scavi e la caratterizzazione dei terreni generati dalle opere da realizzare nei siti oggetto di bonifica. In estrema sintesi, le nuove disposizioni estendono l’applicazione delle procedure attualmente previste dal menzionato art. 34 del D.L. 133/2014 a tutti i siti nei quali sia attivato un procedimento di bonifica, con l’obiettivo di garantire agli operatori un riferimento normativo unico chiaro che consenta loro di realizzare opere anche in detti siti.

Utilizzo in sito nell’ambito di opere sottoposte a VIA – Viene introdotta una specifica procedura per l’utilizzo in sito delle terre e rocce escluse dal campo di applicazione dei rifiuti e prodotte nell’ambito della realizzazione di opere o attività sottoposte a Valutazione di impatto ambientale. In mancanza di tale procedura, sino ad oggi, in sede di VIA non è stato possibile autorizzare operazioni di utilizzo in sito ai sensi dell’art. 185, comma 1, lettera c) del D. Leg.vo 152/2006.
Garanzie finanziarie – Lo schema di regolamento non ha previsto la necessità di idonee garanzie finanziarie qualora l’opera di progettazione e il relativo Piano di utilizzo non vadano a buon fine (come attualmente previsto dall’art. 4, comma 3, del D.M. 161/2012). Tale disposizione non è stata confermata in quanto non prevista dalla vigente normativa europea e non giustificata da esigenze di tutela ambientale e sanitaria.
Abrogazioni – A decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento sarà abrogato il D.M. 161/2012 e tutte le altre norme di riferimento sulla materia (cfr. art. 31 dello schema di regolamento).

MODIFICHE APPORTATE NEL TESTO DEFINITIVO RISPETTO A QUELLO DI LUGLIO 2016 – Dopo l’approvazione di luglio 2016 il testo è stato restituito alla Presidenza del Consiglio dei ministri non firmato dal Presidente della Repubblica. Pertanto, al fine di un migliore adeguamento alle condizioni e alle osservazioni contenute nei pareri delle Commissioni parlamentari, è emersa l’esigenza di una revisione dell’art. 27, contenente le disposizioni intertemporali, transitorie e finali.
Al riguardo, infatti, entrambe le Commissioni hanno preso esplicita posizione, formulando rilievi basati sulla divisione tra due ipotesi ben precise:
a) i casi in cui vi siano piani di utilizzo già approvati ai sensi del D.M. 161/2012 o dell’art. 41-bis del D.L. 69/2013, ovvero di norme precedenti;
b) i casi in cui vi siano procedimenti di approvazione dei piani di utilizzo, avviati ai sensi delle discipline sopra menzionate, in corso alla data di entrata in vigore del regolamento.
In entrambe le ipotesi, le Commissioni parlamentari hanno chiesto che fosse prevista espressamente l’applicazione (ossia l’ultrattività) delle normative previgenti, anche per le eventuali modifiche da apportare successivamente ai piani in questione, facendo tuttavia salva la facoltà del proponente di chiedere l’applicazione della nuova disciplina prevista nel regolamento.

Da queste richieste si ricavano due orientamenti fondamentali che le Commissioni parlamentari hanno consegnato al Governo:
1) che tra le normative previgenti da prendere in considerazione ai fini di stabilirne la salvaguardia e l’ultrattività debbono essere comprese anche quelle precedenti all’entrata in vigore del D.M. 161/2012;
2) che i regimi giuridici di riferimento possono essere soltanto due, ossia, da un lato, quello delle diverse normative previgenti ai sensi delle quali sono stati approvati i piani o sono stati avviati i procedimenti per la loro approvazione, dall’altro, quello della nuova disciplina introdotta dal regolamento in commento.

Alla luce di tali orientamenti si è ritenuto opportuno:
– sopprimere radicalmente la disposizione di cui al comma 5 dell’art. 27 dello schema di regolamento sottoposto ai pareri parlamentari, in considerazione del fatto che tale previsione contemplava sostanzialmente un terzo regime giuridico transitorio, diverso e autonomo rispetto ai due regimi presi in considerazione dalle Camere e già esaustivamente disciplinati nei loro rapporti intertemporali dai commi 1 e 2 dello stesso art. 27;
– modificare il comma 1 dell’art. 27 al fine di rendere esplicita la salvaguardia della disciplina previgente anche per i “progetti di utilizzo” contemplati nell’art. 186 del D. Leg.vo 152/2006 anteriormente all’entrata in vigore del D.M. 161/2012. Conseguentemente, si è ritenuto opportuno aggiungere al primo periodo del comma 1 un secondo periodo al fine di impedire l’insorgere di ogni possibile dubbio circa la qualificazione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti, ancorché ci si trovi nei casi di ultrattività delle discipline previgenti richiamate nel primo periodo.

Si è pertanto chiarito in termini espressi che laddove vi sia un progetto o un piano di utilizzo approvato ai sensi, rispettivamente, dell’art. 186 del D. Leg.vo 152/2006 o del D.M. 161/2012 e i materiali riconducibili alla nozione di “terre e rocce da scavo” di cui al presente regolamento risultino utilizzati e gestiti in conformità al suddetto progetto o piano di utilizzo, per tali materiali resta ferma a tutti gli effetti la qualificazione giuridica di sottoprodotti già derivante dalle richiamate normative.