Non sono bastate tre ondate di liquidità straordinaria per liberare la pubblica amministrazione dai propri debiti commerciali. La situazione, certo, è migliorata, ma Bankitalia stima ancora debiti “patologici” per circa 35 miliardi di euro, e tempi medi di pagamento che, nonostante un’accelerazione decisa rispetto al passato recente, rimangono ancora intorno ai 115 giorni invece dei 30/60 imposti dalle regole europee recepite da tre anni anche in Italia.
I numeri forniti ieri da Via Nazionale rigettano luce su un fenomeno che dopo una fase “acuta” è stato schiacciato dalla polemica politica, ma rimane sempre al centro dell’agenda per le imprese che hanno la sfortuna di lavorare con le amministrazioni più problematiche nei meccanismi dei pagamenti.
Bankitalia con le sue rilevazioni misura in 65 miliardi di euro il complesso dei debiti commerciali della Pubblica amministrazione ma, qui sta il punto, separa la quota fisiologica, rappresentata dalle fatture che sono in viaggio verso la liquidazione in tempi normali, e la parte patologica, costituita dai pagamenti in forte ritardo.
L’analisi della Banca centrale indica due elementi. Da un lato i quasi 50 miliardi anticipati da ministero dell’Economia e Cassa depositi e prestiti nel 2013-14 (e utilizzati al 70% secondo Bankitalia), hanno abbattuto gli arretrati e, con l’evoluzione delle regole di finanza pubblica, la situazione è migliorata anche sul piano strutturale. Il rovescio della medaglia, però, è rappresentato dal fatto che l’approdo di tutte le PA alla regola dei 30/60 giorni, con le ovvie ricadute positive che avrebbe sulla dinamica delle economie territoriali, rimane un traguardo lontano. Rispetto al 2012, quando l’effetto cumulato del Patto di stabilità che bloccava i pagamenti aveva portato verso quota 55 miliardi le fatture incagliate in modo patologico, il monte dei pagamenti che si bloccano si è ridotto di oltre il 35%. Rispetto al 2010, poi, sono stati tagliati di oltre il 40% i tempi di pagamento: ora il calendario medio parla di 115 giorni, ed è frutto di situazioni molto differenziate fra gli enti.
Quest’anno, poi, la situazione sembra destinata a un’evoluzione ulteriore grazie all’addio definitivo al Patto di stabilità, sostituito dal pareggio di bilancio che lascia maggiori margini alle autonomie locali, cuore del problema. Nel panorama europeo, però, la PA italiana mantiene la palma del peggiore pagatore, con un ritardo che rischia di attenuare anche gli effetti sull’economia reale prodotti dalle misure di rilancio degli investimenti locali.