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Nuovo Codice appalti. Il testo approvato e la guida alla lettura

Codice appalti al primo via libera. Dopo i molti rinvii delle ultime settimane, giovedì scorso il Consiglio dei ministri ha finalmente approvato il decreto legislativo che attua le legge delega n. 11/2016: in parole povere, il recepimento delle nuove direttive europee in materia di contratti pubblici è arrivato finalmente alle battute conclusive. Anche se va sottolineato che manca ancora il passaggio dei pareri parlamentari, prima dell’approvazione finale. E, stando alle avvisaglie, non sarà semplice. La novità più rilevante dell’ultimo minuto è stata la conferma della soglia dei 150mila euro per le qualifiche Soa, mentre al di sotto la qualificazione delle imprese passerà dalle stazioni appaltanti, gara per gara: significa, in altre parole, che le Soa restano in vita, andando incontro alle richieste del mercato, Ance in testa. Resta, invece, confermato l’assetto del rating di reputazione che aumenta considerevolmente il peso del curriculum dell’impresa nell’appalto: sarà regolato dall’Anac. Una norma che fa il paio con i nuovi requisiti di ordine generale, che danno un ruolo molto maggiore alle stazioni appaltanti in sede di accesso alle gare: potranno valutare fattori come le violazioni della concorrenza, la presenza di conflitti di interesse o precedenti contenziosi. Di seguito, capitolo per capitolo, tutte le principali novità del testo.

Linee guida L’innovazione del Codice proseguirà anche a valle del decreto di recepimento delle direttive europee. L’Anac avrà, infatti, il compito di sottoporre al ministero delle Infrastrutture le sue «linee guida di carattere generale», da approvare con decreto dello stesso Mit: dovranno sostituire il vecchio regolamento. Una commissione sta già lavorando sul tema. L’idea è passare da un pacchetto di norme rigide a un sistema di “soft law”, proposto dal presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone. Le linee guida di carattere generale fisseranno il quadro, all’interno del quale, in una fase successiva, si inseriranno altri interventi più di dettaglio, come le linee guida dedicate ai singoli settori (ad esempio per i servizi di progettazione), i bandi e i contratti tipo. In questo modo, il mercato potrà contare su una guida fluida e costantemente aggiornata. Il testo sarà pubblicato entro il 18 aprile, insieme al Codice.

Certificazione Pa Il sistema di qualificazine delle pubbliche amministrazioni è una delle novità più importanti del nuovo testo. Sarà modellato su quello degli operatori economici. Anche le stazioni appaltanti, come le imprese, dovranno infatti dimostrare di rispettare requisiti prefissati dall’Anac. Il meccanismo di qualificazione sarà, allora, organizzato sulla base della complessità dei contratti e per fasce di importi. L’Anticorruzione valuterà quattro requisiti di base: strutture organizzative, presenza nella struttura di dipendenti con competenze specifiche, sistema di formazione ed aggiornamento del personale, numero di gare svolte nel triennio. Oltre a questi, ci saranno alcuni requisiti premianti: attuazione di misure di prevenzione dei rischi di corruzione, sistemi di gestione della qualità, disponibilità di tecnologie telematiche, livello di soccombenza nel contenzioso, applicazione di criteri di sostenibilità ambientale.

Qualificazione imprese La qualificazione delle società di attestazione resta in vita. Alla fine il Governo ha deciso di non smontare il sistema delle Soa per come è strutturato adesso. Bisogna ricordare, infatti, che nelle prime bozze del provvedimento Palazzo Chigi aveva ipotizzato di portare fino a un milione di euro il tetto al di sotto del quale la qualificazione viene fatta direttamente dalle stazioni appaltanti, gara per gara. Alla fine, dopo le proteste degli operatori (Ance in testa) ha prevalso un orientamento decisamente diverso. Le imprese, per i lavori pubblici sopra la soglia dei 150mila euro, dovranno passare dalle attestazioni Soa, come avviene ora. Sopra i 20 milioni di euro, ad esempio, le stazioni appaltanti potranno chiedere una qualificazione rafforzata, integrando i requisiti base con elementi aggiuntivi a loro discrezione. Entro un anno un decreto del Mit, sentita l’Anac, potrà individuare nuove modalità di qualificazione.

