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Investimenti dei Comuni, 6,4 miliardi di «surplus» non speso

L’ultimo allarme sul tema è arrivato direttamente dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: «L’andamento del Pil sembra indicare che il consolidamento ha dato buoni risultati, e che la via è quella giusta», ha spiegato, ma in questo quadro risuona forte una nota stonata: «Sugli investimenti – ha detto – c’è ancora molto lavoro da fare», e non è solo una questione di stanziamenti in manovra: «C’è ancora un limite da parte della PA nella capacità di spendere e di spendere bene», sostiene il ministro. E ad aggravare il problema c’è il fatto che la sua soluzione non sembra direttamente nelle mani del governo. Uno slancio di “generosità” nella prossima legge di bilancio, per esempio, non basterebbe a superare l’impasse. Questa leva non sarebbe sufficiente ad azionare il meccanismo.

La prova del nove arriva dai numeri, e in particolare da quelli che misurano il ritmo dell’impegno locale sul tema. Dai Comuni passa la quota maggiore di investimenti pubblici, e nascono lì quelli che più velocemente si traducono in lavori effettivi e quindi in crescita reale del Pil. Nonostante le promesse di rilancio che hanno accompagnato l’addio al Patto di stabilità e la riforma del Codice degli appalti, l’encefalogramma dei pagamenti resta piatto: nei primi cinque mesi di quest’anno i Comuni hanno attivato spesa in conto capitale per 9.727 milioni, con un aumento dello 0,27% rispetto allo stesso periodo dell’anno prima e una flessione dello 0,45% sul 2015, quando il Patto di stabilità c’era ancora anche se in versione addolcita. Piccoli smottamenti da sismografo, che indicano un nulla di fatto nel bilancio dei tanti tentativi pro-investimenti di questi anni; se lo sguardo si allarga alle Città metropolitane e alle Province in perenne crisi, il panorama si fa ancora più sconfortante. Tanto più dopo una lunga fase, quella fra 2010 e 2016, in cui la febbre alta della finanza pubblica ha schiacciato gli investimenti di circa il 20%.

In quest’ottica, i primi numeri che emergono sul 2017 non fanno che confermare l’andamento bolso registrato nel 2016: la fine dei tagli lineari ha arrestato la caduta, ma l’appuntamento con l’inversione di rotta sembra rimandato di anno in anno. Il problema assume un sapore paradossale se incrociato con un altro dato. Ogni anno i Comuni registrano un «overshooting», cioè superano in misura abbondante gli obiettivi assegnati di volta in volta dalle manovre, e secondo la Ragioneria generale il fenomeno è in costante crescita: nel 2014 i sindaci hanno “risparmiato” 1,6 miliardi in più di quanto era stato chiesto dalle regole di finanza pubblica, nel 2015 la distanza fra domanda del governo e risposta dei Comuni è salita a 3 miliardi e l’anno scorso ha raggiunto la cifra record di 6,4 miliardi. Gli amministratori locali ribattono che una quota importante di quest’ultimo risparmio extra è in realtà imposta dagli accantonamenti obbligatori introdotti dalla riforma dei bilanci, e che al netto di questo fenomeno l’obiettivo di finanza pubblica sarebbe stato superato di “soli” 2,5 miliardi. Ma al di là della battaglia sulle cifre la sostanza è chiara: il Patto di stabilità “ammazza-investimenti” non c’è più, al suo posto è in vigore il più semplice pareggio di bilancio, aiutato anche da una serie di meccanismi di “solidarietà” fra territori che dovrebbero portare le possibilità di investimento dove ce n’è bisogno. Ma la svolta non c’è stata, anche perché questi complicati “mercati” degli spazi finanziari non funzionano.

Altri due numeri illustrano bene la questione. In pratica, i meccanismi di finanza pubblica prevedono che le amministrazioni locali con i conti in salute, cioè quelle che secondo i bilanci hanno possibilità di investimento superiori alle loro esigenze, possano “cedere” una parte di questi spazi agli enti in difficoltà. Chi cede ottiene dei bonus, chi acquista deve compensare l’aiuto negli anni successivi, e lo scambio può avvenire con la Regione (patto «verticale») o direttamente fra Comuni (patto «orizzontale»). Bene, quest’anno il patto verticale, alimentato dalle Regioni, ha messo a disposizione 25 milioni di euro, nonostante il fatto che i risparmi di troppo intasano anche i bilanci dei governatori (due miliardi l’anno scorso), e quello orizzontale ha spostato 125 milioni, tutti al CentroNord. Inezie.

Una spinta in più potrebbe arrivare ora dal patto nazionale, pensato per far fare allo Stato il pezzo di strada che le regioni non riescono a coprire (entro domani i Comuni devono inviare richieste e offerte). Ma l’ennesimo tentativo di cambiare ritmo sarà il tema chiave nelle discussioni di finanza locale in vista della legge di bilancio. Sul punto, visto il carattere strutturale dei risparmi in eccesso, i sindaci chiedono di destinarne una parte al finanziamento dei meccanismi di solidarietà, con l’obiettivo di generare per questa via numeri un po’ meno impercettibili di quelli registrati finora. Il tutto senza grossi costi per i saldi di finanza pubblica, compensati proprio dalla mole dei risparmi che altrimenti “si perdono” ogni anno.

 

Gianni Trovati – Il Sole 24Ore – ITALIA