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Riforma appalti: all’Anac tutti i poteri regolatori

Si svuota la cabina di regia a Palazzo Chigi (che farà solo programmazione di investimenti) per lasciare tutti i poteri di indirizzo normativo e regolazione all’Anac di Raffaele Cantone; si prevede una fase transitoria che, per evitare di bloccare i bandi e le opere in corso, comporti una «abrogazione progressiva» del vecchio regolamento via via che arriveranno le linee-guida dell’Anac; si limita la possibilità di adottare il criterio del massimo ribasso in gara solo per piccoli contratti di manutenzione; si prevede «una soglia del sottosoglia Ue» (1 milione di euro per i lavori, 150mila euro per forniture e servizi) sotto la quale sarà possibile affidare appalti mediante procedure negoziate «previa consultazione di dieci operatori economici, nel rispetto di un ciriterio di rotazione degli inviti, individati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici». In queste gare semplificate la stazione appaltante potrà inserire anche l’esclusione automatica delle offerte anomale.

Sono alcune delle novità del testo di decreto legislativo che recepirà le direttive Ue e riformerà il codice degli appalti, modificando radicalmente anche i sistemi di qualificazione: ci saranno «idonee misure di premialità connesse ai criteri reputazionali» per le imprese appaltatrici di lavori, un potere sanzionatorio rafforzato dell’Anac verso le Soa (società organismo di attestazione) e un ventaglio assai ampio di sanzioni pecunarie e amministrative per colpirne le distorsioni, il «coordinamento con la normativa vigente in materia di rating di legalità», la novità assoluta della istituzione di «un sistema reputazionale delle stazioni appaltanti teso a valutarne l’effettiva capacità tecnico-organizzativa sulla base di di parametri oggettivi e criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione delle stesse».

Mercoledì pomeriggio (il 17 febbraio) la «commissione Manzione» terrà un’ultima riunione, in plenaria, per bollare lo schema di decreto attuativo della delega della legge 11/2016 e trasferirlo poi nelle mani di Matteo Renzi che ha fretta di portarlo al Consiglio dei ministri subito, forse già domani o al più tardi la prossima settimana.
Ancora ieri sera il testo mancava di alcune parti fondamentali (gli articoli sui poteri dell’Anac) e altre venivano ancora riscritte e limate alla velocità della luce, ma per oggi la stesura definitiva sarà pronta. Sfida nella sfida – una sfida titanica quella in capo al direttore dell’ufficio legislativo di Palazzo Chigi, Antonella Manzione, di riscrivere in due mesi l’intera disciplina degliappalti pubblici – la riduzione del numero degli articoli che è sceso dai 249 su cui ha lavorato la commissione in questi ultimi 45 giorni a 214, in ossequio al principio della semplificazione e dell’alleggerimento normativo che anima il governo (e in particolare il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio).

Per nessuna ragione al mondo Renzi vuole sforare la data del 18 aprile – scadenza per l’esercizio della delega e soprattutto per il receprimento delle direttive Ue – per l’approvazione definitiva del provvedimento. Tra il primo sì e quello definitivo del Cdm c’è un percorso a ostacoli, con i pareri del Consiglio di Stato, della Conferenza Stato-Regioni e ben due pareri delle commissioni parlamentari. Il percorso sarà “in simultanea” e non “in sequenza” e dovrebbe richiedere almeno 45 giorni, ma il premier vuole affrontarlo per tempo.
Sulla riforma degli appalti Renzi si gioca due partite decisive: una interna, per avviare un nuovo sistema di investimenti pubblici a blindatura anticorruzione che giri intorno alla vigilanza e alla regolazione di Raffaele Cantone; l’altra in Europa, dove Renzi spiegherà che questa è un’altra fondamentale riforma economica che agisce su uno dei punti più critici in questo momento: il rilancio degli investimenti. Un crocevia di tensioni che toccano il rilancio del Pil italiano, l’accettazione da parte della Ue della “clausola” di flessibilità per gli investimenti da 5 miliardi, le riforme economiche in senso lato. Normale quindi che il premier voglia fare in fretta per ribaltare il rischio di una procedura di infrazione per il mancato recepimento in una carta a sua favore da giocare con Bruxelles. Il rilancio degli investimenti, in un regime di legalità e di risultati effettivi (fare le opere in tempi e costi certi e non solo avviare incompiute), è anche la carta con cui si può spingere l’economia italiana a riprendere la corsa. Illimite posto alle varianti in corso d’opera, le procedure telematiche e il nuovo Osservatorio appalti potenziato presso l’Anac lo aiuteranno in questo percorso.

LA SCHEDA

GARE SOTTOSOGLIA

Il decreto individua una soglia di 1 milione di euro per i lavori e di 150mila euro per forniture e servizi sotto la quale si potranno affidare gli appalti con procedure negoziate (quindi semplificate rispetto alle gare ordinarie) «previa consultazione di dieci operatori economici, nel rispetto di un criterior di rotazione degli inviti». La stazione appaltante potrà anche inserire l’esclusione automatica.

CABINA DI REGIA

Ridimensionata la cabina di regìa che avrebbe dovuto insediarsi a Palazzo Chigi con ampi poteri di regolazione nel settore degli appalti (clamorosamente sovrapposti rispetto a quelli che la legge delega 11 affida all’Anac). Il disegno presente nelle prime bozze del decreto salta e a Palazzo Chigi resta una programmazione di tipo economico degli investimenti. Nessuna sovrapposizione con Anac cui restano i poteri di indirizzo normativo e regolazione.

REGOLAMENTO

La legge delega 11 cancella il regolamento generale, una delle “rivoluzioni” per il settore. Al suo posto le linee guida, atti di indirizzo, bandi-tipo e contratti-tipo approvati dall’Anac. Per evitare di bloccare il settore, nel periodo transitorio il vecchio regolamento verrà abrogato gradualmente, via via che saranno approvate le linee guida dell’Autorità nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone.

NUMERO DI ARTICOLI

Nel testo messo a punto fino a ieri sera in seno alla «commissione Manzione» il numero degli articoli èstato ridotto a 219 (cui vanno aggiunti una decina sui poteri Anac) rispetto ai 249 articoli previsti da una «griglia» distribuita il 4 gennaio su cui la commissione aveva lavorato in questi 45 giorni. Sullo sfondo l’obiettivo del governo di tagliare drasticamente il numero di articoli del vecchio codice che, con il regolamento, arrivava oltre i 600.