Rating reputazionale Arriva il rating reputazionale targato Anac. Il Codice per la prima volta introduce un sistema in grado di valutare la storia dell’impresa, al di là della qualificazione. Sarà modellato sul rating di legalità, che oggi viene utilizzato dall’Antitrust nell’ambito dei finanziamenti privati e pubblici. Il decreto di attuazione della legge delega, però, non definisce nel dettaglio il funzionamento dal nuovo sistema. Sarà l’Anac a fissare, in una seconda fase, i principi di questo sistema di valutazione, che andrà a integrare la normale qualificazione. Racconterà, di fatto, il curriculum e la storia di ogni impresa, i suoi precedenti lavori, gli eventuali ritardi, i contenziosi, il rispetto dei costi, le irregolarità nei pagamenti dei contributi previdenziali. Resta aperto un punto: non è chiaro se il rating funzionerà in sede di valutazione delle offerte oppure se avrà solo la funzione di criterio ulteriore per la qualificazione delle imprese.

Bim Il testo è molto morbido sul Bim, la piattaforma che consente, tramite software, di condividere e anticipare gli effetti del progetto in cantiere: non sarà obbligatorio da subito. Bisogna ricordare, infatti, che nelle prime bozze del testo era stato stabilito l’obbligo di utilizzare il Bim per tutti già sei mesi dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice appalti. A quell’ipotesi, però, erano immediatamente seguite le proteste degli operatori del settore, preoccupati della sostanziale impreparazione di molte amministrazioni. Il modello che è stato scelto nel testo finale, allora, è decisamente più morbido. All’inizio le stazioni appaltanti dotate di personale adeguatamente formato potranno richiedere il Bim. Poi, un decreto del Mit potrà individuare i tempi di una «progressiva introduzione dell’obbligatorietà del metodo, valutata in relazione alla tipologia delle opere da affidare e tenuto conto dei relativi importi».

Aggregazioni tra stazioni appaltanti Vincoli strettissimi per le stazioni appaltanti, a partire dai Comuni. È certamente uno dei passaggi più innovativi del nuovo testo: le amministrazioni non potranno più, come avviene adesso, fare gare per qualsiasi importo. Il Codice, invece, fisse due soglie molto basse: 40mila euro per servizi e forniture e 150mila euro per i lavori. Sotto questo tetto ci si muove liberamente. Al di sopra, invece, scatta una tagliola: solo le amministrazioni in possesso della qualificazione dell’Anac potranno fare le gare. Tutte le altre Pa dovranno rivolgersi per forza a una centrale di committenza. Ma non solo. Entro una seconda soglia (fino a un milione di euro per i lavori) bisognerà passare comunque da strumenti telematici di negoziazione delle transazioni, simili a quelli già utilizzato da Consip. Per i Comuni non capoluogo, invece, c’è un altro vincolo: dovranno usare la centrale oppure consorziarsi tra di loro per fare le gare.

I poteri dell’Anac L’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone diventa il perno del mercato degli appalti pubblici. Il nuovo Codice, come da previsioni, le attribuisce moltissimi nuovi poteri e le conferma quelli vecchi. In generale, l’Anac dovrà vestire i panni di organo di regolazione del mercato, preparando linee guida generali e di settore, oltre che determinazioni, bandi e contratti tipo o semplici atti di indirizzo: un ampio armamentario di strumenti che diventerà la mappa di stazioni appaltanti e operatori economici. Oltre a questo, arrivano molti altri poteri strategici, come la verifica delle varianti, per controllare possibili distorsioni e abusi. Tra le novità spicca la gestione di tutte le banche dati pubbliche del settore, con l’esclusione dell’Avcpass, che passa al ministero delle Infrastrutture. Resta aperto unicamente il nodo delle risorse, anche se sono allo studio interventi per permettere all’Authority di aumentare la sua capacità di spesa.

