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Riforma appalti, slitta ancora l’ok in Consiglio dei ministri

Assume una fisionomia pressoché definitiva il decreto legislativo che attua la legge delega sulla riforma degli appalti ma non è ancora certo che il provvedimento vada all’esame del Consiglio dei ministri oggi o domani. Il lavoro di rifinitura richiede più tempo del previsto e incrocia anche nodi rilevanti come quello del sistema di qualificazione delle imprese, per cui resta fissata la soglia di un milione di euro sotto la quale non è necessaria la certificazione Soa.

Intanto nell’ultima versione, che conta di 230 articoli, sono stati definiti alcuni capitoli fondamentali come quelli sui poteri dell’Anac (che gestirà anche una Banca dati unica sostitutiva delle molte esistenti oggi e facenti capo a varie amministrazioni), sul subappalto, sulla qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza (che comunque restano un elemento di tensione con i comuni), mentre dall’ultima stesura escono fortemente potenziate le norme sulla validazione dei progetti (per cui sono dettagliate le attività e i soggetti che possono svolgerla), quelle sui motivi di esclusione ad opera della singola stazione appaltante (in base a sentenze per reati gravi o anche per gravi inadempimenti contrattuali del passato) e quelle sulla risoluzione dei contenziosi per via extragiudiziale. In pratica saranno sei le strade che potranno evitare il ricorso davanti al giudice, in parte sulla scia di quanto accade oggi (sia pure con qualche correzione), in parte con strumenti nuovi o riesumati (come gli arbitrati).

Le sei alternative al giudice sono l’accordo bonario per i lavori, l’accordo bonario per servizi e forniture, il collegio consultivo tecnico, la transazione, l’arbitrato e la definizione stragiudiziale su parere vincolante dell’Anac. La norma è stata meglio precisata con la necessaria adesione preventiva delle parti. Su quest’ultimo punto scommettono comunque Raffaele Cantone e la sua Autorità anticorruzione, proprio in virtù del fatto che il parere viene trasformato in vincolante e dovrebbe così rafforzare un istituto che già funziona su base facoltativa.

Uno degli snodi fondamentali del nuovo sistema è la qualificazione delle stazioni appaltanti. L’Anac terrà un apposito elenco di cui faranno parte anche le centrali di committenza. Le amministrazioni non qualificate potranno scegliere fra varie strade: il ricorso autonomo agli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate (tipo Consip), il ricorso a una centrale di committenza qualificata, l’aggregazione con una o più stazioni appaltanti aventi la necessaria qualificazione. I comuni non capoluogo potranno fare ricorso a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati o ancora fare ricorso a unioni di comuni qualificate come centrali di committenza ovvero associarsi o consorziarsi in centrali di committenza.

Cambia, inoltre, la modalità di abrogazione progressiva delle norme vigenti (soprattutto il regolamento generale): le disposizioni del periodo transitorio vengono inserite al termine dei singoli articoli, con l’indicazione delle norme vigenti che sopravvivono temporaneamente o altre disposizioni che in genere tendono a dilatare i poteri delle stazioni appaltanti sul singolo affidamento. Due esempi: in attesa delle linee guida Anac, saranno le stazioni appaltanti a inserire nei bandi i requisiti necessari per società di ingegneria e società tra professionisti; fino all’emanazione delle disposizioni Anac sull’albo dei commissari delle commissioni giudicatrici, le stazioni appaltanti continueranno a nominare i commissari «secondo regole di competenza e trasparenza preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante».