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Project management con riforma più coraggiosa

Dalla pubblicazione della Linee guida sui Responsabili del procedimento (Linee guida n. 3, determina Anac 1096/2016) le reazioni della PA sono state al quanto discordanti, tant’è che la cabina di regia di palazzo Chigi ha inviato un test da compilare on line a tutti i Rup invitandoli a segnalare le loro esperienze, positive e negative, nell’applicazione del nuovo codice.

Il rimpallo tra Anac, Mit e Consiglio di stato non ha per nulla favorito una transizione positiva di questa figura verso nuove competenze, seppur nelle more indicate dalla determina ovvero quella dell’entrata in vigore del decreto che definirà il nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti.

Ricordiamo che il Rup può svolgere anche le funzioni di progettista, direttore lavori o direttore dell’esecuzione, a condizione che sia in possesso del titolo di studio, della formazione e dell’esperienza professionale necessaria e che non ci siano conflitti di interesse, quindi oltre alle competenze di tipo gestionali si consente ancora la centralità di quelle tecniche.

Volgendo quindi uno sguardo attento a questa figura, notiamo che risulta essere sempre meno apicale e sempre più centrale negli appalti, il quadro appare sempre più contraddittorio.

Il problema lampante è che invece di arricchire l’incarico con competenze di tipo manageriale (da qui il vincolo di Anac di possedere una qualifica di project manager) che tendono a rispettare tempi, costi e qualità con un occhio attento nella programmazione ai rischi, si scontorna una figura ibrida sempre più oberata di adempimenti burocratici e poco attenta ai temi che sarebbero propri di un vero project manager.
Da più parti infatti è facile ascoltare affermazioni tipo: «Che vuoi che sia, un esame proforma, un certificatino ed il gioco è fatto».

Un arricchimento professionale di questo tipo non può e non deve soggetto a questo tipo di rumore di fondo (chiacchiericcio) soprattutto in una Italia che, come dimostrato negli ultimi eventi in Abruzzo, spesso non sa né pianificare e né programmare facendo corse, ormai quasi mensili, verso la gestione delle emergenze.
Non tenere in considerazione, ad esempio, i cambiamenti climatici e non aggiornando il piano dei rischi (sismico, valanghe, idrogeologico ecc.) con un opportuno piano di risposta si avranno sempre di più danni ingenti al territorio e al patrimonio culturale quando addirittura non si mettono in gioco le vite delle persone e degli animali. Quindi quel «certificatino» da project manager, attraverso una opportuna formazione, può essere la base di partenza per un cambio di paradigma.

Come fare?

I Rup non vanno lasciati soli. La determina Anac nei paragrafi riguardanti le competenze dei Rup può essere considerata un primo passo, ma non basta.
Ora nella qualifica delle stazioni appaltanti si dovranno inserire in organico delle figure che rappresentino davvero una struttura stabile al servizio dei responsabili del procedimento come indica l’art. 31 comma 9 del D.lgs 50/2016. In gergo manageriale, quindi si dovrà creare un Pmo («Project management office») che possa, non solo aiutare proattivamente la realizzazione dei vari progetti, ma che possa, con una attenta regia, ottimizzare tutte le risorse economiche di ogni singolo progetto in una visione prevalente di programma più che di progetto. Questione avvalorata ancor più con l’imminente arrivo del Bim e le rispettive gare che comporteranno gioco forza un riallineamento nelle competenze della Pa.

Il secondo passo è forse quello più difficile. Seguendo le buone pratiche di project management nei lavori pubblici a livello internazionale, una volta compiuta la transizione della Pubblica amministrazione, potrebbe essere utile richiedere, per determinati appalti già dalla fase di gara, anche ai soggetti economici (servizi e/o lavori) di avere nel loro organico persone qualificate in project management, in modo che si possa creare quel punto di rugiada che faccia parlare al comparto un linguaggio univoco e che tenda verso la programmazione, l’esecuzione, il controllo è la chiusura.

Riusciremo a creare una reale transizione verso un nuovo paradigma nei lavori pubblici, abbandonando l’eccesiva burocrazia, i conflitti di competenze tra organi dello stato e le reali esigenze del comparto sempre più in affanno?

Appuntamento al 19 aprile 2017, termine, ad oggi, entro il quale la riscrittura del codice dovrebbe essere compiuta, nella speranza, nel frattempo, che ogni stakeholder del comparto dia il proprio contributo.