Fase transitoria La questione della fase transitoria nasce dalla scelta di operare un’abrogazione secca del vecchio Codice e del vecchio regolamento, già a partire dal prossimo 18 aprile, senza periodi di adattamento. Un taglio drastico che potrebbe generare buchi, vuoti normativi e, quindi, problemi notevoli per gli operatori. Norme alla mano, sono molte le situazioni di possibile pericolo. Come nel caso della fase esecutiva dei contratti, delle commissioni giudicatrici, delle attestazioni Soa e della pubblicità dei bandi. Su quest’ultimo fronte, il Codice attiva un nuovo portale dell’Anac, che dovrà ospitare tutta la pubblicità degli avvisi. Andrà regolato, entro sei mesi, da un decreto del ministero delle Infrastrutture e avrà bisogno di un periodo di rodaggio. Nell’attesa, però, c’è il rischio concreto che il settore si trovi scoperto e che ogni stazione appaltante decida in maniera autonoma come muoversi. A scapito della trasparenza nel settore.

Due per cento Cambia la ragione sociale del due per cento. L’incentivo storicamente dedicato ai dipendenti della pubblica amministrazione non sarà più destinato alle attività di progettazione, come avviene ora, accogliendo una richiesta storica dei progettisti privati. </p><p>Il due per cento degli importi posti a base di gara sarà, invece, usato solo per compensare le attività di programmazione della spesa per investimenti, di predisposizione e di controllo delle procedure di bando e di esecuzione dei contratti pubblici, di responsabile unico del procedimento, di direzione dei lavori e di collaudo tecnico amministrativo, di verifica. Insomma, l’amministrazione si occuperà della fase di programmazione delle opere, del controllo, delle verifiche e dei collaudi, svolgendo quindi soprattutto un ruolo di coordinamento e di superivisione. La progettazione, invece, andrà appaltata all’esterno, per garantire una maggiore qualità.

Avvalimento L’istituto viene a grandi linee riprodotto rispetto alla versione del Codice attualmente in vigore. L’operatore economico, singolo o in raggruppamento, può allora soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale, necessari per partecipare ad una procedura di gara, «facendo affidamento sulle capacità di altri soggetti, anche di partecipanti al raggruppamento, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi». C’è, però, una novità. La stazione appaltante verifica se i soggetti sulla cui capacità l’operatore economico intende fare affidamento soddisfano «i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione». Nel caso in cui ci siano ostacoli, l’impresa non viene esclusa dalla gara, ma può «sostituire i soggetti che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi di esclusione».

Requisiti generali Le stazioni appaltanti, come avviene adesso, escludono in ogni momento dalla partecipazione ad appalti o subappalti i soggetti condannati in via definitiva per alcuni reati: partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, reati terroristici, riciclaggio, lavoro minorile. Altro punto nel mirino saranno le violazioni gravi, definitivamente accertate, in materia fiscale o di contributi previdenziali. Le pubbliche amministrazioni, però, incassano diverse prerogative nuove. La stazione appaltante, infatti, potrà dimostrare che l’impresa si è resa colpevole di gravi illeciti professionali o di significative carenze in un precedente contratto, che ha concluso accordi e ha posto in essere pratiche per falsare la concorrenza, che ha tentato di influenzare un’aggiudicazione, che si trova in una situazione di conflitto di interessi. Seguendo un modello anglosassone, allora, la Pa potrà scandagliare la condotta dell’impresa.

Subappalto, niente limiti Nessun limite per il subappalto. La cancellazione del tetto del 30%, attualmente previsto, è una delle novità più criticate del Codice. Dopo le proteste delle imprese specialistiche e dei sindacati, allora, lo stesso relatore della legge delega al Senato, Stefano Esposito, ha già annunciato che, in sede di parere parlamentare, chiederà modifiche sul punto. Nel testo finale del Codice, però, è stata inserita all’ultimo momento una speciale salvaguardia per le opere superspecialistiche, ad alto contenuto tecnologico: solo per loro non sarà possibile superare un tetto massimo di subappalto pari al 30% dell’importo complessivo. Per gli appalti sopra la soglia comunitaria, poi, è obbligatoria l’indicazione in sede di offerta di una terna di subappaltatori, ma solo se i bandi o gli avvisi di gara lo prevedono in maniera espressa. Il contraente principale resta comunque responsabile in via esclusiva nei confronti della stazione appaltante.

