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Richard Meier racconta il suo primo ponte in una recente intervista

Richard Meier, l’uomo che nel 1949 è stato il più giovane architetto a vincere il premio Prizker (il Nobel per un architetto), ha progettato il Ponte sul Tamaro ad Alessandria e la sua opera verrà inaugurata a primavera.

Riportiamo una sua recente intervista su La Stampa in cui illustra quello che quest’opera rappresenta per lui e per gli alessandrini.

Architetto Meier, Alessandria è una città di provincia: perché qui questo ponte così imponente? Si è ispirato in parte anche alla sua architettura storica? «Alessandria aveva bisogno di un ponte veicolare e pedonale che collegasse le due rive del Tanaro. Il ponte risponde alle esigenze del sito, cioè alla necessità di sospendere la struttura sopra il fiume e collegare le due sponde che distano circa 180 metri. Inoltre il ponte deve la sua scala e le sue dimensioni anche al contesto in cui è inserito e agli elementi che lo circondano, cioè la Cittadella e il centro urbano, assicurando un importante collegamento per la città».

Renzo Piano pensa che la sfida del futuro siano le periferie. E lei cosa pensa, su questo e sul futuro del vostro lavoro? «Sono convinto che oggi l’architettura offra grandi opportunità: la comunicazione ha raggiunto livelli e velocità incredibili e questo sta portando ovunque a una maggiore consapevolezza e attenzione al ruolo degli architetti. C’è una ricerca di ciò che è più appropriato e significativo per un determinato luogo e di come esprimere idee architettoniche nella maniera più diretta possibile. C’è un potenziale straordinario di innovazione e creatività, così come un ritorno alla ricerca della semplicità. Assistiamo a questa tendenza non solo in America e in Italia, ma ovunque nel mondo, e non vedo l’ora di completare i nostri primi progetti in otto nuove nazioni tra cui Regno Unito, Taiwan, Israele, Messico e Brasile».

Ad Alessandria ha lavorato con la pubblica amministrazione. L’ha spaventata la burocrazia? È complicato lavorare in Italia? «Esiste il ritmo di New York, quello di Taiwan e quello italiano. Ogni Paese è diverso. Alcune procedure possono essere estremamente lente, ma io sono sempre stato riconoscente per l’opportunità di sviluppare e realizzare progetti in Italia. Ci sono grandi maestranze in Italia e anche un genuino apprezzamento per l’architettura. Da Alessandria a Roma, da Bergamo al Lido di Jesolo, ho sempre trovato clienti e collaboratori con visione e talento».

Una città come Alessandria – non turistica – può modificare il suo assetto grazie a un’opera architettonica? «In molti casi, una costruzione di successo è quella che riesce a trasformare una semplice commessa in un’opportunità per migliorare il contesto in cui si trova. Il nostro intento con il ponte ad Alessandria è stato quello di valorizzare la città progettando un nuovo spazio pubblico, permettendo ai cittadini di riappropriarsi del lungofiume. E, sicuramente, il ponte rinnoverà l’immagine di Alessandria, rinforzando il suo tessuto storico e guidandola verso il futuro».

Cosa prova Richard Meier nel vedere il suo primo ponte, realizzato? «Vedere la struttura quasi finita è meraviglioso e mi rallegro nel pensare che presto gli alessandrini saranno in grado di appropriarsene, di farlo diventare il “loro ponte”».

Ville, fabbriche, musei, chiese, grattacieli. Ora un ponte. La prossima sfida? «Mi piace sempre rispondere che la mia prossima sfida sarà la mia prossima commessa. Spero che si tratti di un nuovo museo in Italia».

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