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Stop agli accordi quadro nei nuovi lavori: è una scappatoia che tradisce il codice

Perno fondamentale della riforma dei lavori pubblici contemplata nel Codice degli appalti è, nuovamente, la centralità del progetto esecutivo. In questa occasione vorremmo evidenziare l’improprio utilizzo che diverse committenti fanno dell’istituto dell’accordo quadro con un rilevante restringimento della libera concorrenza e dell’accesso al mercato presente e, soprattutto, futuro.

Negli ultimi tempi diverse committenti hanno bandito gare, sia per lavori che per servizi, con la formula dell’accordo quadro. Pur consapevoli della nuova disciplina che soprintende all’utilizzo dell’accordo quadro non possiamo non evidenziare come in diversi di bandi di gara per lavori addirittura l’accordo quadro è stato utilizzato non solo per lavori di manutenzione, come sarebbe naturale, ma anche per nuove realizzazioni; evidenziamo le principali criticità, autonome e concorrenti tra loro, del recente non corretto utilizzo dell’accordo quadro.

Mentre i lavori di manutenzione sono connotati da serialità e ripetitività delle prestazioni tali da non necessitare di un progetto esecutivo da porre a base di gara nel caso invece di nuovi lavori mancando tali requisiti temiamo che l’utilizzo dell’accordo quadro possa, rappresentare solo una scorciatoia per eludere la previsione della obbligatorietà del progetto esecutivo.

Per sua natura l’accordo quadro meglio si adatta alla esigenza della committente di stipulare un “contratto aperto” dove sono individuate qualitativamente le prestazioni da eseguire anche se non risulta possibile la loro preventiva determinazione quantitativa.
A tutta altra ratio si ispira la realizzazione dei nuovi lavori dove puntuale è il contratto perché puntuali sono le prestazioni da eseguirsi, identificabili esattamente sia per qualità che per quantità. Qualora non tenessimo ferma questa distinzione arriveremmo al paradosso che le due figure (accordo quadro e contratto per nuovi lavori) potrebbero essere utilizzate indifferentemente per la medesima fattispecie.

Il combinato effetto dell’importo contrattuale (rilevante) e della consistente durata temporale contrattuale (quasi sempre 3/4 anni) produce effetti gravemente lesivi della concorrenza.

Chi non può partecipare o essere aggiudicatario di un dato accordo quadro, a causa dei pesanti requisiti richiesti, non potrà eseguire lavori per un dato arco temporale e perdendo le relative qualifiche si vedrà definitivamente preclusa la possibilità di continuare a partecipare in futuro a quel tipo di gara di appalto. Oltre al danno la beffa; non potendo partecipare oggi non potremo partecipare mai più e verremmo quindi definitivamente espulsi dal mercato.

Condividiamo la suddivisone in lotti degli accordo quadro, perché in linea con la natura stessa di ripetitività e serialità delle prestazioni da eseguirsi, ma non è accettabile che ciò si traduca nella previsione di lotti di macro importi. Soprattutto in un momento, invero pluriennale, di grave contingentamento delle risorse pubbliche destinate al mercato dei lavori pubblici, è inaccettabile di indirizzare gli investimenti, soprattutto per questi interventi, a pochi grandi operatori.

Ricapitolando; se si bandiscono un numero minore di gare (accorpando gli importi) con una cerchia ristretta di concorrenti (elevando i requisiti richiesti) e si chiedono offerte su progetti definitivi (ma il legislatore non voleva progetti esecutivi ?) è possibile aggiudicare i lavori tempestivamente!

Di fatto, in tal modo, ci si chiede di rinnegare i principi fondanti contenuti nella legge delega 11/2016; non siamo d’accordo, abbiamo lottato per i contenuti di quella legge e non siamo oggi disposti a rinunciarci.

Recenti fatti di cronaca testimoniano inequivocabilmente che quando ci troviamo davanti ad artificiosi accorpamenti degli appalti, con una conseguente restrizione delle possibilità di partecipazione ed una limitazione della concorrenza, viene tradita la filosofia che ha ispirato la nascita del Codice e di conseguenza si calpestano diversi principi, sia nazionali che europei, che costituivano le fondamenta della riforma.

Se il restringimento della concorrenza con la demolizione della piccola e media impresa costituisce la volontà del legislatore questa è sicuramente la strada giusta.

Questo artificioso restringimento del mercato è inaccettabile ed Ance farà tutto quanto possibile per impedire l’omicidio industriale della micro, piccola e media impresa italiana.