Massimo ribasso solo sotto il milione Salta il principio in base al quale le stazioni appaltanti possono scegliere qualsiasi criterio di aggiudicazione per affidare le loro gare. Di regola, infatti, bisognerà utilizzare l’offerta economicamente più vantaggiosa, basata sul miglior rapporto tra qualità e prezzo. Al criterio del prezzo più basso restano soltanto: i lavori sotto il milione di euro, i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzare e quelli di scarso importo caratterizzati da elevata ripetitività. I servizi di ingegneria e architettura sopra i 40mila euro dovranno, invece, passare sempre dall’offerta economicamente più vantaggiosa. Una novità importante, in questo quadro, arriva per i commissari di gara: dovranno iscriversi a un apposito elenco, che sarà tenuto dall’Anac, e saranno estratti tramite sorteggio. L’Anticorruzione vigilerà sulla loro condotta e sul mantenimento dei loro requisiti per l’iscrizione negli elenchi.

Cabina di regia Nel testo in dirittura d’arrivo viene confermata una delle novità più rilevanti delle scorse settimane, anche se in versione soft. È, così, prevista la costituzione di una cabina di regia presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Avrà il compito di effettuare una ricognizione sullo stato di attuazione del decreto in fase di applicazione, di esaminare proposte di modifiche normative, di promuovere la realizzazione di un piano nazionale di procedure telematiche di acquisto. In più potrà promuovere accordi, protocolli di intesa, convenzioni, anche con associazioni private per agevolare la bancabilità delle opere pubbliche. Per evitare sovrapposizioni con l’Anac, è stato previsto che eventuali specifiche violazioni o problemi sistemici siano segnalati all’Anticorruzione che, così, manterrà saldamente tra le mani il pallino della regolazione. Sarà un decreto di Palazzo Chigi a stabilire la composizione e le modalità di funzionamento della cabina di regia.

Débat public Il dibattito pubblico alla francese entra nel nostro sistema e diventa obbligatorio per le grandi opere infrastrutturali aventi impatto rilevante sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio, «individuate per tipologia e soglie dimensionali con decreto del MIT, su proposta del Consiglio superiore dei lavori pubblici». L’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore proponente l’opera soggetta a dibattito pubblico convoca una conferenza cui sono invitati gli enti e le amministrazioni interessati, e altri portatori di interessi (ivi compresi comitati di cittadini), che abbiano già segnalato agli enti locali territoriali il loro interesse. Nella conferenza si definiscono le modalità del dibattito pubblico che, in ogni caso, deve concludersi entro quattro mesi dalla predetta convocazione. Il parere al quale si giunge non è vincolante, ma dovrà essere valutato dall’amministrazione in fase di definizione del progetto definitivo.

Documento unico All’uso del documento di gara unico europeo per la partecipazione alle gare viene dedicato un articolo specifico. Si tratta di «un’autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi in cui si conferma che l’operatore economico soddisfa» le condizioni necessarie per partecipare alle gare. Al momento della presentazione delle domande di partecipazione alle gare, le stazioni appaltanti dovranno accettare il documento unico, per facilitare la vita alle imprese. Entro il 18 aprile del 2018 il documento dovrà essere fornito in via esclusivamente elettronica e consisterà «in un’autodichiarazione aggiornata come prova documentale». La stazione appaltante potrà comunque chiedere a offerenti e candidati, in qualsiasi momento nel corso della procedura, di presentare tutti i documenti complementari o parte di essi.

Soccorso istruttorio Il soccorso istruttorio, nonostante le richieste delle imprese, resta oneroso anche nel nuovo Codice. La mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo, «con esclusione di quelle afferenti all’offerta tecnica ed economica», obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 5mila euro. Quindi, sarà necessario continuare a pagare per sanare le irregolarità formali in fase di accesso alla gara. La stazione appaltante, per parte sua, assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni complessivi, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere.

