Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Riforma appalti, corsa per non sforare la scadenza del 18 aprile

Prove di accelerazione sulla riforma degli appalti. Secondo indiscrezioni, la commissione governativa incaricata di riscrivere il codice del 2006 si sarebbe data l’obiettivo di arrivare a una bozza consolidata da licenziare entro metà febbraio. Un traguardo difficile da raggiungere, visto che si sono appena concluse le prime consultazioni (svolte via mail) con le associazioni di riferimento del settore. Ma in qualche modo imperativo, laddove si volesse tentare di rispondere in modo rigoroso al compito di recepire le direttive europee su appalti, concessioni e settori esclusi entro il 18 aprile, data in cui scade il termine per trasferire nel nostro ordinamento i contenuti delle direttive 23, 24 e 25/2014 entrate in vigore il 17 aprile di due anni fa.

A dettare l’agenda è proprio la legge con i 72 criteri di delega (legge n.11/2016) andata in Gazzetta la settimana scorsa. Il comma 3 (la legge è formata da un solo articolo) scandisce i tempi dell’approvazione del decreto legislativo destinato a mandare il pensione il vecchio Dlgs 163/2006. Si tratta di un iter piuttosto complicato, che prevede il concerto e la consultazioni di diversi organi istituzionali, prima dell’approvazione definitiva del provvedimento da parte del governo.

Dopo il primo passaggio in Consiglio dei ministri lo schema di decreto deve essere inviato a Consiglio di Stato e Conferenza Unificata per un parere da rendere entro venti giorni dalla trasmissione. Nello stesso momento («contestualmente», dispone la delega) il decreto deve essere trasmesso alle commissioni parlamentari «competenti per materia e per i profili finanziari». Le commissioni hanno un termine più ampio, trenta giorni, per esprimere il proprio parere. Decorsi i termini (20 giorni per Consiglio di Stato e Conferenza unificata, 30 per il Parlamento) il decreto può essere adottato senza conseguenze. Se , invece, dalle commissioni parlamentari arrivano richieste di correzioni relative a disposizioni del provvedimento ritenute «non conformi» ai criteri di delega il Governo è tenuto a rispondere, correggendo il testo oppure motivando la scelta, ritrasmettendo il testo alle Camere che dovranno a questo punto inviare il parere definitivo «entro quindici giorni dall’assegnazione». Anche in questo caso, decorso il termine si può procedere.

Tirano le somme, il tempo massimo per l’ottenimento dei pareri sullo schema di decreto è di 45 giorni. Aggiungendo a questo periodo i prevedibili “tempi morti” tra un passaggio e un altro si arriva facilmente a un paio di mesi. Ecco quindi che metà febbraio diventerebbe la data limite per arrivare a una bozza consolidata da portare al più presto in Consiglio dei ministri per la prima approvazione. In modo da avere i tempi tecnici – 60 giorni – per poter contare sull’approvazione definitiva del nuovo codice entro il 18 aprile.

Questo a voler rispettare rigorosamente i termini imposti dall’Europa. Senza incorrere nel rischio di un’infrazione che però, va detto, non scatterebbe certo un minuto dopo la scadenza per il recepimento delle direttive. Finora tra i grandi paesi europei ci hanno preceduto Inghilterra e Francia. Anche la Provincia di Bolzano ha anticipato il Governo centrale, varando il testo di recepimento delle direttive alla fine del 2015.