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Europa-Asia in cinque minuti. Viaggio nel tunnel sotto il Bosforo

ISTANBUL: come passare da un Continente all’altro in 5 minuti netti. Di qua l’Europa, di là l’Asia. In mezzo il tunnel. Un tunnel sott’acqua. “Avrasya”, Eurasia, contrazione rapida, anche qui, dei due nomi.

Sali in auto nel pomeriggio alle 3 meno 5. Subito buio. Illuminazione artificiale. Il segnale del cellulare scompare perché ti abbassi di 100 metri sotto il livello del Bosforo. In alto, segnali fosforescenti: “Tunnel Avrasya”. Messaggi che sfrecciano ai lati: mancano 3 chilometri all’Asia, mancano 2 chilometri. Non sono nemmeno le 3, ed eccoci arrivati: “Benvenuti in Asia”, dice la scritta sulla rampa che si alza sulla sponda opposta. Luce. E quasi un mondo diverso, l’altro Continente, non fosse che siamo sempre nella stessa città: Istanbul.

Un viaggio in un lampo. Dentro un tunnel colossale, perché è un’autostrada a più corsie. Solo che è interamente sotterranea, anzi subacquea, tutta sotto lo Stretto. Un progetto quasi fantascientifico. Due corsie sopra per l’andata verso l’Asia, due sotto per quella in Europa. Ma ovunque, sull’asfalto, la solita avvertenza a caratteri cubitali: “Yavas!”. Piano, andate piano: 70 chilometri orari al massimo, non uno di più. Le auto della polizia fanno buona guardia a inizio e fine tratta. E qui, non sono certo teneri.

Istanbul, per definizione, geografia, e pure per storia e cultura, è una città di ponti. Da poco ne hanno tirato su un terzo, dopo quello sul Bosforo, e dopo il secondo che si chiama Sultano Fatih Mehmet, c’è adesso il ponte Sultano Yavuz Selim. E in una metropoli di 20 milioni di anime, la sola a estendersi su due Continenti, il volume del traffico è cosa che si fatica a descrivere. Dice Mesut, un manager da una settimana trasferitosi a Bodrum, nel sud della Turchia, per cambiare vita: «Quelle 3 ore che impiegavo a Istanbul per andare al lavoro, ora finalmente le dedicherò alla lettura».

E così quella che un tempo era Bisanzio, poi Costantinopoli e perciò la Nuova o seconda Roma (definizione quanto mai calzante anche per il traffico), ha dovuto sviluppare alternative a quella che è considerata una vera piaga per gli istanbulioti. Perché la congestione delle auto si mangia la città. Dopo il terzo ponte è allora venuto il progetto Marmaray, metro subacqueo avviato nel 2013. E ora, poco più a Sud, è la volta della galleria Eurasia.
Inaugurata un mese fa dal presidente Recep Tayyip Erdogan, è stata costruita a tempo di record e aperta con 8 mesi d’anticipo. Lunghezza: 14,6 km, tratto sottomarino: 5,4 km, profondità massima: 106 metri. È attraversata ogni giorno da 100mila veicoli, portando i tempi di percorrenza da 100 minuti a 15. Il progetto è costato 1.245 miliardi di dollari, e realizzato da un consorzio turco-sudcoreano.
Non tutti sono stati d’accordo sulla sua costruzione. A lungo il piano è stato contestato dagli ambientalisti, per i quali il governo continua a macinare progetti tesi ad alimentare speculazioni edilizie. Alle proteste ha risposto il ministro dei Trasporti Ahmet Arslan: «Avrasya consente di ridurre non solo i tempi di percorrenza, ma pure le emissioni di gas nocivi normalmente presenti nel traffico cittadino. Ci preoccupiamo degli aspetti ecologici, che invece ci stanno a cuore per questa città considerata un patrimonio mondiale, e non solo nostro».

Il tassista Azimet non percorre la galleria sempre. «Ecco, vede – dice questa volta indicando il tariffario che lampeggia all’ingresso del ritorno dall’Asia in Europa – sono 15 lire turche (quasi 4 euro). Non tutti se lo possono permettere, per soli 5 minuti di strada». Vero, ma quei 5 minuti fanno saltare un’ora di fila. Al ponte sul Bosforo la tariffa è meno della metà, 7 lire turche. Però spesso anche i ponti sono intasati di macchine. I battelli, di sotto, costano pure meno: 4 lire, cioè 1 euro, e appena 10 minuti di attraversata. Ma se c’è il mare grosso addio Asia, o addio Europa. E allora non resta che portarsi al quartiere europeo di Kumkapi, percorrere il tunnel, e approdare 5 minuti dopo sull’asiatica sponda di Koshuyolu. L’autista Azimet ci ha preso gusto. Si volta verso il sedile posteriore, e prova un sorriso: «Vuol fare ancora il giro?».