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Top 25 costruttori, grandi imprese in salute grazie all’estero

Nel disastro dell’industria italiana delle costruzioni – colpita da otto anni consecutivi di crollo del mercato interno – il “top” (in questo caso le prime 25 imprese generali per fatturato 2015) non se la cava male.
In primis perché i grandi nomi aumentano la quota di attività all’estero (con contratti in genere remunerativi ma anche diversificando nei Paesi più industrializzati) senza dimenticare che nel mercato domestico godono di posizioni di rendita in grandi contratti firmati in passato e “blindati”. Quanto ai lavori “in house” l’evidenza è contradditoria: non sempre ne beneficiano redditualmente.

I NUMERI 2015

Partiamo dai numeri di bilancio, anticipazione delle «Classifiche» complete che usciranno su «Edilizia e Territorio» a ottobre. Nel 2015 le prime 25 imprese crescono solo del 2,2% nonostante un fatturato all’estero lievitato del 14,8% che porta la sua incidenza dal 49,1% del 2014 al 55,2% attuale. A spiccare per l’aumento dei ricavi sono Pavimental (più 27,1%), Sicrea (al debutto nella top 25 grazie a un più 22,9%) e Ghella (più 22,5%).
A livello reddituale al miglioramento di ebitda ed ebit (rispettivamente più 9,1% e più 10,9%) non corrisponde una crescita degli utili, che al contrario si assottigliano del 22,2%. I migliori tre ebit margin sono quelli di Ghella (14,6%), Toto (12,2%) e Astald i (9,7%).
Nonostante un indebitamento appesantito del 9%, esso è ancora ben coperto dal patrimonio netto arricchito del 4,2%: il debt equity di 0,58 è infatti ben sotto i livelli di guardia. Nel 2015 sono sei (cinque nel 2014) le imprese che possono fregiarsi di una posizione finanziaria netta attiva: Colombo Costruzioni, Vianini Lavori, Carron (new entry in questo club), Strabag, Intercantieri Vittadello e Collini Lavori.
A livello commerciale il portafoglio ordini (47,6% all’estero) sale dell’8,3% e copre quasi sei anni di produzione.

CHI E’ IN DIFFICOLTA’

In classifica manca Mantovani. Posseduta dalla finanziaria Serenissima della famiglia Chiarotto sconta il disastro del Mose (dopo aver tanto beneficiato di una posizione dominante nel Consorzio Venezia Nuova), non trova sostanziali sbocchi all’estero e fallisce almeno due trattative di alleanze con Cimolai e Rizzani de Eccher (in realtà interessati ad altra società del gruppo, Fip Industriale con ottime prospettive nei dispositivi antisismici). Questo pone alla famiglia il dilemma se ricapitalizzare Mantovani probabilmente disinteressandosi della società di ingegneria Hydrostudio e di impiantistica Palomar.
Ma non è da meno il forte ridimensionamento di Unieco che, come la precedente, lotta per la sopravvivenza. Accomunata alle altre grandi cooperative che hanno successivamente lasciato il campo per capitalizzazione insufficiente a fronte di una patrimonializzazione diventata sterile in un mercato immobiliare in crisi strutturale: Cesi, Cmr, Consorzio Etruria, Coopcostruzioni, Cooperativa di Costruzioni, Cooperativa Muratori Reggiolo, Coopsette, Iter e Orion.
L’altra impresa che sconta le difficoltà del Mose (era socia del Consorzio Venezia Nuova quasi al livello di Mantovani) è Grandi Lavori Fincosit, che però può contare su un’attività estera di lungo corso. Qui i veri problemi sono quelli delle società collegate facenti capo alla famiglia Mazzi (l’impresa di lavori marittimi Pietro Cidonio e la società di ingegneria Technital). L’anno scorso risultavano colloqui con il gruppo Gavio (la cui impresa Itinera è inadeguata alle aspirazioni di chi ha dovuto rinunciare al controllo di Impregilo, soprattutto all’estero), senza esiti come è il caso quando divergono interessi di famiglie imprenditoriali.
Altre due imprese che hanno avuto amministratori inquisiti, sono Icm (ex-Maltauro) e Tecnis. La prima, in un ammirevole sforzo di rilancio ha cambiato nome e potenziato anche qualitativamente l’attività all’estero.
In vera difficoltà è invece Tecnis, sulla quale pesa una sicilianità che già in passato spazzò via le maggiori realtà della Regione. Dopo il sequestro delle azioni la società prosegue l’ordinaria amministrazione per terminare i lavori (in Italia essendo la Tunisia impraticabile) ma senza più futuro.
Merita anche citare Vianini Lavori (che il gruppo Caltagirone ha inopinatamente ritirato da una quotazione in Borsa trentennale), tornata a lavorare all’estero (questa volta in Europa) dopo uno iato di oltre vent’anni.
Ultima notazione: Strabag, unico gruppo europeo attivo nel nostro Paese, è presentato con i dati di bilancio della filiale italiana (che proviene da Adanti, acquistata nel 2008).

LA CLASSIFICA

Nessuna novità nelle “regine” della classifica. Confermate nel posizionamento anche quest’anno (con l’eccezione di Pizzarotti scivolata dopo Cmc).
Salini Impregilo, “inchiodata” in Europa alla 16° posizione, ha raggiunto un’esposizione all’estero (85 per cento) preoccupante. Ma mitigata dallo scorso novembre dall’acquisto della statunitense Lane che dovrebbe portare l’incidenza del più grande e ricco mercato al mondo nel fatturato al 25%. Astaldi (ormai l’unica altra quotata) scende a 29° in Europa. Poco meno esposta all’estero di Salini Impregilo, evidenzia un indebitamento in ulteriore peggioramento a causa di troppi contratti in project financing. Entrambe danno lustro al Paese con opere mirabili: il raddoppio del Canale di Panama e il terzo Ponte sul Bosforo.
Condotte (gruppo Ferfina) cresce più delle altre ma resta fuori dalle prime cinquanta europee. Il successivo acquisto di Cossi, Lgv (CH) e Inso si dimostra lungimirante sia nei contratti di infrastrutture ferroviarie che di edilizia ospedaliera.
La cooperativa Cmc cresce, in Italia come all’estero facendo leva sulla sua specializzazione nel tunnelling, rafforzata dall’acquisto di un ramo d’azienda di Seli (mentre la società Seli Overseas è stata rilevata da Glf). Chiude il gotha a cinque Pizzarotti, ammirevole per il dinamismo che la porta ad aggredire mercati sfidanti come il francese e lo statunitense con interventi sia di edilizia privata che di opere pubbliche.