Procedura negoziata sotto il milione Le procedure ordinarie, con il nuovo Codice appalti, scattano solo al di sopra della soglia di un milione di euro. Per i lavori di importo pari o superiore a 150mila euro e inferiore a un milione di euro si dovrà utilizzare la procedura negoziata, «previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici». Al di sotto della soglia da 40mila euro, invece, si procede tramite affidamenti diretti, seppure adeguatamente motivati. Fino a 150mila euro per i lavori si procede tramite procedura negoziata « previa consultazione, ove esistenti, di almeno tre operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti». In casi eccezionali, sarà possibile procedere anche attraverso l’amministrazione diretta.

Gare su progetto esecutivo Norme più stringenti per gli affidamenti delle opere. Le nuove regole, infatti, stabiliscono che il progetto esecutivo, redatto in conformità al progetto definitivo, «determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare e il relativo costo previsto e deve essere sviluppato ad un livello di definizione tale che ogni elemento sia identificato in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo». Ove non diversamente previsto dal Codice, gli appalti relativi ai lavori sono affidati ponendo a base di gara il progetto esecutivo, il cui contenuto garantisce la rispondenza dell’opera ai requisiti di qualità predeterminati e, nel contempo, dà certezza al rispetto dei tempi e dei costi previsti. Quindi, viene completamente cancellato il preliminare, sostituito dal progetto di fattibilità nel nuovo Codice, e viene stabilito che le gare si facciano di regola sull’esecutivo, mandando in pensione l’appalto integrato, secondo le indicazioni della delega.

Progettazione Il capitolo sulla progettazione è oggetto di dure critiche da parte degli addetti ai lavori. Manca, infatti, una sezione specifica dedicati ai servizi di architettura e di ingegneria, che vengono regolati insieme agli altri servizi, stabilendo volta per volta specifiche eccezioni. Altro punto critico è la mancanza di novità particolari sul fronte dei concorsi di progettazione, che restano molto vicini alla disciplina attuale. Da registrare, però, una novità importante: la nascita del progetto di fattibilità, che diventa il primo livello di progettazione. Servirà a individuare, tra più soluzioni, “quella che presenta il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività, in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e prestazioni da fornire”. Restano confermati, a valle del progetto di fattibilità, i tre livelli di progettazione, che includono anche il definitivo e l’esecutivo.

Divisione in lotti Più tutele per i piccoli operatori nell’ambito della suddivisione dell’appalto in lotti. Il nuovo Codice, infatti, per favorire l’accesso delle micro, piccole e medie imprese, obbliga le stazioni appaltanti, ove possibile ed economicamente e tecnicamente conveniente, a suddividere gli appalti in lotti funzionali. Le stazioni appaltanti dovranno spiegare le eccezioni, motivando esplicitamente la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle micro, piccole e medie imprese. Quindi, gli importi dovranno essere strutturati in modo tale da tutelare realmente i piccoli operatori. E’ fatto divieto alle stazioni appaltanti di dribblare queste previsioni, aggiudicando tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti.

RUP (Responsabile unico del procedimento) Non dovrà migliorare solo la qualificazione delle stazioni appaltanti, ma anche quella dei responsabili unici del procedimento. Il nuovo Codice, infatti, pone l’accento in maniera molto forte sulle competenze del Rup. Il Rup, infatti, “deve essere un dipendente di ruolo e possedere un titolo di laurea e competenza adeguati in relazione ai compiti per cui è nominato”. Per i lavori e i servizi attinenti all’ingegneria e all’architettura, inoltre, viene stabilita una tutela ulteriore e si dice che il responsabile unico “deve essere un tecnico”. Per le amministrazioni aggiudicatrici deve essere un dipendente in servizio. Sono previste anche richieste di aiuto all’esterno. Nel caso di appalti di particolare complessità, in relazione all’opera da realizzare, il Rup potrà proporre alla stazione appaltante di conferire appositi incarichi (a supporto dell’intera procedura o di parte di essa) a soggetti terzi.

