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Metrò C Roma: cantieri chiusi, 500 operai in mobilità

Cantieri chiusi e 500 posti di lavoro a rischio per la linea C della metropolitana di Roma. Il Consorzio Metro C Spa, general contractor della maxi opera guidato da Astaldi e Vianini Lavori (con Ccc, Ansaldo Sts e Cmb), ha infatti ufficializzato la chiusura dei cantieri e avviato le procedure di mobilità per licenziare tutti i 110 i dipendenti attivi sul cantiere, a cui vanno ad aggiungersi circa 400 operai dell’indotto.

La denuncia viene dai sindacati romani dell’edilizia (Feneal Uil, Filca Cisl, Fillea Cgil), ma viene confermata con un comunicato anche da Metro C Spa: «L’apertura della procedura di mobilità da parte della società Metro C va considerata come un atto dovuto e consequenziale alla situazione di grande incertezza che accompagna il presente ed il futuro dell’opera».

La chiusura dei cantieri era stata d’altra parte annunciata dal general contractor dal 15 dicembre scorso, dopo un ultimo tentativo di trovare risposte da parte del Commissario di governo Francesco Paolo Tronca e dal ministero delle Infrastrutture sia sui mancati pagamenti per 285 milioni di euro sia sulla totale incertezza che avvolge la prosecuzione dell’opera per le tratta centrali, la Colosseo-Venezia e Venezia-Clodio (senza progetto e senza finanziamenti).

L’opera – rispetto alle previsioni iniziali di 3.047 milioni di euro di costo complessivo al momento della gara del 2005 – ha un costo di 2.970 milioni di euro per le tratte finanziate (Pantano-Alessandrino-Centocelle-Lodi, in funzione, e Lodi-San Giovanni-Fori Imperiali/Colosseo, in costruzione ma con cantieri bloccati), e una stima (del tutto ipotetica) di almeno altri 1,5 miliardi di euro per le tratte da finanziare Colosseo-Venezia-Clodio (in tutto, dunque, sarebbero 4,5 miliardi di euro).

Il Consorzio non perde però le speranze: «Mercoledì prossimo – spiegano – è previsto un incontro in Campidoglio dove, alla presenza del sub-commissario Pasqualino Castaldi, avverrà un confronto sulle criticità evidenziate nel tavolo del 14 dicembre scorso che hanno impedito nell’ultimo anno il rispetto del contratto da parte della Pubblica Amministrazione e che hanno portato la società Metro C alla inevitabile decisione di sospendere i lavori.
Ci attendiamo di ottenere delle risposte certe che ripristinino le dovute condizioni contrattuali per consentire la ripresa dei lavori».

Un «appello accorato al prefetto Gabrielli» arriva anche dai sindacati territoriali dell’edilizia Feneal Uil, Filca Cisl, Fillea Cgil, «per la convocazione immediata di un tavolo, presso la Prefettura di Roma, con tutti i soggetti interessati per far ripartire l’opera e garantire lavoro». L’appello è stato lanciato nella tarda mattinata dell’8 febbraio, a conclusione della conferenza stampa di denuncia sul blocco dei lavori per la realizzazione della Metro C e sul fallimento della mobilità capitolina.

La Metro C – secondo i sindacati – si fermerà forse a San Giovanni (stazione non ancora completata), e non vi sarà alcun prolungamento fino ai Fori Imperiali (tratta T3). «Un’opera monca – scrivono nel comunicato-denuncia – dunque inservibile. Dopo 9 anni di lavori, un esborso scandaloso di denaro pubblico ed enormi disagi, il tracciato oggi consegnato alla Città non è ancora collegato alle altre due linee metropolitane, A e B, snodi importanti per garantire la mobilità cittadina».

«La più grande opera d’Italia – denunciano i sindacati – una delle più importanti a livello europeo, chiude i battenti. Il CdA del Consorzio Metro C, nonostante il contratto in essere e un’opera da ultimare, a tutt’oggi finanziata fino ai Fori ai imperiali – ancora 545 milioni di euro da “lavorare” – ha deciso di abbandonare le lavorazioni e di licenziare tutto il personale. Il Consorzio rivendica mancati pagamenti dei SAL (stato avanzamento dei lavori) da parte di Roma Capitale, per un importo di 115 milioni di euro, in aggiunta ad altri 85 per opere effettuate e non liquidate».

«A pagare però, per l’ennesima volta – proseguono Feneal, Filca e Fillea – saranno coloro che finora hanno garantito l’esecuzione dell’opera, cioè i lavoratori, in nome della socializzazione delle perdite e della privatizzazione degli utili. Nessuno, infatti, intende assumersi la responsabilità del controllo, della programmazione e del pagamento dei SAL (stato avanzamento dei lavori)».

