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Anas, l’Economia blocca il Contratto di programma

Previsto dalla legge di Stabilità 2016, dato per firmato da mesi (dall’ottobre scorso), il nuovo Contratto di programma Anas, quello con il “corrispettivo” e l’autonomia finanziaria, è tornato in alto mare, forse a rischio fallimento.
Il Ministero dell’Economia torna a mettere in dubbio che si possa far uscire l’Anas dalla pubblica amministrazione con un “corrispettivo di servizio” che non ripaga (sulla base di parametri) solo il servizio, ma anche il costo degli investimenti.

Eppure è una norma di legge a prevedere l’innovazione, l’articolo 1 comma 868 della legge di Stabilità 2016: il Contratto di programma tra Anas e il ministero delle Infrastrutture ha durata quinquennale, e «definisce il corrispettivo annuale a fronte delle opere da realizzare e dei servizi da rendere sulla base di un piano pluriennale di opere e di un programma di servizi sulla rete stradale. Il contratto di programma stabilisce, altresì, gli standard qualitativi e le priorità, il cronoprogramma di realizzazione delle opere».

L’obiettivo, come noto, era da una parte liberare l’Anas dall’incertezza dei finanziamenti statali “anno per anno”, incerti sia nella quantificazione in ogni legge di bilancio sia nelle erogazioni di cassa. E dall’altra prevedere un meccanismo che consentisse di poter considerare gli introiti di Anas “da mercato” per oltre il 50% delle sue spese (correnti e di investimento), potendo così di conseguenza decontabilizzare la società (al 100% statale) dal bilancio pubblico ai fini delle regole di contabilità europee. Questa a cascata avrebbe consentito all’Anas di indebitarsi sul mercato (fuori dal debito pubblico).

Se ne parla da anni, saltò con la legge di bilancio 2016 l’attuazione immediata con il meccanismo dello “storno accise” (proposto da Armani e il ministro Delrio) ma fu poi inserita la norma quadro citata sopra, che impone di firmare (senza termini, però) un contratto innovativo basato sul sistema del corrispettivo. L’oggetto del contratto deve essere «le attività di costruzione, manutenzione e gestione della rete stradale e autostradale non a pedaggio nella diretta gestione dell’ANAS Spa nonchè di servizi di interconnessione, decongestione, salvaguardia e sicurezza del traffico che l’ANAS Spa garantisce in tutto il
territorio nazionale».

Il presidente dell’Anas Gianni Armani aveva annunciato il 5 ottobre che il contratto era pronto per la firma, e che l’obiettivo era renderlo operativo entro l’anno. Fra l’altro a settembre l’assorbimento dell’Anas nel Gruppo Fs era stato annunciato nel piano industriale dell’Ad Renato Mazzoncini, che aveva spiegato come «l’autonomia finanziaria dell’Anas era un passo propedeutico, da fare prima della fusione».

Con le delibere Cipe su Patti per il Sud e Programmi Fsc, inoltre, si sono aggiunti altri 6 miliardi per specifiche opere Anas (anche queste da inserire nel Contratto), cosa che con i fondi per le opere in corso per 3,4 miliardi e quelli della Stabilità 2016 per 6,6 miliardi farebbero salire le risorse totale per Anas a 16 miliardi di euro, su un totale di investimenti previsti nella bozza di CdP per 23,5 miliardi (in cinque anni).

Da fine anno, però, il contratto Anas è sparito dai radar delle dichiarazioni pubbliche, né Armani né il ministro Delrio ne parlano più.

Ora si scopre il motivo. Il Ministero dell’Economia sta facendo melina da mesi, chiedendo modifiche e integrazioni, e a quanto abbiamo appreso le perplessità sono sostanziali. Sembra nuovamente emergere la linea secondo la quale l’operazione non è strutturalmente fattibile (già a fine 2015 c’era una parte del Mef che non avrebbe voluto il comma 870 della Stabilità 2016). Si ritiene cioè che mentre è sostenibile un corrispettivo (pagamento statale all’Anas) basato sul servizio, su parametri quantitativi e qualitativi misurabili e monitorabili, non sarbbe compatibile con le regole Eurostat la parte di corrispettivo legata agli investimenti. L’organo di contabilità della Commissione Ue, dunque, ce lo boccerebbe.