Conflitto di interessi E’ uno dei nuovi istituti del Codice. Tramite il suo inserimento nel testo si punta, nello specifico, a limitare tutte quelle situazioni di commistione torbida tra gli uffici gare delle stazioni appaltanti e le imprese. Si ha conflitto d’interessi, nello specifico, quando “il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione”. In questo caso la stazione appaltante potrà giocare d’anticipo, evitando problemi successivi, ed escludere da subito l’impresa dalla procedura di gara.

Legge obiettivo addio Il nuovo Codice appalti cancella la “legge obiettivo” introdotta dal governo Berlusconi II nel 2002. Il che significa due cose. Primo: cessa di esistere il Programma delle opere strategiche che conta oggi mille lotti per un valore di 285 miliardi di euro. A guidare sarà il Piano generale dei trasporti e della logistica (Pgtl), con le linee strategiche per la mobilità di persone e merci, da approvare ogni tre anni su proposta Mit e delibera Cipe. Poi, entro aprile 2017, il Dpp – stesso iter – conterrà l’elenco delle opere meritevoli di finanziamento. Non c’è più la lista delle opere di serie A, ma un’unica programmazione nazionale. Secondo: niente più procedure speciali con delibere Cipe. Tutte le opere vanno in Conferenza di servizi, con le regole del Dlgs Madia: tempi certi e possibilità di scavalcare i veti della Via e degli enti di tutela con delibera del Consiglio dei ministri.

Concessioni A guidare la parte del nuovo Codice dedicata a concessioni e Ppp è la direttiva europea 2014/23. Debutta allora l’obbligo di trasferire ai privati il “rischio operativo”, un concetto più forte rispetto a oggi (rischio potenziale fino all’investimento totale, senza garanzie pubbliche). Il financial closing, fra l’altro, deve arrivare entro un anno dalla firma del contratto, pena la sua risoluzione «di diritto». Tuttavia, sempre in base alla direttiva, si ampliano i casi nei quali può essere variato il contratto “in corso d’opera”: per tutte le situazioni previste già nel bando di gara, per lavori o servizi aggiuntivi non sottoponibili a gara, per circostanze imprevedibili. Qui il Codice mette un paletto in più: tutte le modifiche insieme non possono superare il 50% del valore della concessione. Debutta poi il Ppp, sempre con rischio operativo al privato, un insieme di contratti (disponibilità, leasing, finanza di progetto) dove il privato costruisce e gestisce opere ripagate da un canone pubblico.

Gare a terzi nelle concessioni Confermata la norma della delega che obbliga i concessionari in essere, non affidatari con procedura ad evidenza pubblica o «con la formula della finanza di progetto», a mettere in gara con procedura ad evidenza pubblica almeno l’80% del valore dei lavori (servizi o forniture, a seconda della casistica), purché si tratti di contratti di lavoro, servizi e forniture di importo superiore a 150mila euro. Ma c’è una novità dell’ultimora importante: quest’obbligo di gara (80%) non scatta subito, ma tra due anni («le concessioni già in essere si adeguano entro 24 mesi dall’entrata in vigore del Codice»), e cioè dovrebbe essere il 18 aprile 2018. La verifica del rispetto del limite dell’80% «da parte dei soggetti preposti e dell’Anac» – si legge sul Codice – «viene effettuata secondo le modalità e con la cadenza indicate dall’Anac stessa in apposite linee guida».

Autostrade scadute Per quanto riguarda le autostrade, si stabilisce che le concessioni scadute (alla data di entrata in vigore del Codice) devono andare in gara entro sei mesi (sempre dall’entrata in vigore); ove la scadenza avverrà nei 24 mesi successivi a tale data, la gara deve essere avviata «nel più breve tempo possibile». Tuttavia già sappiamo che il Ministro Graziano Delrio, utilizzando le norme sull’in house, sta derogando a questi principi generali nel caso di AutoBrennero e Autovie Venete. Per le opere non completamente ammortizzate alla scadenza della concessione, «il concessionario uscente ha diritto a un indennizzo da parte del concessionario subentrante».Per le concessioni autostradali il rischio operativo da trasferire al privato deve comprendere anche il rischio traffico, una norma che appare limitativa perché anche all’estero esistono Pf autostradali con rischio traffico non trasferito al privato e invece canoni variabili in base a parametri di disponibilità.