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Nel 2100 oltre 5.500 kmq di coste italiane sott’acqua

L’Italia tra meno di 100 anni sarà molto diversa da quella odierna, con fino a 5.500 chilometri quadrati di pianure costiere ormai sommersi a causa dell’innalzamento del mare di 28-60 centimetri e dei moti tettonici. Sono i risultati di uno studio realizzato nell’ambito del progetto Ritmare da ricercatori del laboratorio Modellistica Climatica e Impatti dell’Enea e appena pubblicato su Quaternary Science Reviews.

Come spiega il direttore della ricerca, Fabrizio Antonioli, intervistato da National Geographic Italia, l’innalzamento del livello del mare previsto è diverso di zona in zona. “Alcune aree sono già oggi a zero o sottozero e la costa si abbassa, si alza o si sposta per vari motivi – spiega lo scienziato -. Da qui a qualche decennio l’innalzamento ci sarà e su questo non c’è nulla da fare, ma costruendo dighe, idrovore e prendendo provvedimenti adatti sarebbe possibile evitare gli allagamenti”.

Lo studio dell’Enea mostra i livelli del mare nel 2100 in quattro aree italiane a rischio: il Nord Adriatico, il golfo di Taranto, il golfo di Oristano e quello di Cagliari. Rispetto alle previsioni pubblicate nel 2011 che si basavano sul report IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) del 2007, spiega Antonioli, ci sono novità anche perché i dati utilizzati risalgono al 2013. Si prevede un innalzamento globale del mare che varia da un minimo di 53 centimetri a un massimo di 97 entro il 2100, a seconda del livello di gas serra presente nell’atmosfera. Come spiega il National Geographic, se anche dovesse essere raggiunto l’obiettivo di ridurre significativamente le emissioni, come previsto dalla conferenza di Parigi del 2015, il livello dovrebbe ugualmente salire a tra i 28 e i 60 centimetri.

Lo scenario descritto dalle mappe dell’Enea, però, non si giustificano esclusivamente tenendo conto dell’innalzamento delle acque. “Per ogni territorio bisogna includere nelle previsioni anche altri elementi, come i fenomeni tettonici, e questo livello di precisione si inizia a vedere solo ora – spiega Antonioli -. Noi abbiamo cercato di essere il più rigorosi possibile: grazie ai voli satellitari abbiamo acquisito mappe con definizione inferiore al metro, in grado di intercettare differenze di quota molto dettagliate. Analizzarle non è stato semplice ma integrandole con dati tettonici, quindi informazioni sulla geofisica del pianeta, ci hanno permesso di identificare sito per sito il livello del mare atteso sulle coste italiane”.