Questa formula è però, ormai, prevista per legge, sembra paradossale che ora la si possa bloccare. Della serie: “Abbiamo scherzato!”.

Inoltre, grazie a quella norma, l’Anas ha ora tutte le nuove risorse bloccate (6,6 miliardi in bilancio e 6 miliardi Fsc) in attesa del nuovo Contratto.
Spieghiamo meglio. I progetti dei precedenti Contratti di programma, finanziati per circa 3,4 miliardi sono infatti in esaurimento; queste risorse, i 3,4 miliardi, sono in esaurimento. Per alimentare le manutenzioni straordinarie (gli accordi quadro lanciati nel 2016) e per avviare progettazioni e nuovi appalti, il “patto” era sbloccare tramite il CdP i 6,6 miliardi messi in bilancio già con la Stabilità 2016, ma al momento congelati.

«Il nuovo contratto di programma – aveva spiegato nei mesi scorsi il presidente dell’Anas Gianni Armani – consentirà di utilizzare subito i 6,6 miliardi di euro già inseriti nel bilancio statale dal 2016 al 2020, e senza più limiti di spesa per cassa e con piena flessibilità tra le diverse destinazioni». L’obiettivo di Anas era di rendere operativo il nuovo contratto tra fine 2016 e inizio 2017, e di conseguenza aumentare gli investimenti, nel 2017, a 2,2/2,3 miliardi (rispetto agli 1,8 spesi nel 2016), per poi salire progressivamente fino a tre miliardi all’anno.

Un obiettivo, quello di salire dagli 1,8 miliardi di investimenti 2016 a 2,2/2,3 miliardi nel 2017, che è già considerato dall’Anas ormai fuori portata, anche se si firmasse il nuovo contratto di programma domani mattina.

Dopo la firma tra il presidente Armani e il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, il Contratto deve essere approvato dal Cipe («di concerto con il ministero dell’Economia per quanto attiene gli aspetti finanziari») e la delibera registrata dalla Corte dei Conti. Tenendo conto dei tempi degli ultimi mesi ci vorranno almeno 4-5 mesi dalla firma alla pubblicazione in Gazzetta. Si arriverebbe all’estate, e metà anno sarebbe perduto. Già ora l’Anas sta finendo le risorse, e a breve sarà costretta a rallentare l’attuazione del programma di manutenzione straordinaria, il #bastabuche, anche per le gare già aggiudicate. Una volta firmato l’accordo quadro, infatti, è previsto l’avvio dei singoli cicli di interventi con appalti attuativi, “a valle”, con quantità, importi e tempi. Ebbene, questi rischiano di rallentare se il nuovo CdP non sarà firmato e formalizzato a breve. Ma di fatto la carenza di risorse si fa già sentire in casa Anas.

E l’impatto non è solo per le manutenzioni, ma anche per l’avvio di nuove opere, che già erano state rallentate dal codice appalti, dal divieto di appalto integrato. Anas ha lanciato gli accordi quadro per le manutenzioni, ma ora se non si sbloccano i fondi con il Contratto 2016-2020 anche le progettazioni subiranno ritardi (nel CdP ci sono 100 milioni per le progettazioni), e di conseguenza tutta la filiera che dovrà portare alle gare e ai lavori nel 2018 e 2019.

Sulle grandi opere, o meglio le “nuove opere”, Anas ha praticamente svuotato i cassetti, con opere in appalto per 1,2 miliardi, mentre tutte quelle previste dal nuovo Contratto, da progettare, autorizzare e appaltare, per un valore di 12 miliardi di euro, sono ferme, fin dalla fase iniziale dei progetti.

La macchina Anas, dunque, che da un anno e mezzo il governo annuncia di voler modernizzare, velocizzare, rendere autonoma, integrare industrialmente con Fs, è stata invece dallo stesso governo ingolfata più di prima, con neppure la possibilità di attingere alle risorse già appostate in bilancio.

Chissà che Armani, ormai esasperato da queste continue richieste inevase e questi continui stop del Mef, stia di nuovo pensando a quelle dimissioni già paventate per la vicenda delle assunzioni. Fra l’altro resta ancora bloccato anche il nodo contenzioso, gli 800 milioni da “liberare” dal bilancio Anas per fare le transazioni. Anche questo era un passaggio obbligato ai fini dell’integrazione con Fs.