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Dal subappalto ai lavori in house: dubbi sul decreto Correttivo

Il rischio di cattivo coordinamento tra alcune innovazioni normative e la versione più “consolidata” del nuovo codice appalti, ma soprattutto i dubbi che alcune modifiche introdotte dal Correttivo finiscano per travalicare i limiti concessi dalla legge delega approvata un anno fa, esponendo il decreto approvato in prima lettura dal Governo al rischio di ricorsi.

Nel dossier messo a disposizione dei Parlamentari, alle prese con il parere sul decreto di modifica del Dlgs 50/2016, i tecnici di Camera e Senato fanno le pulci al provvedimento, non mancando di segnalare le criticità legate anche ad alcuni pilastri del sistema come il subappalto, la clausola sociale, i lavori delle concessionarie. La loro guida alla lettura, appena pubblicata sul sito, chiede diverse correzioni al testo. In alcuni casi, servirà una semplice opera di “drafting”: revisione di errori, limature, aggiustamenti minimi. In altri, invece, ci sono problemi di merito più profondi, che arrivano a ipotizzare l’eccesso di delega.

Subappalto

Un paio di rilievi arrivano sulle modifiche previste per il subappalto. Una prima indicazione riguarda la scelta di spostare dall’importo complessivo del contratto alla sola categoria prevalente il tetto del 30% sui subaffidamenti, ripristinando in sostanza la vecchia disciplina che consentiva il subappalto del 100% delle categorie scorporabili e dunque ampliando la possibilità di cedere a terzi quote di lavoro. Passando in rassegna le novità il servizio studi del Parlamento fa notare subito che nel parere rilasciato l’anno scorso sulla bozza del nuovo codice «tra i rilievi inseriti, si prevedeva che l’eventuale subappalto non potesse superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture».

Ancora più puntuale l’obiezione mossa sulla scelta di spostare dall’offerta alla stipula del contratto il momento in cui le stazioni appaltanti potranno chiedere alle imprese di indicare una terna di subappaltatori nei contratti sottosoglia. Secondo i tecnici la disposizione non solo rischia di travalicare i paletti imposti dalla delega, ma anche di porsi in contrasto con le indicazioni contenute nelle direttive Ue. «La disposizione in esame, che prevede che l’indicazione della terna di subappaltatori avvenga all’atto della stipula del contratto – si legge infatti nel dossier – , andrebbe valutata, per un verso, alla luce del criterio di delega di cui alla lettera rr) sulla base del quale, nei contratti di lavori, servizi e forniture, l’indicazione deve avvenire in sede di offerta e, per l’altro, tenendo conto di quanto prevede la direttiva 2014/24/UE, la quale, pur lasciando liberi gli Stati
membri di obbligare le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori a chiedere all’offerente o al candidato di indicare i subappaltatori proposti, prevede che tale indicazione avvenga in sede di offerta».

Lavori in house dei concessionari

Un alert sul rischio di andare fuori delega arriva anche sui lavori in house dei concessionari. Il nuovo codice introduce (dall’aprile 2018) il sistema 80-20 che obbliga le società che hanno ottenuto le concessioni senza gara ad appaltare a terzi l’80% dei lavori, mantenendo la possibilità di assegnare in house a ditte controllate soltanto la quota rimanente.

Il Correttivo «sblinda» questo assetto eliminando dal calcolo i lavori eseguiti in via diretta e quelli di manutenzione ordinaria , che a ben guardare potrebbero riguardare una fetta consistente dei contratti. Per tecnici questa disposizione « andrebbe valutata alla luce del criterio di delega di cui alla lettera iii) del comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 11 del 2016, che prevede l’obbligo di affidare una quota pari all’80 per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo superiore a 150.000 euro mediante procedura ad evidenza pubblica» .

Esclusione automatica delle offerte anomale

Più di un dubbio, ma questa volta di chiarezza dell’impianto normativo, viene espresso sulla nuova formulazione dell’articolo 97 che disciplina i metodi di verifica ed esclusione delle offerte anomale. Nel dossier, in particolare, si nota una contraddizione relativa agli appalti di lavori. Il Correttivo, infatti, modificando l’articolo 8 del nuovo codice sembra ipotizzare la possibilità che anche per i lavori di importo superiore al milione (ma rimanendo sotto la soglia Ue di 5,22 milioni) si possa ipotizzare l’applicazione del criterio del massimo ribasso con esclusione automatica delle offerte anomale.

La misura rischia di cozzare con la norma più generale che vieta l’utilizzo del massimo ribasso per gli appalti di lavori di importo superiore al milione. E i tecnici non mancano di farlo notare, segnalando che « l’art. 95, comma 4, consente di utilizzare il criterio di aggiudicazione del minor prezzo solo al di sotto del milione di euro». «Appare quindi opportuno – si legge ancora – un coordinamento delle disposizioni».

Clausola sociale

Dubbi vengono sollevati anche sulla scelta di rendere obbligatoria l’applicazione della clausola sociale nei cambi di appalto ad alta intensità di manodopera. Il dossier innanzitutto ricorda che i criteri delega prevedono semplicemente «l’introduzione di “clausole sociali” volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato». Poi aggiunge che «per costante giurisprudenza (cfr. parere dell’Autorità AG 25/13) la clausola sociale non deve essere intesa come un obbligo di totale riassorbimento dei lavoratori del pregresso appalto, ma viceversa, deve prevedere che le condizioni di lavoro siano armonizzabili con l’organizzazione dell’impresa subentrante». Infine conclude ricordando che «la questione dei cambi di appalto nei settori ad alta intensità di manodopera è stata oggetto, nell’attuale legislatura, di un’indagine conoscitiva (specificamente sul settore dei call center) della XI Commissione, la quale nel documento conclusivo ha osservato che “la questione non si presta ad essere affrontata con strumenti legislativi”, per cui “la strada che appare più agevolmente praticabile è quella della definizione di precise regole procedurali di confronto sindacale”».

Albo dei direttori lavori e collaudatori

Anche le novità normative sull’albo dei collaudatori e direttori dei lavori nelle opere affidate a general contractor rischiano di non “coprire” del tutto le indicazioni assegnate con la delega. Sotto osservazione finisce la norma che impone al ministero di stabilire i requisiti per l’iscrizione all’albo. Sul punto il servizio studi segnala che «il criterio di delega di cui alla lettera mm) dell’articolo 1 della legge n. 11 del 2016 stabilisce che siano previsti “specifici requisiti di moralità, di competenza e di professionalità”, mentre la norma fa generico riferimento ai requisiti».

Débat public

L’ultima segnalazione riguarda il dèbat public. Qui l’obiezione riguarda la scelta di modificare le norme prevedendo che le conclusioni del dibattito pubblico non vengano più valutate in sede di elaborazione del progetto definitivo, ma più genericamente «in sede di predisposizione delle fasi successive di progettazione», senza peraltro essere «più discusse in sede di conferenza di servizi». Disposizioni che, si segnala nel dossier, cozzano con la delega che prevede «che le osservazioni entrano nella valutazione in sede di predisposizione del progetto definitivo».