Da 32mila (scuole escluse) a 6mila. È un bel taglio, ma non così drastico come si immaginava un anno fa, al momento dell’approvazione della legge delega per la riforma degli appalti, quando Parlamento e Governo si erano dati l’obiettivo di ridurre a poche centinaia il numero degli enti pubblici abilitati a mettere in gara contratti per lavori, servizi e forniture.
La stima riguarda il numero delle PA che dovrebbero incontrare i requisiti di organico e curriculum stabiliti dal Ministero delle Infrastrutture nella bozza di Dpcm sulla qualificazione delle stazioni appaltanti inviata alla Presidenza del Consiglio per il via libera finale. Il decreto prevede che le stazioni appaltanti possano qualificarsi a gestire le gare per quattro fasce di importo di lavori, beni e servizi, anche in base alla dotazione di personale interno con i giusti requisiti (competenze tecniche, giuridiche o economiche).
«Abbiamo definito i requisiti prendendo come benchmark le amministrazioni qualificate di diritto in base al nuovo codice appalti – ha detto Antonella Nicotra, dirigente dell’ufficio legislativo del Mit, durante un seminario di Bankitalia sugli appalti pubblici -. Incrociando i parametri del decreto con i dati sulle amministrazioni in possesso dell’Anac abbiamo verificato che sono circa 6mila le stazioni appaltanti che potrebbero qualificarsi». Ad allargare un po’ le maglie pensa anche il decreto correttivo di riforma del codice che estende da tre a cinque anni il periodo che l’Anticorruzione dovrà prendere in considerazione al momento di contare il numero delle gare dichiarate nel curriculum dalle Pa che chiederanno l’iscrizione all’albo. Come ha spiegato la dirigente del ministero, la scelta di estendere a cinque anni il periodo di riferimento per la valutazione dei requisiti è legata al periodo di crisi del settore che ha determinato un calo deciso del numero delle gare pubbliche. «Abbiamo visto che tenendo fermi i tre anni – ha aggiunto Nicotra – il stima di 6mila stazioni appaltanti qualificate sarebbe scesa un bel po’».
Nicotra ha anche precisato che secondo le stime attuali le stazioni appaltanti in esercizio sarebbero «circa 32mila escluse le scuole». E che la riduzione prevista per decreto dovrebbe avere due effetti. «Il primo è quello di stimolare la competizione tra le amministrazioni che rischiano di perdere la possibilità di gestire il processo degli acquisti». Il secondo è aumentare la «responsabilizzazione» delle amministrazioni. «Quelle che non considerano come proprio core business la gestione degli appalti – ha concluso – potranno evitare di farlo affidandosi ad altri soggetti».