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Cipe, no della Corte dei Conti al via libera accelerato delibere

L’obiettivo del governo sembrava a portata di mano: accelerare la procedura di attuazione delle decisioni del Cipe quando si tratta di semplice parere, passaggio intermedio verso un provvedimento finale che spetta a soggetti diversi dalla presidenza del Consiglio emanare. Anziché la consueta delibera, da formalizzare e sottoporre a visto preventivo del Ministero dell’Economia e poi a registrazione della Corte dei Conti, un semplice documento contenente il parere, da girare al Ministero competente per l’atto finale (e alla Corte dei Conti solo “per conoscenza”).

Ma la Corte dei Conti ha detto di no, che non si può immaginare che una decisione assunta dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) possa non essere sottoposto alla registrazione dell’organo di controllo sulla legittimità degli atti pubblici.

Il punto riguarda soprattutto, parlando di investimenti infrastrutturali, i pareri che il Cipe, per legge, deve dare sugli schemi di contratti di programma Anas e Rfi, e sugli schemi di convenzione delle concessionarie autostradali.

L’innovazione, su proposta del Dipe (Dipartimento programmazione economica, presidenza del Consiglio), è stata adottata per la prima volta dal Cipe nella seduta del 10 agosto scorso, per i pareri al Contratto Rfi 2016 (8,9 miliardi di euro di investimenti) e per l’aggiornamento quinquennale di 10 piani finanziari di altrettante società concessionarie autostradali (investimenti previsti per 5 miliardi di euro, di cui 1,4 miliardi nel 2017-2018).

In entrambi i casi il Cipe, previa consultazione informale con la Corte dei Conti (che sembrava d’accordo su questa nuova impostazione), aveva introdotto questo nuovo ragionamento “giuridico”: visto che le leggi di settore, sia per Rfi, per Anas e per le autostrada, prevede che quello del Cipe sia solo un parere, ma che il vero provvedimento approvativo sia un decreto del Ministero delle Infrastrutture (di concerto con il Ministero dell’Economia), la verifica di legittimità della Corte dei Conti (registrazione, o in gergo “visto”) verrebbe data due volte, prima sul parere Cipe e poi sul decreto Mit-Mef.

Finora, infatti, anche i semplici pareri del Cipe venivano formalizzati con una delibera, da firmare da parte del presidente del Consiglio, sottoporre a visto preventivo contabile della Ragioneria generale dello Stato e poi visto della Corte dei Conti. Da quest’anno l’innovazione: il parere è solo un parere, si scrive e si manda al Ministero delle Infrastrutture. Questo significa risparmiare almeno 4-5 mesi.

Ma la Corte dei Conti ha cambiato il consigliere delegato per la materia, e il dialogo tra presidenza e magistrati contabili si è bruscamente interrotto. Il 3 gennaio una comunicazione formale spiegava a Palazzo Chigi che anche un parere deve considerarsi come provvedimento, come tale da sottoporre a registrazione come tutti gli atti della Pa.
La presidenza getterà la spugna, nessuno ipotizza un conflitto di attribuzioni da sollevare presso la Corte costituzionale (il timore sono “vendette” della Corte sugli atti da registrare, oltre al polverone politico).

Si tratta però del secondo schiaffone ricevuto dalla presidenza del Consiglio rispetto ai suoi obiettivi di rafforzamento e velocizzazione del Cipe. I tempi lunghi del Cipe sono noti da anni, e fin dall’inizio il governo Renzi ha tentato di accelerare e semplificare, oltre che rafforzare l’autonomia decisionale della presidenza rispetto ai Ministeri.

Sui tempi, il primo ostacolo era una sorta di “visto” che la Ragioneria si è sempre riservato dopo la seduta della delibera, e che spesso ha portato via diversi mesi. Il ministero dell’Economia – ha sempre ragionato la presidenza del Consiglio – partecipa già ai pre-Cipe (tecnici) e ai Cipe (il ministro dell’Economia), che bisogno c’è di un altro via libera? Ma non c’è stato niente da fare, questo visto preventivo resta, ormai è una battaglia conclusa (e vinta da via XX settembre).
Nel merito c’era invece il progetto, condiviso dall’allora premier Matteo Renzi, di farsi mandare dai ministeri i programmi e progetti un anno prima della maturazione delle delibere, per consentire a Palazzo Chigi di selezionare le cose da mandare avanti con priorità, e non solo di analizzare tecnicamente la singola decisione proposta. Ma anche di questo non si è più fatto nulla, bloccati dalla gelosia di ministri e strutture dei vari dicasteri.

Da ultimo è arrivato il progetto per “saltare la Corte dei Conti” quando il Cipe vota solo un parere, ma anche questo – come abbiamo visto – è andato a monte.

Nonostante tutto, comunque, il Cipe ha macinato risultati in questi ultime tre anni, e anche i tempi dalla seduta alla pubblicazione finale si sono notevolmente ridotti (accelerando soprattutto la fase della “redazione” delle delibere, che dipende solo da Palazzo Chigi).

Dal 23 febbraio 2014, durante il Governo Renzi, ci sono state 16 sedute del Comitato, di cui 5 nel 2014, 7 nel 2015 e 4 nel 2016. Sono state adottate 244 delibere, di cui 50 nel 2014, 124 nel 2015 e 70 nel 2016, e adottati 14 pareri (quelli del 10 agosto, ma questa procedura non si ripeterà).
I finanziamenti attivati dal Cipe nel 2014-2016 sono stati complessivamente di 76,5 miliardi di euro, di cui 6,5 miliardi nel 2014, 22,8 miliardi nel 2015 e 47,2 miliardi nel 2016, anche grazie alla programmazione del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (Fsc) 2014-2020.
Circa i settori d’intervento, sono stati: infrastrutture dei trasporti per 44,2 miliardi di euro; ambiente ed energia per 8,1 miliardi; ricerca, cultura e turismo per 5,7 miliardi; sostegno alla competitività delle imprese per 5,6 miliardi; ricostruzione post sismica per 3,7 miliardi; programmi operativi complementari per 2,8 miliardi ; banda ultralarga per 2,2 miliardi.

Tornando ai pareri di agosto, il Contratto Rfi e le convenzioni autostradali si sono sbloccati (il primo) e bloccati (le seconde) a prescindere dallo stop della Corte dei conti ai pareri in versione accelerata.
L’Addendum 2016 era arrivato velocemente in Parlamento per i pareri, ma lì stava procedendo a rilento, e il governo ha deciso l’approvazione per legge (senza dunque registrazione della Corte dei Conti) con un emendamento al decreto Fiscale di ottobre.
Per i piani autostradali, invece i piani erano bloccati, perché le società hanno contestato nel merito i pareri, considerando il Wacc (su cui si costruiscono le dinamiche tariffarie) sottostimato: dunque le trattative in sede Mite erano impantanate nel merito, a prescindere dalla Corte dei Conti.