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L’Italia sul digitale è in ritardo ma ha preso la strada giusta

L’Italia è in ritardo nel campo dell’innovazione tecnologica anche se, grazie al piano nazionale Industria 4.0 e ad alcuni strumenti inseriti nella legge di bilancio 2017, si sta andando nella direzione giusta: “Alcune criticita’ di sistema restano e vanno affrontate ma la direzione di marcia è ben definita”. E’ il quadro che emerge dal Diario dell’innovazione Agi-Censis “Uomini, robot e tasse: il dilemma digitale”, presentato al Maxxi di Roma in occasione dell’#internetday. Si tratta del primo di quattro rapporti che Agenzia Italia e Censis dedicheranno nel corso dell’anno a specifici temi di attualità.

Organizzato con il patrocinio di Confindustria Digitale, il rapporto, illustrato dal segretario generale del Censis, Giorgio De Rita, è al centro di un dibattito con il direttore di AGI, Riccardo Luna, il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, il presidente della Casaleggio Associati, Davide Casaleggio, e il presidente di Confindustria Digitale, Elio Catania.

Il ritardo del nostro Paese si misura in pochi dati: la classifica del World Economic Forum, che valuta l’impatto della società dell’informazione sulla competitività, ci vede al 45esimo posto su un totale di 139 Paesi. Per il Wef preoccupa, in particolare, il ritardo nel dare importanza alle politiche in favore dell’ICT. Ritardo che si quantifica in un non lusinghiero 108esimo posto.

Investimenti nel digitale in calo

Negli ultimi anni nel nostro Paese (e nel resto dell’Europa), si legge nello studio, si è ridotto sensibilmente il flusso di investimenti in questo campo, quindi oggi dobbiamo recuperare questo gap e anche la distanza con i principali Paesi competitor. Abbiamo un ritardo considerevole “come sistema Paese e una scarsa capacità di penetrazione delle politiche di e-government”, per questo bisogna agire su tre ambiti: “accelerare nei programmi di digitalizzazione della amministrazione pubblica; ripensare alla radice progetti e meccanismi di acquisto di beni e servizi tecnologici; sostenere i progetti di investimento e di sviluppo delle imprese orientati all’introduzione di nuovi prodotti e processi integrando, laddove e’ possibile, anche gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo”.

Manca una visione di sistema

In particolare, sulla digitalizzazione della Pubblica amministrazione “da un lato negli ultimi dieci anni sono stati introdotti sistemi e servizi digitali in misura e capacità di penetrazione tali da porre il nostro Paese ai primi posti nelle economie avanzate”. Ma dall’altro “restano, in una partita che tra tecnologia e connettività vale circa 5 miliardi di euro all’anno d’investimenti pubblici, una serie irrisolta di problemi strutturali”. Mancano, in particolare, una “visione strategica di sistema, robustezza dei processi di regolazione tecnica e sviluppo integrato delle piattaforme abilitanti”. Questi, sottolinea lo studio, “sono i tre cantieri i cui ritardi di lavoro si riflettono nel ritardo complessivo della competitivita’ in materia di e-government”.

Tra gli italiani è comunque diffusa la consapevolezza del ritardo italiano. La maggioranza relativa degli italiani (44,6%) ritiene che il Paese – pur a fronte di alcune eccellenze – non stia riuscendo a tenere il passo dei paesi più avanzati in tema di innovazione. Meno pessimisticamente, il 29,6% degli intervistati è convinto che l’Italia stia cambiando, ma solo al traino di quanto avviene all’estero. Solo il 9,8% degli italiani ritiene che il gap cumulato in passato si sia ridotto negli ultimi anni. Per contro, un 15,3% di “iper-critici” sposa la tesi che l’Italia sia sprofondando tra i paesi piu’ arretrati d’Europa.

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