«Nel disastrato scenario politico-istituzionale in cui versa la città di Roma, Capitale d’Italia, ci appelliamo al Prefetto Gabrielli, a cui invieremo oggi stesso una lettera, perché convochi un tavolo con tutti i soggetti interessati» – dichiarano Remo Vernile e Stefano Costa della Feneal Uil di Roma, Raffaele Galisai e Simone Danna della Filca Cisl di Roma, Benedetto Truppa e Diego Piccoli della Fillea Cgil di Roma e Lazio.

«In un momento così delicato riteniamo il Prefetto Gabrielli l’unico referente in grado di garantire clausole di salvaguardia occupazionale per questi lavoratori, che andrebbero ad aggiungersi agli oltre 27mila posti di lavoro già bruciati in edilizia a Roma e provincia negli ultimi tre anni. È a rischio la tenuta sociale. Il completamento della tratta T3 (San Giovanni-Colosseo) rappresenta un asset indispensabile per la mobilità cittadina. Confidiamo in una rapida risposta da parte della Prefettura».

Sulla situazione si sono espressi anche i Radicali italiani, che da tempo denunciano ritardi e inadempienze sull’operazione Metro C. Nel mirino dei Radicali, oltre alle latitanze del governo e del Comune di Roma, ci sono però anche le imprese e le numerose varianti in corso d’opera approvate.

«Nessuno – scrive in una nota Riccardo Magi, segretario di Radicali Italiani – potrà più additarci come gufi ora che il fallimento della Metro C – che abbiamo denunciato alla magistratura prima ancora che l’ex sindaco Marino e Delrio tagliassero baldanzosi i nastri delle tratte periferiche – è ormai sotto gli occhi di tutti. La chiusura dei cantieri decreta infatti il naufragio, inevitabile, di un’opera su cui da tempo lavorano più avvocati che operai. Contrariamente a quanto le imprese vorrebbero far credere, l’interruzione dei lavori non è dovuta a una questione di soldi, ma alla condizione di illegalità diffusa in cui la linea C è sprofondata da subito, con abusi e varianti che ne hanno sfigurato il progetto facendo lievitare i costi».
«Per questo – prosegue Magi – a giugno del 2015 abbiamo diffidato il Governo dall’assumere ogni iniziativa amministrativa, economica, politica o anche solo mediatica in favore della prosecuzione dell’opera, chiedendo l’immediata rescissione in danno del contratto.

Ricordiamo infatti che su Metro C pendono inchieste della Procura della Repubblica, della Corte dei Conti e dell’Autorità Anticorruzione, scaturite dagli esposti che noi Radicali abbiamo presentato ad agosto del 2014 e a giugno del 2015, denunciando abusi di natura amministrativa, contabile e penale. Dietro quella che sembra essersi trasformata nella più grande mangiatoia d’Italia è probabile che si nasconda, infatti, un fenomeno di corruzione devastante».

«E’ grave – conclude il segretario dei Radicali – davanti a un epilogo così scontato, il silenzio dei partiti e degli esponenti politici che, avendo ruoli di governo o opposizione a livello sia cittadino che nazionale, negli anni scorsi non hanno voluto affrontare la vicenda in sede politico istituzionale come noi chiedevamo. Sottraendosi alle loro funzioni e responsabilità, hanno infatti lasciato come unica via percorribile quella giudiziaria. Veltroni, Alemanno, Marino: niente da dichiarare?».

Denunce di illegalità anche da parte dei sindacati: «In Metro C ci siamo trovati con lavoratori che lavoravano con contratti di subappalto fantasma, ci siamo trovati con lavoratori che denunciavano 40-50 ore in cassa edile ma che svolgevano 14-15 ore al giorno. E tutto senza che ci fosse il minimo controllo da parte di chi doveva controllare». Lo ha detto Benedetto Truppa, segretario di Fillea Cgil nel campo base della Metro C, dove questa mattina i lavoratori e i sindacati territoriali dell’edilizia Feneal Uil di Roma Filca Cisl di Roma, Fillea Cgil di Roma e del Lazio hanno incontrato la stampa, per denunciare il «fallimento della mobilità capitolina». Nel corso della realizzazione dell’opera, ha aggiunto, «ci siamo trovati con imprese che sono fallite e sono andate via ma i lavoratori spesso sono passati da una società all’altra perché sono loro che sono in grado e garantiscono l’esecuzione di questa opera. La professionalità di quest’opera è data dai lavoratori che la stanno eseguendo». «Pensare oggi di non avere un progetto esecutivo di come quest’opera finisce è una pura follia, è una follia aver speso quasi 4 miliardi di euro e probabilmente doverne stanziare almeno un altro paio per poter arrivare alla fine e questo progetto ad oggi non ha ancora una definizione né delle quote economiche né del progetto definitivo», ha sottolineato.